Screpolando la vernice della realtà e facendo evaporare dal quotidiano tutti i fumi della noia, Annarita Scivittaro propone da sempre ambienti paralleli, freschissime vie di fuga che portano a un mondo magico, popolato di diableries, di forme e figure dalle tinte spiritose e amabilmente horror, di donne che amano troppo, di freaks, di esseri neoantichi e postumani la cui diversità è radicata nelle mille meraviglie che offre l’ordinario.
Autore: Antonello Tolve
Mrđan Bajić, materia e (è) memoria
L'articolo offre una dettagliata analisi del lavoro dell'artista serbo Mrđan Bajić (Beograd, 1957)
Il Bulino o l’avventura di un editore
Testimonianza di un gusto versatile, di un desiderio che vuole lavorare con il presente e entrare nel vivo dell’ambiente creativo dove la partecipazione si prepara con il lievito del colloquio («ho sempre amato preparare le mostre a stretto contatto con gli artisti, il lato commerciale è stato soltanto una necessità», avvisa Sergio Pandolfini), la mostra Il Bulino o l’avventura di un editore offre uno spaccato dell’attività quarantennale di una stamperia che apre una galleria per creare importanti contaminazioni e dialoghi sempre più flessibili, elastici, fluidi tra il perimetro più strettamente editoriale e quello espositivo.
Sottobosco, Palatul Bánffy (Cluj-Napoca)
Come un nodo d’aria, un filo felice che collega diverse generazioni a un tessuto magmatico dove è possibile scorgere la leggerezza dell’incontro, la freschezza dell’ospitalità, il desiderio di disegnare un platonico pascolo felice, l’avventura culturale avviata a Cluj-Napoca con Sottobosco è un soffio di vento che porta buona salute da luoghi benefici.
Mrdjan Bajic, Facciamo finta di niente (Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Macerata)
Segnato da un atmosfera che trasforma esteticamente i documenti in monumenti, in totalizzatori di conoscenza capaci di contenere al loro interno ogni minima traccia lasciata dagli uomini, il lavoro di Mrdjan Bajić (Belgrado, 1957) si presenta come un contenitore che invita a riflettere e a riaccendere la coscienza collettiva, come un terreno che assorbe la memoria e la storia, ma con il desiderio di offrire non tanto moralismi, quanto piuttosto preziose albe di una verità che «di fatto è fragile ma irreversibile, ostinata, resistente agli urti» della falsità.