Lo scrittore non è solamente qualcuno che scrive dei libri, è anche un cittadino che può intervenire come chiunque altro nella vita pubblica. Io per questo mi do molto da fare, ritengo di dover andare verso le persone, parlare con loro. Il libro sul razzismo mi ha attribuito un ruolo pubblico, che ho poi volentieri continuato a mantenere.
Autore: Francesca Dainese
Francesca Dainese è dottoranda in cotutela presso l’Università di Verona e l’Université Sorbonne Nouvelle-Paris 3. Il suo lavoro di tesi è dedicato ad indagare il tema dell’identità nell’opera di Romain Gary, Georges Perec e Patrick Modiano. Ha partecipato a numerosi convegni nazionali e internazionali e ha pubblicato diversi articoli, dedicati alla letteratura francese e francofona contemporanea. Membro dell’équipe THALIM e dell’Association Georges Perec, ha trascorso gran parte del suo lavoro di ricerca in Francia. All’Università di Verona è co-organizzatrice di un seminario sulle scritture del dopo-Shoah, di cui sta curando anche una raccolta di saggi di prossima pubblicazione, dal titolo Contourner le vide: écriture et judéité(s) après la Shoah.
«La spada dell’ingegno» della Francofonia. Francesca Dainese intervista Dany Laferrière
Personalmente non faccio alcuna differenza tra "letteratura francese" e "letteratura francofona", non credo sia gran cosa identificare gli scrittori sulla base della loro nazionalità. Si è scrittori, semplicemente, come si è medici. Un medico può curare chiunque, non solamente chi è del suo paese. Per me la nozione di "letteratura francofona" non rende conto della realtà, perché tralascia una cosa estremamente importante: gli scrittori devono essere definiti per i libri che leggono e cui si ispirano.