La metafora dello scavo è appropriata al mio lavoro poetico. Si "scava" nella lingua (anzi nelle lingue, fra lombardo, italiano e inglese) per scavare nella mente individuale, in quella collettiva (cioè la storia) e nella natura. Si parte sempre dall'esperienza: il dialetto è una parte di come ho vissuto io il mondo e per restituirne il senso, a me stesso e agli altri, frugo anche lì dentro. Il gioco linguistico fine a se stesso, di avanguardistica memoria, mi interessa poco.
Autore: Eugenio Barzagli
Eugenio Barzagli intervista Nino De Vita
Quando, a trent’anni, mi sono messo a scrivere in dialetto, la tentazione della prosa si è di nuovo affacciata e per il semplice motivo che io dovevo questa volta propriamente narrare. E così ho scritto in prosa il primo racconto di Cutusìu intitolato Ottu giugnu millinuvicuntucinquanta, l’ho anche in questa forma pubblicato in una rivista “Lunarionuovo” che allora si pubblicava a Catania. Ma anche questa volta la cosa non è andata avanti, sono ritornato ai versi.
Eugenio Barzagli intervista Vincenzo Mastropirro
Scrivere è un’esigenza contingente all’emozione, non esiste una motivazione di soglia, ovvero un momento oltre il quale si decide di scrivere o non scrivere. Posso dire che quando lo si fa è solo perché è giunto il momento, una serie di convinzioni più o meno forti che portano il pensiero a diventare concreto, quindi ad essere pronto, insomma per essere “cotto e mangiato”.