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Tu sai che chi ama è egoista

L’hobby del sonetto è una raccolta di 112 componimenti che Pier Paolo Pasolini scrive per Ninetto Davoli, sul set delle riprese dei Racconti di Canterbury tra il 1971 e il 1973. L’opera non era stata pensato per la pubblicazione, avvenuta integralmente solamente nel 2003 nell’edizione di Tutte le poesie di Pasolini a cura di Walter Siti (Milano, Mondadori). Petruzzi ci mostra un percorso fatto di pensieri, ripensamenti, di emozioni violente e della più cupa rassegnazione, in un corso d’opera che è la raccolta intera: «lo stesso Siti nota come da questa redazione non risulti alcun segno che sancisca la conclusione della raccolta». Non una fine, quindi, ma sicuramente un inizio, quando Ninetto Davoli decide di volersi sposare con Patrizia.

«Ti scrive un uomo finito, che in questo momento non vorrebbe altro che non esserci più», è questa la disperazione di Pasolini nella lettera scritta a Patrizia, e mai inviata, satura del presagio cupo della sua fine: «Succederà che piuttosto che vivere insieme in un modo così infelice, piano piano ci lasceremo: egli sarà tutto tuo, e io sarò solo con la mia terribile infelicità senza speranza».

«L’idea che mi ha svegliato, miracolosa come la rugiada, // è quella di come e dove potrei uccidermi: / esattamente, mio Signore, a un albero del giardino, / qui davanti, dietro la serranda» la raccolta si apre così, dopo l’immagine di un sogno in cui «al paziente accade // di sognare di smettere di cavalcare in sella / a cavalli maschi, e saltare nella groppa sudata / di cavalle»: l’unica soluzione è morire, perché non si riesce a sopportare la verità della realtà, che viene presentata come un sogno, come un incubo dal quale ci si potrebbe svegliare.

Pasolini però non canta solo il suo dolore, la sua volontà di morte e la morte dell’amore borghese, ma canta anche la possibilità che esista qualcosa di veramente autentico all’infuori di esso. Il suo è il residuo di speranza di quello che è stato vissuto, e la rassegnazione, a volte violenta, per ciò che non potrà avere. Il sonetto 63 «volevo dire del loro amore […] un semplice patto, […] // Del mio restano invece solo le oscure / ragioni per cui è nato – / Non ebbe alcuna benedizione» è emblematico di quello che per Pasolini è il matrimonio, egli stesso in alcuni articoli scritti tra il 1973 e il 1975, vede la coppia eterosessuale come una imposizione della società del consumo (Amato 2013). L’ultimo verso mostra però la gelosia rispetto quella possibilità, a lui preclusa, di una benedizione, di un patto che è anche riconoscimento sociale della coppia. Le alternative sono due «o morire a se stessi entrando nell’ordine di un potere anonimo e onnicomprensivo, rinunciando alla verità della propria passione; o estinguersi nell’entropia di un regresso senza scampo, nella contemplazione di un’immagine amata e nel dolore per la sua perdita» (V. Brisolin, Barthes-Pasolini, il soggetto amante, o dell’autonomia soggettiva come fedeltà a una passione, in «Lo sguardo. Rivista di filosofia», 19, 2015).

Ninetto è l’amore nel senso proprio della parola perché sfugge alle convenzioni sociali, alle necessità della società del consumo, così nel sonetto 110: «C’era nel mondo – nessuno lo sapeva – / qualcosa che non aveva prezzo, / ed era unico: non c’era codice né Chiesa / che lo classificasse. Era nel mezzo / della vita e, per confrontarsi, non aveva / che se stesso. Non ebbe, per un pezzo, / nemmeno senso: poi riempì l’intera / mia realtà. Era la tua gaiezza».

La scelta di Ninetto è quindi un tradimento non solo perché Patrizia è una donna, ma è anche un tradimento quasi politico, intendendo con politico proprio il rifiuto del mondo borghese: «Pier Paolo […] desiderava piacere ai ragazzi di vita» scrive Enzo Siciliano «La “bellezza” di quei ragazzi costituiva un’effrazione a ogni canone», ma Ninetto non è più quell’effrazione nel momento stesso in cui entra nella normalità, nella casa in stile fascista del sonetto 111, nell’appartamento/che i parenti ammirano del sonetto 112. Si chiude così la raccolta, con delle immagini di quella “normalità” disprezzata, con la consapevolezza che la scelta di Ninetto è definitiva e che niente lo avrebbe fatto tornare indietro.

L’Introduzione coglie i punti fondamentali, accompagna il lettore alla lettura e alla comprensione dei sonetti, mette in luce quelli che sono i sentimenti, ma anche le fonti che si trovano alla base della raccolta. Un capitolo a parte è dedicato alla grande presenza di Shakespeare e dei suoi Sonnets, a partire dal nome stesso con cui Pasolini si rivolge a Ninetto in diversi componimenti, mio Signore, alla stregua di quanto aveva già fatto Shakespeare. Ma se nei Sonnets si augurano dei figli per l’amato, per Pasolini «chi ama è egoista, e vorrebbe tutta per sé la persona amata» (dalla lettera a Patrizia), il sentimento finale è la rassegnazione, e un presagio di infelicità per entrambi, e forse l’unico finale possibile per un amore che mai avrebbe potuto avere quel riconoscimento tanto rifuggito quanto sperato.

emanuela.monini@outlook.it

 

L'autore

Emanuela Monini
Emanuela Monini
Emanuela Monini (1997) si laurea a Perugia in Filologia Romanza con una tesi riguardante le terzine provenzali della Commedia. Ha parlato ai convegni del ciclo Charun dimonio e l’immaginario mitologico dantesco, presso il MANU (Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria), portando le figure di Medusa e della Ruota della Fortuna. Le piace il Signore degli Anelli, e ha deciso di farne un tratto della personalità, si appassiona a problemi filologici ma solo se irrisolvibili, e ogni tanto scrive qualche poesia.