L’immagine di copertina è di Enrico Pulsoni
Qualche settimana fa un’amica mi ha chiesto se volevo tradurre in griko, per un progetto multilingue, una poesia scritta in gallego da Claudio Rodríguez Fer. Le ho detto subito che sarei stato felice di farlo purché la poesia non fosse troppo lunga. Mi ha assicurato che era piuttosto breve e mi ha mandato il link affinché vedessi di cosa si trattava.
L’autore della poesia, poeta e scrittore di Lugo (Galizia-Spagna), è il direttore della “Cátedra José Ángel Valente de Poesia e Estética” dell’Università di Santiago de Compostela e ha al suo attivo numerose pubblicazioni sia letterarie che accademiche.
A Cabeleira, apparsa per la prima volta in rivista nel 1985 e in seguito inserita nella raccolta A boca violeta, è stata tradotta prima in russo e poi in altre lingue. Le traduzioni sono andate poco a poco aumentando tanto che nel 2015 l’autore ha dato alle stampe un volume con 35 diverse versioni della poesia, arrivate ad essere addirittura 60 nell’edizione del 2016.
Ed è proprio nel 2016 che nasce il progetto A Cabeleira, con la creazione della pagina web www.acabeleira.com, in concomitanza degli ottanta anni “do comenzo do xenocidio politico e cultural franquista iniciado pola sublevación fascista de 1936” (“dall’inizio del genocidio politico e culturale franchista cominciato con il sollevamento fascista del 1936”). Il progetto assume quindi un chiaro valore politico, ma anche simbolico, in riferimento alla salvaguardia culturale delle lingue, come il gallego, discriminate e silenziate durante il periodo franchista.
Il testo, nello specifico, tratta il tema dell’identità e delle origini del popolo gallego in chiave mitica, in un tempo primordiale, dominato dall’ignoto (“incerto fillo”, “coñeceu o abismo”, “perdeu o norte”, “naufraxio”) e dagli spazi vastissimi (“vagou errante”, “se detiveron cando se lles acabou o mundo”), ma con chiari riferimenti geografici (“verde fisterra”) e alle tradizioni di allevamento bovino tipiche del territorio (“tras manadas de vacas”, “se confundiu cos bois”):
A cabeleira
(Fragmentos)
Eu nacín nun país verde fisterra que vagou errante tras manadas de vacas.
Incerto fillo son das tribos móbiles que só se detiveron cando se lles acabou o mundo.
Non teño outras raíces que as da espora nin outra patria habito que a do vento.
Síntome da estirpe daqueles pobos nómades que nunca se constituíron en estado.
O noso espírito coñeceu o abismo e o sentido telúrico do contorno natural.
A nosa historia é a dun pobo que perdeu o norte e se confundiu cos bois.
Pero eu recuperei o norte no medio do naufraxio fluíndo sensualmente da cabeleira da lúa.
E a inmensa cabeleira é labirinto no que soamente falo a quen eu amo.
La Chioma
(Frammenti)
Sono nato in un paese verde finisterre vagabondo errante tra le mandrie di mucche.
Figlio incerto di mobili tribù, arrestatesi solo alla fine della terra.
Non ho altre radici che quelle delle spore, non abito altra patria che il vento.
Mi sento della stirpe dei popoli nomadi, mai costituiti in stato.
Il nostro spirito conobbe l’abisso e il senso tellurico della natura.
La nostra storia è quella di un popolo che si perse e si confuse con i buoi.
Ma io ho recuperato la via nel naufragio, scivolando sensualmente dalla chioma della luna.
E l’immensa chioma è labirinto, nel quale solo parlo a chi amo.
(Traduzione in italiano di Ana Rosso)
Chiunque conosca il griko può capire l’attimo di smarrimento che mi ha colto, leggendo la poesia, al pensiero di come avrei fatto a tradurre un testo così complesso.
Il griko è una lingua particolare perché negli ultimi secoli, soprattutto dopo l’estinzione del rito greco nelle chiese – in genere datato alla seconda metà del XVII secolo – che era l’ultima persistenza di un uso elevato della lingua, ha avuto uno sviluppo esclusivamente orale e, man mano, sempre più limitato all’ambito familiare degli strati più umili della popolazione. Il lessico è così andato restringendosi prevalentemente al campo domestico e agricolo e ha finito per impoverirsi soprattutto di termini astratti. Pochi quelli presenti, come, per dare qualche esempio, alcuni relativi alla religione (perdono / fsichòrisi, confessione / afsemolisìa, grazia / chari ecc.) o ai rapporti interpersonali (amore / agàpi, aiuto / afidìa, separazione / afsechorìa ecc.).
Il problema della traduzione in griko è, quindi, non solo trovare i traducenti ove possibile, ma anche ricercare i vocaboli che possano presentare maggiore affinità con i termini di partenza quando i corrispondenti non esistono o, eventualmente, adottare soluzioni completamente alternative ma che non rinuncino a restituire il senso originario del testo.
Pur avendo analizzato attentamente sia la traduzione in italiano di Ana Rosso che quella in greco moderno di Theodora Grigoriadou, entrambe presenti nel progetto, sono partito dalla versione originale, quella in gallego, per evitare la traduzione ponte che avrebbe potuto allontanarmi dai versi di Rodríguez Fer.
La prima difficoltà è arrivata già dal titolo, dal momento che in griko è assente il vocabolo che definisce la chioma o la capigliatura. Nessun aiuto mi è potuto venire neanche dal termine “κὀμη” (peraltro all’origine del nostro “chioma”) utilizzato dalla traduttrice in greco moderno. Ma per fortuna “il griko non ha perso i capelli” e ho potuto, quindi, ricorrere al ben più concreto, e forse meno poetico ma pur sempre contiguo, “maḍḍìa”, mantenendo così l’esplicito riferimento ai capelli contenuto nel termine gallego “cabeleira”
Nel sottotitolo l’autore aggiunge “Fragmentos”, tradotto con “Kòmmata / pezzi”.
Le maggiori difficoltà si sono presentate nella traduzione di vocaboli totalmente inesistenti e per i quali non sono riuscito a trovare un possibile traducente. È il caso di: incerto, tribù, patria, stato, spirito, tellurico, ambiente naturale, naufragio, sensualmente, labirinto. Per questi lessemi, escludendo la possibilità di ricorrere al neogreco perché risulterebbe artificiale oltre che incomprensibile per qualsiasi grikofono, ho dovuto adottare delle strategie differenti.
Per alcuni di essi ho cercato un traducente che fosse il più vicino possibile al significato del corrispettivo gallego, così per esempio per “patria” ho usato “paìsi / paese”, per “spirito” “fsichì / anima” ecc.
In due casi sono stato costretto a divergere un po’ dal testo originale, usando due aggettivi tra quelli presenti nel griko che, pur significando altro, comunque non cambiassero il senso generale della poesia: “incerto” l’ho reso con “anàfsero / ignaro-che non sa” e l’avverbio “sensualmente” con “alòcharo / contento-felice” perché non ho trovato nulla che si potesse avvicinare alla stessa sfera semantica.
Ancor più complicato si è rivelato tradurre “sentido telúrico do contorno natural” cioè “senso tellurico dell’ambiente naturale”. “Senso” è traducibile con “nòima” ma “tellurico” e “ambiente naturale” non rientrano nel vocabolario griko. Per “telúrico”, visto che il termine “ghi / terra”, seppur raro, viene riportato nei dizionari, ho pensato in un primo momento a “ghìino / ghiinò / ghistò”, possibili calchi del neogreco “γἠινo”, ma alla fine ho preferito non arrischiarmi nella creazione di neologismi pur mantenendo comunque il vocabolo “ghi”. Per “contorno natural” come anche per “tribos”,“estado”, “naufraxio”, “labirinto” non ho avuto altra scelta che ricorrere al lessico italiano. D’altra parte è consuetudine accettata e comune tra i parlanti utilizzare prestiti dal dialetto salentino o dall’italiano quando il griko non possiede i vocaboli equivalenti, siano essi grikizzati – per esempio ”pensèo/pensare” – o lasciati invariati.
Purtroppo, quando mi è stato chiesto di aggiungere in coda al testo “Traduzione in griko di Leo Luceri”, si è ripresentato lo stesso problema. La scelta era tra lasciare “traduzione”, usare “metafrasi” come in greco, presente anche in italiano, oppure fare ricorso a un verbo griko tipo “votò/girare” e quindi risolvere con “votimmèno e’ grika / girato in griko”. Alla fine ho cercato di pensare come si sarebbe espresso in questo caso un semplice parlante, per esempio mio padre. Credo che lui avrebbe utilizzato semplicemente il verbo “grafo / scrivere” ed è la soluzione che ho adottato.
Questa esperienza traduttiva dimostra che il griko è tuttora una lingua viva, malleabile, e che, pur con qualche difficoltà, riesce ad adattarsi a linguaggi più complessi rispetto a quelli quotidiani.
Bisognerebbe, però, iniziare a riflettere senza tabù sulla necessità di creare qualche neologismo per ampliarne il lessico e mi sembra di capire che i ragazzi più giovani, che forse hanno un rapporto meno sentimentale e nostalgico con questa lingua, riescano a farlo. “Su whatsappèo avri/ti mando un messaggio whatsapp domani”, ha detto una ragazza che segue il laboratorio di lingua grika che si tiene a Martano (Le), cosa che mi ha reso felice e ammirato per la spontaneità d’uso.
Resta, inoltre, l’emozione di vedere sulla pagina del progetto A Cabeleira il testo in griko e, attraverso il video ad esso collegato, anche di sentire risuonare i fonemi tipici di questa lingua, minoritaria e umile, insieme a quelli di lingue ben più diffuse e parlate, come l’inglese o lo spagnolo, o molto più blasonate come il greco classico.
Ta maḍḍìa
(Kòmmata)
Ghennìsimo es mìa chora chlorì finisterre pu pirte votònta ampì vuja ce aghelade.
Pedì ‘nàfsero afse tribù pu sìatto ce pu ‘kkumbùsan’ manechà dopu tos spìccesse o kosmo.
‘En vastò aḍḍe rize pi cine tu sporu ce ‘en echo spiti es aḍḍo paìsi pi ston ànemo.
Atto gheno noìome pu pirte panta pratònta ce mai ghetti stato.
E fsichì-ma ‘nnòrise ton àvisso ce to nòima tis ghi ce tis natura.
E storia dikìma ene cini afs’ena gheno pu chasi ce smisti m’es aghelade.
Ma evò ìvrika mapàle ‘in stràa ames to naufragio, rèonta alòcharo atta maḍḍìa tu fengu.
Ce citta makrèa maḍḍìa ine sa labirinto epù evò milò manechà ma cinu pu agapò.
(Grammèno e’ grika atto Leo Luceri)
L'autore
- Leo Luceri, nato a Martano (comune del Salento appartenente alla minoranza di lingua grika), ha trascorso buona parte della sua vita lavorando e studiando all’estero. Laureato in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il dottorato di ricerca in Letteratura Comparata presso l’Universidad Autónoma di Madrid. Ha svolto attività come lettore di italiano in diverse università straniere (Quito, Madrid, Bratislava) ed è stato docente di Lingua francese negli istituti di istruzione superiore in Italia. Ha pubblicato articoli di critica letteraria su riviste specializzate e il libro di poesie Catumerèa – versi multilingui a sud del sud (Musicaos Editore, 2022). Sue poesie sono presenti in collettanee e riviste letterarie. Scrive prevalentemente in lingua italiana, ma anche in griko e, occasionalmente, in spagnolo. Si occupa della salvaguardia della lingua grika e della promozione della letteratura del territorio.