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Rivivere l’assenza: Antinoo e le finestre accese

Arte visiva o fotografica e poesia si coniugano perfettamente se l’ispirazione s’ illumina d’antico e di prezioso, ritrovando un’assenza lontana nel tempo e legandola a un presente tuttora vivo. Sono le poesie di Claudia Quinteri, Accendi una finestra (Robin Edizioni, Torino, 2024) corredate dalle fotografie di Roberto Vignoli, a suggerirci che l’artista può donarci questo, può inoltrarci lungo le vie della memoria che si rinnova per una sensibilità giovane e nuova, diviene fiamma e sorgente, potenzialità, con Vittorio Sereni, che faccia emergere e ricomporre la vita in un altro tempo, in un altro ordine delle cose. Il sottotitolo di Accendi una finestra recita Sulle tracce dell’Antinoo Mondragone che al Louvre commosse Marguerite Yourcenar, autrice del romanzo Le Memorie di Adriano, ci guida alla comprensione dei versi, che ora si distendono fino a divenire prosastici, ora hanno forme metriche canoniche, sempre paiono comporre la struttura del poemetto, teatralmente delineato con un Intervallo, per il prevalere di toni sentimentali e emozionali, e ci guida altresì all’interpretazione delle immagini.

Gli uni si aprono con Antinoo, protagonista di una intensa storia d’amore, defunto e perduto nell’immensità di un al di là descritto con ardita metafora: «Ora divinità / Hai lasciato ciò che non potevi / Districando l’amore. / Soffice il cammino sopra le capriole dell’immenso / Mentre il dogma delle distinzioni ti ha preceduto / La fortuna si tace e si moltiplica nelle nuove consuetudini». Le altre fermano il tempo della storica villa Mondragone. Le finestre, scelte come soggetto ispiratore da Vignoli, unitamente a un interno marmoreo,  ora contornate da tendaggi sontuosi, più spesso disegnate da inferriate che non celano il magnifico esterno, esaltano l’architettura definendo l’atmosfera assai evocativa del luogo e dei versi, i quali, al modo espressionista di Amelia Rosselli, rimandano alle emozioni che il giovinetto di straordinaria bellezza seppe suscitare: «La  grazia non si incrina quando ha i suoi miracoli / Si eleva sull’incedere salvifico». Così la poesia 5, che sottolinea l’incanto del giovane e il suo significato, ma il percorso poetico genera altra bellezza, che le epifanie fanno riapparire in un tessuto stilistico di invenzioni di grande eleganza, originalità e verità.

Le poesie portano infatti in primo piano i sentimenti che legarono l’imperatore Adriano all’adolescente greco nato in Bitinia, che divenne, portato a Roma per la sua istruzione, il suo favorito e lo accompagnò durante le campagne sia in Africa sia in Grecia. Scomparso in modo misterioso, cadendo nelle acque del Nilo, fu divinizzato dopo la sua morte prematura dall’imperatore che gli dedicò un vero culto, identificandolo con Osiride e facendo sorgere sul luogo della morte una città Antinopoli. Nei versi di Quintieri l’amato riappare. Ripensato dalla voce femminile, di Marguerite o di Claudia, l’Antinoo non è più terreno, ma risorge incorporeo e trasfigurato, ancor più ricco di quelle virtù che l’avevano fatto amare: «Quando è apparso epifanicamente il tuo corpo, l’incanto si stringeva alle mie spalle leggere. D’un colpo sono mancata in un cesto di fiori.» L’epifania genera questi bellissimi versi, la memoria detta intermittenze del cuore.

«Sono mancata in un cesto di fiori». Si noti: Un deliquio che è nostalgia, estasi, turbamento provati da colei che soffre il distacco, accompagnando l’amato nel suo oltrepassare «le sillabe dell’armonia», nella sua «ebbrezza mite», mentre, afferma, «scendevo nelle ignominie più impensate e non trattenevo quell’ansia smisurata scaricando il dolore dentro le mie spalle, braccia, gambe». Il corpo è coinvolto nell’avvertire la perdita e nel risentire le emozioni che il giovinetto suscita: « Quando parti,  un dolore formicolante nell’intero corpo, sconcertata. E ciò che udivo prima si appanna. […] Sciolgo il sospiro e mi getto nell’acqua dei rimpianti».

Non solo. All’amore, che Antinoo personifica è dedicato un componimento («Colpito dai tuoi fulmini, mi sono incarnato nelle tue ampiezze, amore. / Colpita dalla tua solidità sono entrata nelle tue vertigini, amore»), che alterna, quasi epicedio funebre costruito sulla ripetizione, le voci maschile e femminile, in una successione seriale di anafore ed epifore molto musicale, che diviene melodia e ritmo e porta al suo culmine il senso di una vicenda ammantata di mistero e di desiderio. Il desiderio di una presenza infatti, non viene disilluso se «altrove si sente il tuo trasporto, e quando mi arriva la tua presenza è come un sussurro soddisfatto che rompe la mia delusione».

Sono la leggerezza, e il carezzevole di un canto, che «rinnova la soavità che lenta accoglie la pelle arsa», a creare intensi momenti di un Antinoo lontano, eppur vivo in queste trame libere molto poetiche, che non escludono tuttavia il pensiero di un amore che imprigiona. Allo stesso modo le trame obbligate delle inferriate, ma non meno libere nell’ideazione, della finestra fanno pensare all’amore come prigione, se è vero che, in parte finite e chiuse, quasi riprendano le «Prigionie di vedute» di un frammento, si aprono anche su visioni di mare o di cielo, suggerite da liriche in cui la componente del paesaggio, dipinge un  notturno (« Ovunque la luna dispensa i suoi favori e leggiadra effonde le angeliche maree») o si coniuga con il gesto  amoroso («Sono le nuvole che abbracciano le carezze / Nell’incoscienza di braccia lucenti / Mentre si accavallano porte magnificenti /Che divinano l’indimenticabile») o fermano ineluttabilmente il destino di amore e morte che fu dell’amato e percorre sottilmente l’intera opera:

La dolcezza delle tue notti giace su di un miele trasparente.
Accade che radiante si salva l’entusiasmo che adorna.
E largo si compie il destino.

gabriella.palli@tiscali.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'autore

Gabriella Palli Baroni
Gabriella Palli Baroni laureata in Lettere Classiche a Pavia, allieva di Lanfranco Caretti, perfezionata a Chicago e a San Diego sul pensiero scientifico rinascimentale e su Machiavelli, vive a Roma. Scrittrice e saggista, è studiosa di letteratura dell’800 e del 900 ed è critica di letteratura contemporanea. Collaboratrice di «Strumenti Critici», «L’Illuminista», «Il Ponte» e di altre riviste italiane e straniere, si è dedicata in particolare ad Attilio Bertolucci, del quale ha curato il Meridiano Mondadori Opere, le prose Ho rubato due versi a Baudelaire, gli scritti sul cinema e sull’arte, e a Vittorio Sereni, del quale ha curato i carteggi con Bertolucci (Una lunga amicizia. Lettere 1938-1983, Garzanti 1993) e con Ungaretti Un filo d’acqua per dissetarsi. Lettere 1949-1969, Archinto, 2013). Ha inoltre pubblicato l’antologia Dagli Scapigliati ai Crepuscolari (Istituto Poligrafico dello Stato 2000) e Tavolozza di Emilio Praga (Nuova SI, 2008). È autrice di saggi sulla poesia di Amelia Rosselli e ha collaborato al Meridiano L’opera poetica, uscito nel 2012 e al numero monografico XV, 2-2013 di «Moderna» (Serra, 2015). Nel 2020 ha pubblicato di Attilio e Ninetta Bertolucci, Il nostro desiderio di diventare rondini. Poesie e lettere (Garzanti).