Tedesco di nascita ma italiano d’adozione, Kurt Caesar è stato un famoso illustratore e fumettista del “secolo breve”, ricordato da quanti hanno i capelli bianchi per la lunga militanza su Il Vittorioso e le copertine sci-fi di Urania. Oggi, nel cinquantenario della sua scomparsa, il Museo del Fumetto di Milano gli rende omaggio con una piccola ma pregnante mostra, Nell’infinito e oltre. Caesar lavorò molto con l’editoria ambrosiana – Vecchi, Del Duca e Mondadori in particolare – al tempo in cui la futura metropoli, nell’ambito delle “strisce disegnate”, già viveva un’accelerazione che l’avrebbe poi resa in breve la capitale permanente del settore.
Felice sinergia tra il Museo del Fumetto e l’Associazione Amici de Il Vittorioso, l’esposizione, inaugurata il 26 ottobre scorso, racconta la vita e l’arte del disegnatore attraverso svariate tavole originali (esposte per la prima volta) e una selezione delle tante pubblicazioni cui egli collaborò tra gli Anni Trenta e Sessanta in Italia e all’estero.
Caesar nacque il 30 marzo 1908 a Montigny, nei pressi di Metz, capoluogo del dipartimento della Mosella, a quel tempo territorio del Reich germanico. Il padre era berlinese, la madre svizzera. Vero talento naturale, sin da piccolo Kurt mostrò grande passione per il disegno. Conseguita la maturità classica, nella capitale frequentò corsi di grafica e pittura presso la prestigiosa Akademie der Künste e altri ancora nell’ambito del disegno tecnico-progettuale. Contro il volere della famiglia, per qualche tempo si dedicò anche al pugilato agonistico.
Erano i giorni irrequieti della Repubblica di Weimar. Accantonati gli studi, nel 1927 il giovane decise di intraprendere la “romantica” professione del giornalista-illustratore. Esordì su un mensile edito da Elfriede Ensle, imprenditrice d’avanguardia della quale si innamorò e di lì a poco sposò. La Ensle-Verlag fallì nel maggio del 1929, non prima, però, di aver varato il primo (e unico) numero di una rivista di antropologia, Die Kultur, di cui Caesar fu il redattore.
Trasferitosi in Svizzera con la moglie, egli divenne corrispondente per il Sud-Europa della Zürcher Illustrierte Zeitung e collaboratore freelance di altri periodici tedeschi per cui realizzò svariati reportages in Europa, Africa e Asia, spingendosi fino al Tibet. La coppia passò poco dopo in Italia, a Milano, dove Caesar entrò in contatto con l’Editrice Moderna dei fratelli Del Duca e la Mondadori. Se per quest’ultima, nel biennio 1935-1937, realizzò copertine e illustrazioni per i racconti polizieschi de Il Cerchio Verde e dei “Gialli”, la sua prima vera storia a fumetti, “I tamburini d’Africa”, apparve su La Risata di Cino Del Duca: era firmata Caesar Away, pseudonimo via via alternato con quelli di Cesare o Giacomo Avai e, da ultimo, con Corrado Caesar e Ć. Ćaesar. Il novello fumettista realizzò per l’Editrice Moderna sei storie in tutto, la più interessante delle quali, “La pattuglia azzurra” (1936-1937), è ambientata in Siberia, con delle guardie a cavallo che un po’ ricordano la Royal Mounted Police canadese. I fumetti prodotti a Milano venivano poi ripubblicati a Parigi dalle gemellate Éditions Mondiales. Tra i suoi periodici ricordiamo L’Aventureux (1936-1942) che sin dal primo numero presentò con grande evidenza un lavoro di Caesar mai visto in Italia, “Conquérants de l’avenir”, ambientato su Marte. Ispirata al romanzo Le Mystère des XV di Jean de La Hire (ma è d’obbligo anche un rimando al John Carter di Under the Moons of Mars di E. R. Burroughs, il creatore di Tarzan), la storia è un avvincente esperimento fantasy in cui l’artista tedesco percorre strade nuove e sorprendentemente mature.
Un’altra avventura africana, “I due tamburini”, inaugurò nell’ottobre del 1936 sul settimanale I tre porcellini la collaborazione tra Caesar e la Mondadori. Il testo era di Federico Pedrocchi, direttore artistico del settore fumetti, un vero fuoriclasse che tra il 1935 e il 1941 lavorò intensamente con Caesar, fornendogli sceneggiature avvincenti e ben costruite. Una decina, nel complesso, le storie realizzate dalla coppia: tra queste ricordiamo “Will Sparrow il pirata del cielo” (il primo villain del fumetto italiano), una lunga saga seguita dal dittico dell’“Aeroporto Z” (al cui soggetto mise mano Zavattini) e da “Il mozzo del sommergibile”, di cui il disegnatore illustrò il primo episodio soltanto.
Nel pieno della sua collaborazione con Mondadori, l’instancabile Caesar scrisse un altro nome sul proprio carnet, quello de Il Vittorioso, settimanale per ragazzi «forti, lieti, leali e generosi», lanciato dall’Azione Cattolica nel gennaio del 1937. A lungo progettato, il nuovo giornale, tuttavia, non piacque molto. Le gerarchie vaticane, tramite l’editore milanese Lotario Vecchi, ingaggiarono allora Gianluigi Bonelli, futuro creatore di Tex, un “geniaccio” che divenne una sorta di direttore-ombra, capace di trasformare un «bollettino parrocchiale fatto da dilettanti» (parole sue) in una testata di successo grazie ai collaboratori giusti: tra questi Caesar, al quale egli affidò subito un proprio soggetto, “Il crociato nero” (1938).
Il Vittorioso – non diversamente dai “giornalini” coevi – doveva sottostare alle direttive del regime riguardo i contenuti, esaltazione dell’italianità in primis: d’intesa con la direzione, Caesar creò allora Romano, un aviatore che tra il 1938 e il 1943 conquistò i giovani con le sue esotiche e marziali avventure ai quattro angoli del globo. Alcuni esegeti del fumetto lo etichettarono tout court come fascista, ma una lettura attenta, non ideologizzata, lo rivela non dissimile da Flash Gordon, Captain America e altri popolari characters d’Oltreatlantico, “arruolati” nell’esercito americano dopo Pearl Harbour.
Impegnatissimo con Romano, Caesar realizzò poco altro per Il Vittorioso d’anteguerra: ricordiamo la versione fumettata del poema anglosassone Beowulf (1940-1941) e alcuni albi, in particolare i due dedicati ad Armas (1940), un patriota finlandese in lotta contro gli invasori sovietici. L’empatia che il disegnatore mostra verso gli eroici Finni è ammirevole, specie se si considera la sua delicata posizione di suddito del Terzo Reich, alleato dell’URSS dopo il Patto Ribbentrop-Molotov.
A proposito della proverbiale abilità dell’artista tedesco nel riprodurre mezzi meccanici, reali o immaginari, ricordiamo qui una dozzina di paginoni a colori (43 x 80 cm di formato!) che egli realizzò nel 1938 per Il Giornale delle Meraviglie, pieni di carri armati, aerei, navi e sottomarini di un futuro ormai prossimo. Così avvincenti che Bonelli, divenuto direttore dell’Audace, nel 1939 creò per lui un’apposita rubrica, “I Grandi Assi” dell’aviazione, seguitissima.
Caesar, intanto, aveva lasciato la metropoli per la campagna, trasferendosi nel Varesotto, a Venegono Superiore. I venti di guerra che soffiavano di là dal Brennero lo spinsero a chiedere la cittadinanza italiana per sfuggire alla coscrizione obbligatoria reintrodotta in Germania nel 1935. Invano. Dichiarato “abile”, venne arruolato nella Wehrmacht come soldato semplice e all’inizio del 1941 trasferito in Nord Africa, dove la sua fama artistica giunse all’orecchio del generale Rommel. Fu così aggregato, col grado di Sonderführer Z (equivalente a luogotenente), alla Propaganda-Kompanie dell’Afrikakorps, incaricata della produzione di materiali per i media. Realizzò moltissime illustrazioni dal vivo, non solo di tema bellico, poi riunite in Marsch und Kampf des deutschen Afrikakorps 1941, pubblicato nel 1943 con testi bilingui, tedeschi e italiani, dalla Carl Rohring-Verlag di Monaco di Baviera: oltre duecento “scene” che un Mussolini distratto, attesta una sua lettera alla Petacci, scambiò per fotografie.
Nel marzo del 1943, poco prima del crollo degli eserciti dell’Asse, il disegnatore venne rimandato in Italia per completare il volume, un cui secondo tomo relativo all’anno 1942 fu annunciato, senza vedere mai la luce. Fu poi riassegnato a Verona, come interprete, presso la centrale del controspionaggio germanico in Italia. Seguirono mesi difficili in un Paese devastato dalla guerra civile, sino alla Liberazione, al suo arresto e alla prigionia. Ritornò a casa, conoscendo alfine suo figlio, nato alla fine del 1945, nella primavera del 1947.
Al Vittorioso lo accolsero a braccia aperte. Questa seconda fase artistica – durata vent’anni giusti, sino alla chiusura del periodico nel 1966 – risulta ben più “corposa” della prima e più variegata, anche, toccando pressoché ogni campo d’azione, dagli abissi marini agli spazi siderali. Essa computa sessantaquattro “cineromanzi”, contro i diciassette del 1938-1943: due serie svettano, Roy Rones (10 episodi, 144 tavole del 1957-1959) e Flambart l’astronauta (7 episodi, 150 tavole del 1964-1965). La prima, se non tocca le 178 pagine complessive di Romano, mostra però di avere in sé diversi tratti del carattere e della vita del suo autore.
Lineare, sintetico, moderno, Caesar fu anche il copertinista più prolifico e amato del settimanale, realizzando tra il 1950 e il 1963 quasi duecento tavole, insieme a centinaia di illustrazioni d’ogni tipo. Egualmente si dedicò a lungo ai famosi paginoni centrali, un’ottantina in tutto, che gli valsero l’appellativo di “artista-scienziato”. Dopo la chiusura del Vittorioso, come molti ex-colleghi lavorò per altri periodici cattolici, riproponendo anche i paginoni, di tanto in tanto, sul Messaggero dei Ragazzi, il quindicinale dei frati antoniani della Basilica del Santo di Padova. Illustrò persino un’edizione “futuribile” del Calendario di Frate Indovino, mentre a Il Giornalino prese a collaborare nel lontano 1952, esordendovi con “I Conquistatori dell’aria”, una storia dell’aviazione di taglio tecnico-didattico. Tra i bei fumetti realizzati per il periodico della San Paolo segnaliamo “Gli esploratori degli abissi astrali” (1952-1953), una lunga saga spaziale precorritrice di Star Trek e “I prigionieri del Polo” (1957), sul generale Nobile e la tragedia del dirigibile Italia.
Sin dal 1949, intanto, s’era trasferito nella zona di Roma, ma il suo legame con Milano non si spezzò. Giorgio Monicelli, che nell’anteguerra lo conobbe ai “Gialli Mondadori”, lo volle con sé a Urania, la celebre rivista di fantascienza: tra il 1952 e il 1959 Caesar realizzò quasi duecento copertine, dovendo poi rinunciare all’incarico per gravi motivi familiari. Ne illustrò diverse altre, in seguito, per Oltre il cielo e Cronache del Futuro (1957-1958) e il Corriere dello Spazio (1961), come pure, negli stessi anni, per le collane Battaglie, I racconti del Colonnello e altre serie.
Negli Anni Sessanta Caesar lavorò molto per l’estero. Per la britannica Fleetway Publications realizzò singoli episodi delle serie “War Picture Library” e “Action Picture Library”, ma si cimentò anche con characters seriali come Dogfight Dixon, un aviatore della Prima guerra mondiale e Jet-Ace Logan, un pilota spaziale a metà strada tra Flash Gordon e Jeff Hawke. La versione a fumetti del Perry Rhodan di Walter Ernsting, protagonista di una collana di fantascienza popolarissima in Germania, lo impegnò con la tedesca Moewig-Verlag nel biennio 1967-1968: egli creò graficamente il personaggio, disegnando quindici episodi della prima storica serie im Bild.
Kurt Caesar morì inaspettatamente, d‘infarto, il 12 luglio 1974 a Bracciano. I suoi ultimi fumetti, usciti postumi, sembrano il testamento di un soldato: sono storie d’ardimento e d’onore in una guerra d’altri tempi che lui visse, in prima persona, nei deserti dell’Egitto e della Libia.
Kurt Caesar – nell’infinito e oltre: sino al 1° dicembre 2024 presso WOW Spazio Fumetto, Viale Campania 12, 20133 Milano (info: www.museowow.it ).
L'autore
- Maurizio Pasquero, laureato in discipline linguistico-umanistiche, è cultore di anglistica, irlandesistica e americanistica, di storia, archeologia e arti visive. Ha ricercato e scritto sulla diffusione in Italia delle opere di William Butler Yeats, James Joyce ed Ezra Pound, su storia e cultura del mondo celtico e storia del fumetto. Ha pubblicato: Belli spiriti d’Irlanda: versioni da Yeats, Lady Gregory, Synge e Joyce di Carlo Linati (2010), I Celti della Valle del Po negli eserciti di Roma (2012), Un poeta americano sul lago di Como: Ezra Pound, Carlo Peroni e il “Broletto” (2014), Teatro irlandese: i grandi autori dell’Abbey Theatre di Dublino tradotti da Carlo Linati (2018) e ha contribuito con il saggio “Carlo Linati, un amico lombardo per Ezra Pound” alla miscellanea La libertà dell’intelligenza: Ezra Pound, un intellettuale tra intellettuali (2023). Collabora alle riviste: Studi irlandesi – A Journal of Irish Studies (Firenze), Studi cattolici (Milano), Terra insubre (Varese).
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