L’immagine di copertina è di Enrico Pulsoni
Sempre festa mai festa
Una prima fantasia. Spesso mi dissocio e immagino questo pianeta senza l’essere umano. E immagino quanto sarebbe meraviglioso il fatto che terremoti, alluvioni, eruzioni dei vulcani siano un fenomeno normale, senza provocare danni. E anche come un alieno, capitato per caso, possa commuoversi al percepire tale meraviglia.
Caratteristica umana
La via evolutiva umana è caratterizzata da una dipendenza protratta dopo la nascita: il piccolo senza accudimento non ha possibilità di sopravvivenza e mantiene la dipendenza molto a lungo al contrario di altre creature, alcune delle quali in pochi mesi crescono si evolvono, lavorano e producono in modo straordinario (es. le api). Il tutto per privilegiare lo sviluppo del cranio e del cervello.
Le caratteristiche importanti della vita sono: la nascita, il sopravvivere e l’evoluzione, dove la spinta evolutiva è data dalla differenziazione di razza all’interno di una specie.
All’interno delle specie i singoli più evoluti sono quelli che vivono e trasmettono le emozioni, e non la razionalità. Quest’ultima è un esercizio della mente come i muscoli che si contraggono o le ghiandole lacrimali che producono lacrime.
Nell’ evoluzione delle specie e delle razze, non è prevista la felicità, il cui desiderio può creare crea una enorme quantità di malessere.
Della nascita, che è uno dei due grandi eventi della vita, non restano memorie ma solo emozioni inconsce.
Una cosa che rappresenta in sé tutte le caratteristiche della vita è la vitalità: essa consente di evolversi come individuo, di sopravvivere mediante l’azione, cioè procurarsi innanzitutto il cibo e quindi lavorare. Il lavoro consente di sviluppare il senso di realtà e, se si accompagna alla fantasia, diventa artistico. Invece se rimane solo meccanico, rischia di diventare estraneo a se stesso, astratto e penoso.
A questo punto occorrono due considerazioni.
- L’individuo umano non può di certo sfuggire alla sua sorte sua: egli è una piccola particella della vita, un momento effimero, un feto, ma nello stesso tempo manifesta in sé la pienezza della realtà vivente – l’esistenza, l’essere, l’attività –, e così contiene in sé la pienezza, l’interezza della vita senza cessare di essere una unità elementare di vita.
- nel regno minerale gli elementi (es. i metalli), sono, ovunque si trovino, uguali a sé stessi, non hanno individualità. Per quanto riguarda il regno vegetale occorre precisare il significato di seme: nel regno animale il seme è una cellula o di genere maschile o di genere femminile: in determinate situazioni e circostanze le due cellule unendosi generano un individuo (embrione), che poi si sviluppa in individuo di quella specie. Il “seme dei vegetali” è già un individuo che può svilupparsi subito o addirittura dopo decenni o addirittura centinaia di anni (il caso “Matusala”), perché contiene in sé gli elementi che consentono di sopravvivere e attivare lo sviluppo.
Al momento e prevedibilmente per sempre, una metodologia per certificare un essere come INDIVIDUO, unico e irripetibile, è il DNA. Ma a differenza degli individui del regno animale, un individuo vegetale (un mandorlo) può replicarsi in vari modi: da pollone, da marza, da margotta etc., da innesto (questo però prevede un intervento esterno), dando origine a altro individuo con identico DNA.
Esempi
Il mandorlo può essere innestato con individui compatibili: mandorlo di altra varietà, pruni, albicocchi, peschi etc., e la pianta che crescerà avrà lo stesso DNA della marza. Aggiungo che un ciliegio in terreno sciolto e umidiccio può sviluppare dalle radici polloni fino a due chilometri e generare un bosco di sé stesso! se analizzate il DNA delle decine, centinaia migliaia di queste piante sono tutte “lo stesso individuo”: la pianta originaria ha la possibilità di essere immortale, quindi in natura l’immortalità (come la immaginano certi umani) esiste.
Considerazioni personali rispetto a specie, individuo ed evoluzione: la specie si evolve a partire da un singolo o meglio da singoli appartenenti alla specie; in questo “ modificarsi” la natura ovviamente può compiere “ errori” i quali ricadono sul singolo che ha modificato qualcosa al DNA di specie. Infatti quando l’errore diviene pericoloso, quell’individuo di solito è sterile (una attenzione a non fare passi precipitosi è quella che all’interno di una specie esiste fertilità di razza ma non sempre es: asini e cavalli prolificano ma i muli sono sterili). Oppure può sperimentare un “cambiamento” a velocità divers: la velocità (pensiamo a un veicolo) può indubbiamente apportare dei vantaggi ma anche maggiori pericoli.
Le piante
Dal punto di vista della politica attuale le piante sono tra le specie più evolute: si muovono (camminano verso l’alto, strisciano), non producono CO2 ma anzi la mangiano e per giunta producono O2. Secondo gli umani sono belle e maestose, a volte spinose, altre velenose. Ma le piante si emozionano? Abbiamo visto come la natura può anche fare errori ma li corregge da sola, al contrario di chi (gli umani) non ha o ha avuto il senso della vita (razzisti eugenetisti, fornai di individui etc). La meraviglia della natura consiste nella guerra per la sopravvivenza che è tra le specie e tra i singoli: questa mattina guardando lo scorrere del fiume ho ammirato una comunità di germani che nuotavano magnificamente e cantavano, d’improvviso si immergevano per mangiare dei pesci, ma non ho pensato che fossero feroci assassini. Per tutte e due le specie questo avvenimento rappresenta il senso della propria vita. E gli avvenimenti descritti sono IL DESTINO. L’evoluzione umana è stata differente: lo sviluppo di emozioni, la loro condivisione e simbolizzazione, ha generato la morale e quindi il rispetto della vita per ogni singolo: nessuno ha il diritto di considerare priva di significato la vita di un altro e quindi non meritevole divivere (su questo tornerò). Il destino: i magnifici movimenti del pesce e del germano (l’azione) sono il loro senso della vita, e il mangiare l’altro o essere mangiato è il loro specifico destino.
In genere nella vita, specialmente degli umani, le occasioni spiacevoli sono di gran lunga maggiori e vanno sfruttate con impegno per dare un senso alla vita. Quindi occorre innanzitutto sopportare se stessi in modo che ogni imperfezione individuale o disgrazia ci induca a lottare per migliorarsi, e già questo impegno ha un senso. E siccome ognuno è imperfetto a modo suo, anche il senso sarà unico a modo suo. Il significato della nostra esistenza è dato dall’impegno, dalla sofferenza , dalle emozioni (l’amore e l’amore per i figli, l’impegno sociale il rispetto delle regole). L’affidarsi alla moderna tecnologia e alla brama di consumo svuotano le energie interiori per realizzare i significati più alti. “Chi ha un perché per vivere, sopporta quasi ogni come”. (Nietzsche). Se proviamo a invertire il cosa mi aspetto dalla vita in cosa si aspetta la vita da me, potremmo fare delle considerazioni in primis che siamo nati e che per nascere non abbiamo fatto nulla: parte ha fatto la natura, parte la nostra mamma. Per un corretto bilanciamento dovremmo compiere le azioni, ossia, la gestazione per arrivare all’altro punto cruciale della vita: la nostra morte. E questo è un modo per modificare al meglio il nostro proprio destino.
L’attuale propaganda della dolce morte per porre fine alle sofferenze, è solo una privazione della esperienza conscia e fondamentale dell’esistenza e apre la strada a chi vorrebbe stabilire chi ha il diritto di vivere e chi no. Credo che almeno inconsciamente, almeno da quando esistono tracce, la morte sia una afflizione universale. Pare che ogni vivente abbia un terrore più o meno grande e più o meno duraturo della morte. E si ignora il fatto che finora ci sono riusciti tutti e, da quanto esposto, la morte di ogni singolo, che ha goduto appieno della evoluzione della specie, è il sistema perché la specie possa ancora evolvere e regalare ai futuri singoli le migliorie del passo avanti. La massima aspirazione di certi individui è evitare la morte, o quantomeno rimandarla. Tutto ciò non è concepibile come progresso essendo opposto alla saggezza della natura, ed è impensabile che una particella quasi insignificante possa superare la natura di cui si è parte provvisoria. La sintesi della storia evolutiva e anche la previsione della futura evoluzione è rappresentata dall’inconscio che con la simbolizzazione ha già dato risposte definitive. Non credo sia il caso di descrivere qui il pensiero religioso e che ogni religione, in un modo o in un altro ma in maniera similare, descrivono da dove veniamo e andiamo. E chi siamo e da dove veniamo e dove andiamo sarebbe il vero compito della scienza e dell’impegno anche del singolo. Neanche mi soffermo sul senso della vita, minato dall’attuale disimpegno verso sé stesso e sostituito dal terrificante consumismo. Restando nel campo della più evoluta biologia, mi sembra di poter affermare che l’immortalità è la natura stessa di cui si fa parte, e che l’immortalità esiste ed è sempre davanti ai nostri occhi, ma ci si rifiuta di vederla. Essa ci consente di rinnovarci continuamente attraverso la riproduzione, la sostituzione e l’evoluzione. Un banale esempio: se abbiamo la corrente elettrica e una lampadina si esaurisce, non è scomparsa la corrente. Basta cambiare la lampadina: la corrente è l’immortalità, non la lampadina.
Immaginiamo ora una popolazione immortale: non muoiono né di fame né di freddo, non di epidemie non di spada né di bombe non hanno bisogno di nulla non devono lavorare: che brutta sceneggiatura!
Conclusioni
Siamo in un momento in cui si preannuncia un crollo dell’attuale sistema economico globale e contestualmente una globale crescita delle cure farmacologiche e tecnologiche: penso che la parte ricca vorrebbe solo per sé questi miracoli della moderna medicina, se non fosse che gli stessi sono quelli che ne traggono il maggior profitto economico.
Solo teste con seri problemi possono pensare che la tecnologia riesca a sconfiggere la morte. La natura sa che l’immortalità esiste ed è la morte stessa.
L'autore
- Romeo Pulsoni (campomonticchio@gmail.com) è medico, esperto di fisica delle particelle, contadino, coofondatore nel 1988 con Giovanni Bollea di “ALVI” (Alberi per i vivi), e già docente a contratto dell’Università dell’Aquila. Nel 2009 è stato responsabile sanitario dei territori identificati come COM 1 (L’Aquila Città) e COM 4 (area tra Pianola e Celano) per l’emergenza sisma. Questa funzione, svolta per l’intero periodo emergenziale, comprendeva la gestione della Sanità pubblica, dell’Igiene pubblico e ambientale, dell’organizzazione dell’assistenza, della vigilanza e controllo delle attività commerciali e produttive. Per tale impegno è stato insignito della Medaglia d’argento per la Sanità pubblica dal Presidente della Repubblica.
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