avvenimenti · In primo piano

La destinazione

Lettere dal deserto rosso  di Maria Borio e Tom Schulz  richiama nella formula il genere “Briefgedicht”, in senso stretto lettera in versi: si tratta d’un genere antico in cui due esseri poeticamente si tengono in contatto, ora come allora, nella distanza: la trasposizione contemporanea di questo contatto a distanza, in questo libro, ridefinisce il sonno d’una civiltà postale e insieme ne traccia il risveglio: le meta-immagini di Michael Wagener sollevano le pagine scritte, confondono la graphia con le figure, così che la lettera destinata a qualcuno deve attraversare le immagini se vuole scoprire la sua destinazione.

La narrazione/poesia, scambio di lettere tra Maria Borio e Tom Schultz attraversa due lingue e sembra passare il tempo in verticale: lingua italiana e lingua tedesca, alternandosi, sembrano restituire non l’orizzontalità della scrittura, non il suo distendersi in riga, ma un lungo continuo salto attraverso le immagini. Scorrendo le pagine di queste Lettere dal deserto rosso la mente corre a La Carte postale, così come vagava senza destinazione nell’idea di Derrida: cartolina – cioè parole scritte sul retro d’un’ immagine. Qui nel deserto rosso, al contrario, sia il destinatario che il mittente, si rendono rintracciabili, si fanno trovare. Certo in ogni destinazione s’insinua un destino. Li vedi: un uomo, una macchina, una donna. la città. La scala mobile. Il contagio.

Quando ci siamo incontrati la prima volta ci separava solo / il carrello del buffet nella sala colazione di un albergo a / Rosario/Argentina. Non parlo spagnolo – hai detto. / Il caffè è pessimo, ho detto, se ne può bere solo con molto / zucchero.

Si, con queste Lettere dal deserto rosso Maria Borio e Tom Schulz, insieme ma separatamente,  tentano il salto verso il fantasma. Il passaggio da una lingua all’altra favorisce una forma di incomprensione sempre differente, e il nocciolo di senso nascosto nell’altra lingua viene lanciato costantemente come un dado: lettera e senso si moltiplicano all’infinito, perché i fantasmi non hanno una loro lingua, o meglio la loro lingua altro non è che la nostra, e mentre fuori l’intero mondo sprofonda in un silenzio plateale due esseri lavorano al linguaggio, cercano la via della parola.

Così se da un lato la prima parola del titolo Lettere include il senso e la direzione delle quattro mani e dissemina segni d’alfabeto, d’altro lato produce l’irruzione di immagini in movimento, cioè in azione. Un ciak. Il Novecento. Un vecchio film, una pellicola, un titolo: deserto rosso. Michelangelo. Antonioni. La sala è buia. Buia. La comunicazione è impossibile. La ragazza in primo piano, l’uomo di spalle, il soprabito. Forse è l’avvenire.

Il cervo che abbiamo visto proviene dal 16°secolo./Tutto sembrava dorato, compreso il nostro respiro / nell’aria invernale. Un uomo dormiva seduto davanti alla / Cattedrale 

Le meta-immagini di Michael Wagener sanciscono le verità di questa gente in cammino sotto l’alfabeto. Le traduzioni di Paola Del Zoppo e Pia-Elizabeth Leuschner ritmano le pagine, ribadiscono che il nocciolo, l’essenziale, è proprio lì, nell’intraducibile: proprio lì, dove i tasselli si fanno mobili, e anche l’ordine della lettura si fa mobile, e anche gli occhi sono mobili: infatti le pagine sono aperte. L’uomo, la donna, l’ufficio, la strada, la macchina. I blocchi cambiano posizione, virano in immagine: è un eccesso di senso, è il concetto stesso di erranza: ci sarà, dev’esserci da qualche parte un’apertura.

Forse queste Lettere dal deserto rosso sono il lavoro d’uno spirito impigliato in un contagio. Sono chiuse le scuole, gli uffici, le officine. C’è però da alzare l’intesa oltre la sbarra – il divieto – mentre tutta la terra ‘compatisce’ il limite della relazione zero. E così appare chiaro: l’altro, l’altra -il fantasma- non cerca la comprensione, cerca il tratto, e così -d’un tratto- la parola è un’ immagine – d’un tratto -. È un rimbalzo tra soffitti: reali sono le figure, reali i segni, reali sono i sintomi, forse siamo malati.

“Osservi le persone, allontani un sentimento –
“Du beobachtest die Menschen, verdrängst ein Gefühl –
“Nur ein Punkt bin ich, allein, in der Roten Wüste: / darin besteht heute meine Dimension – ein Punkt / ohne Länge, Breite, Tiefe / aus dem fernsten Himmelskreis gefallen auf eine Erde, / die voller Stille ist und unvermittelt rein. / Ich schreib dir aus der Roten Zone, und wahr ist:
Non erano profeti in senso proprio, / e dicevano: mantenete la distanza. Tenetevi lontani. / Non proseguite, scavatevi una buca, strisciateci / all’interno. Gli credemmo.

L'autore

Ida Travi
Tradotta in molte lingue l’opera di Ida Travi sin dagli esordi negli anni ’80 si muove tra oralità e scrittura. In prosa espone la sua poetica nei saggi L’aspetto orale della poesia (2000) Selezione Premio Viareggio e Poetica del basso continuo (2015). Ha scritto radiodrammi e testi per il teatro. Dal 2011 al 2022 pubblica per Moretti&Vitali e Edizioni Volatili gli otto libri che compongono la serie poetica dei Tolki, i parlanti raccolti nel volume unico edito da Il Saggiatore. (2024) Molte le composizioni musicali sui suoi testi. Il suo lavoro drammaturgico Diotima e la suonatrice di flauto (Baldini Castoldi Dalai,2005) è libretto d’opera a firma del giovane compositore e direttore d’orchestra Andrea Battistoni. (Ph. Guido Mencari)

 
Ultimi articoli