Ho avuto la fortuna di intervistare per questa stessa rivista Ghiorgos Chronàs. Il suo esordio nel mondo letterario risale al 1973. È poeta, scrittore, autore teatrale. Ha lavorato come giornalista alla radio (1979-2014) e alla televisione (2015-2018). Circa 120 delle sue poesie sono state musicate da famosi compositori greci. Dal gennaio del 1981 dirige e pubblica la rivista Odòs Panòs e le edizioni Odòs Panos e Sigaretta. Ha diretto dal 2009 al 2011 l’inserto culturale “Biblioteca” del quotidiano Eleftherotypia. Nel 2011 ha ricevuto in Egitto il Premio Cavafis. Nel febbraio 2013 è stato premiato dal Comune del Pireo per il suo contributo alle Lettere. Ha donato la sua biblioteca alla Fondazione Aikaterini Laskaridis della sua città natale.
Il testo qui riprodotto è la mia traduzione italiana del suo scritto in occasione dello spettacolo teatrale Salò, e le 120 giornate di Sodoma, ed è stato pubblicato in lingua originale sul giornale Ta Nea.
Pasolini a Salonicco
Sempre più spesso, ora che Pasolini avrebbe compiuto 102 anni – l’età di un vegliardo – del Giappone o dell’isola di Ikaria – rivedo un sogno che lo racchiude come una sua opera. Abbiamo superato la via Tsimiskì e abbiamo iniziato a salire verso la via Aghiou Dimitriou.
La giornata si preannuncia piovosa. Nubi pesanti e nessuno per le strade. Un cane gli si avvicina e lo annusa. Gli spiriti sono inodori, gli dice lui,
Un grande terremoto aveva colpito Salonicco e i suoi abitanti se ne erano andati. Eravamo rimasti solo Pier Paolo Pasolini e io.
Saliamo verso i Castelli e le case sembrano sul punto di crollare. Nel Vangelo secondo Matteo, Pietro, non avevi fatto tremare le case e le rocce? Non mi interessa cosa ho fatto. Quante vanità ho trasformato in film. Sarebbe stato meglio se avessi fatto il maestro in qualche paesino sconosciuto, nei dintorni di Pescara. Da solo, in una stanza in affitto, spoglia, con Platone e Aristotele sul comodino e Dante per terra.
Mi sono stancato e mi sono fatto dei nemici, io che davo l’impressione di odiare tutti. Ma nello stesso tempo scrivevo versi di amore prezioso.
La pioggia che inizia ci costringe ad entrare nella chiesa di San Davide. Stranamente, era aperta e non c’era nessuno. Si avvicina per guardare le icone. Annerite dalla fuliggine, si siede. E dice. Ho sete. Gli porto dell’acqua. La pioggia mi aveva dato l’acqua che cercavo. Mi trovo davanti un bicchiere.
Molti mi hanno amato, ma nessuno mi ha capito. Dice. Ho descritto l ‘innocenza e l’orrore della malvagità. Ho descritto la solitudine e l’indifferenza dell’uomo verso il mondo. L’amore di cui non conosciamo ancora l’esistenza. L’eiaculazione perfetta. L’erezione perfetta. I serafini della rivoluzione. Oh, quanto ho amato i poveri, gli umili. Questi pochi che salvano il mondo.
Oh, quanto ho amato l’Africa! La sua fame, le sue malattie. I visi scheletrici. I corpi smaterializzati. È possibile che ai nostri giorni succedano cose come queste? Non c’è nessuno? Non capisce nessuno? Muoiono a migliaia e nessuno si commuove?
Molte volte avrei voluto essere una farfalla, volare per 48 ore e poi morire. Non avrei visto nulla, avrei visto tutto.
Ho amato la pioggia. I fulmini. L’acqua. La notte illuminata a giorno dai fulmini. Non potrei sopportare oggi tutti questi supermercati, i fast food, le discoteche da 5.000 persone. Li ignorerei e preparerei il nuovo Salò. No, non ho cercato onori eppure li ho avuti. Ho insistito sull’amore. Nei miei scritti ne parlo ovunque. Lo consideravano una panacea. Una speranza. Non lo so, da Romano ho esagerato. Mi nascondevo perché non trovavo altra soluzione.
Usciamo dalla chiesa di San Davide. Ha smesso di piovere. Nessuno per le strade, da nessuna parte. Camminiamo sotto i portici. Ci dirigiamo verso il fiume Vardaris. Roma, Costantinopoli, Salonicco. La Nuova Roma, dice. Una città costruita sulle antichità romane. In alcuni punti le antichità respirano. Sono visibili.
Mi chiede un cinema ‘speciale’. Non voglio una sala con amplificatori e audio eccezionale. Non voglio velluti e faretti all’ingresso. I morti non hanno bisogno di lussi. Non capiamo il rumore.
Entriamo nel cinema più ‘speciale’. Nessuno nella sala vuota. Nessuno nei bagni. La fine del mondo. Dice. Andiamo via.
A mezzogiorno ci troviamo a casa di Susanna. La ottantacinquenne vecchia cantante delle balere, dei cabaret, stava raccogliendo i vestiti che aveva steso. Li devo rilavare. Dice. La pioggia che oggi è caduta a Salonicco veniva dall’Africa. Ho preparato il pollo con i gombi. Sto aspettando anche Lily. Mangeremo tutti insieme. Il tuo amico sembra stanco. Si chiama Pier Paolo? Gli preparo il letto per farlo sdraiare. E dopo che avrà dormito, ci racconterà cosa ha visto. Dice.
La porta si apre e per primo entra Pier Paolo. Io mi siedo nell’ingresso. Non parla. Non apre bocca. Tutto quello che sentivo glielo mettevo io sulle labbra. Perché sulle labbra aveva un sorriso e sembrava che stesse facendo un sogno strano.
E Ipnos, il dio del sonno che lo aveva vinto lo teneva per sempre con sé. Ipnos, fratello della morte, donagli pace in questo viaggio. Ho detto, e mi sono svegliato.
L'autore
- Giorgia Karvunaki è nata in Grecia, a Creta, a Canea. Ha studiato in Italia Lingua e cultura italiana per stranieri, Scienze Politiche - Indirizzo Internazionale, Insegnamento dell'italiano come LS, Sceneggiatura e in Grecia Traduzione - Traduttologia. È membro associato e National Convener per la Grecia dal 2007 della Commissione internazionale per la storia delle istituzioni rappresentative e parlamentari (ICHRPI), Rappresentante accreditata del Nosside, Premio Internazionale di Poesia (Unesco) e Membro dell'International Theatre Institute (ITI). Vive ad Atene dove lavora come insegnate, traduttrice, promotrice culturale e ricercatrice storica. Le sue traduzioni, le sue interviste e i suoi articoli, sono stati pubblicati in riviste cartacee ed elettroniche in Grecia, in Italia e in Romania. Le sue traduzioni di opere teatrali sono state messe in scena in Grecia e in Italia. Nel 2018 è stata premiata dall'Istituto Italiano di cultura di Atene con il ‘Premio Luigi Pirandello’.
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