Nella Premessa al volume Arti a confronto (2004), Festschrift per la giubilazione di Anna Maria Matteucci Armandi, classe 1931, docente emerita dell’Alma Mater, Università di Bologna, Deanna Lenzi, la curatrice, nel suo stile asciutto ed elegante, ripercorre le tappe della carriera della collega e i suoi interessi di ricerca, studiosa apprezzata e ben nota pure all’estero, ancora oggi “indomabile”. Viene giustamente ritenuta fondatrice degli studi di storia dell’architettura, un campo a Bologna storicamente poco frequentato, di cui la Matteucci, dapprima sulla cattedra di Storia dell’arte medievale e poi moderna, ne ha ricoperto la cattedra specialistica, in seguito divenuta titolare pure Deanna Lenzi.
Preme ancora sottolineare l’insistenza con cui Anna Maria ha pervicacemente ripercorso il lavoro di architetti e decoratori bolognesi all’estero, aprendo inesplorate piste di ricerca in saggi come Giovan Francesco Grimaldi et la France (1990), sugli Architetti italiani alle corti d’Europa, nella mostra dedicata a Gli architetti italiani a San Pietroburgo (1996), o nel catalogo Dal mito al progetto la cultura architettonica dei maestri italiani e ticinesi nella Russia neoclassica (2003).
Ma non è solo l’architettura il suo campo di indagine e il Settecento il secolo da lei più interpretato: sono di rilevante importanza anche i suoi lavori di architettura sul Seicento come pure gli studi sui giardini. L’interesse per i giardini e per gli spettacoli si sono uniti nel contributo sull’attività dell’architetto Gaspare Vigarani, celebre per essere stato chiamato a Versailles per costruirvi il teatro di Luigi XIV.
Il suo impegno non si esaurisce nella ricerca, ma trova piena espressione nella sua militanza in favore della salvaguardia dei beni architettonici e artistici non solo della sua città. Fondatrice nel 1960 della Sezione di Bologna di Italia Nostra, ha quasi sempre fatto parte del Consiglio Direttivo, anche con la carica di Vicepresidente, contribuendo fattivamente a molte importanti azioni per la tutela del patrimonio artistico e ambientale bolognese e non solo.
Nel 2014 Anna Maria è stata insignita del prestigioso premio internazionale “Giacomo Quarenghi”. Indomita, la Titti, come da sempre viene affettuosamente chiamata, ha volto poi lo sguardo alla storia della famiglia, ricostruendo il rapporto con il fratello, Nicola Matteucci, docente dell’Università di Bologna, illustre politologo, fra i fondatori della rivista il Mulino, accanto alla quale poi sorse l’omonima casa editrice, crogiolo delle migliori menti non solo universitarie. Il libro Nicola Matteucci, mio fratello è di recente pubblicazione per i tipi del Mulino (2023) ma Titti non è ancora appagata. Sempre più indomita, sta ora proseguendo nell’analisi della sua famiglia alla quale dedica le sue maggiori energie.
Hai iniziato con l’occuparti di pittura, poi sei passata all’architettura, quindi alle indagini sull’alleanza delle arti sorelle e agli studi sulla grande decorazione. Ci puoi raccontare l’evoluzione del tuo percorso di ricerca così ricco e denso, sempre nuovo per il lettore e/o consultatore?
Come già hai ricordato nelle mie notizie biografiche, mi sono laureata con una tesi sul pittore Bernardo Strozzi ma ben presto mi sono resa conto che l’architettura era passata in secondo piano nel periodo longhiano, così, invece di approfondire e pubblicare il mio lavoro su Strozzi come mi era stato richiesto, preferii rivolgere i miei interessi alle tematiche e agli autori meno conosciuti del campo architettonico che ritenevo ugualmente importanti; sono nati così i volumi su Dotti e Morelli. E’ poi stata una conseguenza che definisco inevitabile il rivolgere i miei studi alla quadratura, in quanto diversi architetti bolognesi nascono come scenografi, basti ricordare i Bibiena. Questa loro specializzazione, li portò ad essere richiesti nelle maggiori corti europee e non solo; e debbo dire che soprattutto l’Accademia Clementina, istituendo l’insegnamento di Architettura per i soli aspiranti “architetti disegnatori”, in prospettiva fece molto per questo genere artistico. È qui che si salda lo studio che da Bologna, si intreccia con molte realtà estere, consentendo di valicare gli stretti confini della storia locale. Debbo dire che l’Alma Mater, Università di Bologna, nell’istituire la cattedra di Architettura ha fatto molto per la paternità e per la promozione di questa disciplina.
Hai contribuito e non poco, da socia attiva di Italia Nostra, curatrice sempre in prima linea dei beni storici e architettonici, a contrastare e impedire scempi non solo a Bologna, la tua città. Quali le azioni di salvaguardia più importanti da te compiute?
Come hai ricordato sono stata fondatrice della sezione bolognese di Italia Nostra. Sono numerose le antiche case bolognesi del centro storico “salvate” grazie alla nostra opera di convincimento rivolta sia verso il Comune che verso l’opinione pubblica. L’attività della nostra associazione consisteva in particolare nell’intervenire sulla stampa locale contribuendo al dibattito, a volte molto acceso, ed esprimendo i nostri giudizi sul da farsi e su come intervenire. L’azione della locale Italia Nostra non era e non è diretta solo verso gli immobili di qualità, ma su tutti i cosiddetti beni culturali, nozione che ha avuto a Bologna grandi padri. Siamo così riusciti a salvare anche la maggior parte del vivaio storico della ditta Ansaloni, che si stava già operando per demolirlo con l’obiettivo di costruirvi un nuovo insediamento abitativo, perorando la causa di trasformare in verde pubblico quel patrimonio il cui valore stentava a essere compreso.
Porti diversi cognomi oltre a quelli con cui ti ho presentato. Sono di famiglie nobili, da dove spiccano personalità anche del mondo politico. Come ti rapporti agli esponenti con cui sei imparentata? Quali privilegi danno oggi, ammesso che ce ne siano, i tuoi cognomi così autorevoli? In ultimo, è stata anche un fardello la tua nobiltà?
I miei quattro cognomi, seppure così autorevoli, non mi hanno mai dato alcun privilegio, anzi, debbo dire che il quadrinomio a volte è stato pesante da sopportare per i disguidi che si possono verificare in molti ambiti della vita quotidiana, tanto che i miei nipoti stanno pensando di toglierne due. Il più antico, quello dei Trotti, affonda le radici nei primi secoli dopo il Mille quando un figlio della famosa “medichessa delle donne”, “madama Trotta”, si traferì a Ferrara. Poi subentrarono gli Avogli, cantanti nei poemi cavallereschi di corte. Circa a metà Ottocento fu la volta degli Armandi dai bollenti spiriti garibaldini. Infine, i Matteucci di cui il noto esploratore Pellegrino Matteucci è illustre componente; fu infatti il primo ad attraversare tutto il continente africano a nord dell’equatore. È stata mia nonna Giulia Matteucci Armandi Avogli Trotti a far sì che la Consulta Araldica riconoscesse a tutti e tre i suoi figli e anche ai loro figli, indistintamente sia che fossero maschi o femmine, di continuare a portare tutti e quattro i cognomi.
Stai proseguendo nell’analisi della documentazione per giungere a un altro importante traguardo: la storia della tua famiglia. Chi, dei tuoi avi e parenti, ha avvertito il bisogno di non dissipare il corpus della documentazione prodotta in vita? Si parla sempre più spesso di archivi di famiglia: quali carte sono giunte fino a te e dove sono o dove andranno depositate?
Come ti ho già accennato, la storia della mia famiglia, proprio per la sua antichità e ramificazione è assai complessa da ricostruire sulla scorta della documentazione d’archivio; tuttavia, spero che il mio impegno veda la luce entro il 2024. Per la parte più antica, le notizie provengono per la maggior parte dalle carte dell’archivio della famiglia Avogli Trotti conservate in ben 47 faldoni, sempre gelosamente custoditi, anche a fronte di guerre e cambi d’abitazione, dal ramo del fratello del padre della mia trisnonna, in quanto era rimasto presso la residenza famigliare ferrarese quando suo fratello Leonardo si trasferì nell’avito palazzo di Massa Lombarda probabilmente anche a causa delle differenti idee politiche. I documenti Matteucci e Armandi, come quelli Avogli Trotti, che si conservavano nel palazzo della cittadina romagnola purtroppo sono andati distrutti durante l’ultimo conflitto mondiale. Sono pochi, perciò, i documenti che conservo. Debbo confessarti che non ho ancora deciso dove depositare il mio archivio.
L'autore
- M. G. Tavoni, già professore ordinario di Bibliografia e Storia del libro, è studiosa con molti titoli al suo attivo. Oltre a studi che hanno privilegiato il Settecento ha intrapreso nuove ricerche su incunaboli e loro paratesto per poi approdare al Novecento, di cui analizza in particolare il libro d’artista nella sua dimensione storico-critica. Diverse sono le sue monografie e oltre 300 i suoi scritti come si evince dal suo sito www.mariagioiatavoni.it
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