Teresa Agovino si è addottorata in Letterature Romanze presso l’Università ‘Orientale’ di Napoli con una tesi incentrata sulle riprese manzoniane nel romanzo storico del Novecento. Attualmente insegna presso l’Università Mercatorum (Roma), Università Telematica Pegaso (Napoli) e SSML Internazionale (Benevento). Si occupa principalmente di Primo Levi, Giancarlo De Cataldo, Andrea Camilleri e del modello manzoniano nella letteratura del XX-XXI secolo. Ha pubblicato i volumi Dopo Manzoni. Testo e paratesto nel romanzo storico del Novecento; Elementi di linguistica italiana (Sinestesie, Avellino); I conti col Manzoni (La scuola di Pitagora, Napoli) e “Non basta essere bravi. Bisogna essere don Rodrigo”: Social, blog, testate online, Manzoni e il grande pubblico del web (Armando editore, 2023). Di prossima pubblicazione «Sotto gli occhi benevoli dello stato». La banda della Magliana da Romanzo criminale a Suburra (La scuola di Pitagora, 2024).
Innanzitutto, carissima Teresa la ringrazio per aver accettato di parlare al pubblico di Insula europea del suo nuovissimo libro “NON BASTA ESSERE BRAVI. BISOGNA ESSERE DON RODRIGO!” Social, blog, testate online: Manzoni e il grande pubblico del web, edito per Armando Editore. Qual è stata la motivazione principale o l’interesse che ha guidato la sua decisione di esplorare la ricezione di Manzoni sul web, tenendo conto del panorama contemporaneo dei social media e delle dinamiche della comunicazione online?
Grazie Anna per questa intervista e per questa domanda in particolare, è un punto che mi preme particolarmente specificare. È iniziato tutto nel pieno della pandemia di Covid-19 quando, riaprendo i capitoli XXXI e XXXII dei Promessi sposi, quelli prettamente storici dedicati all’evoluzione dell’epidemia di peste nel milanese, mi sono accorta che i riferimenti giornalistici al romanzo erano per lo più generici o riportati in forma errata e che la reale corrispondenza tra le nostre testate e il capolavoro manzoniano risiedeva proprio in quei due capitoli non romanzati che sospendevano le peripezie di Renzo e Lucia e guardavano a Tadino e Ripamonti. Di fatto, Manzoni aveva raccontato l’evoluzione sociale ed economica dell’epidemia del secolo Decimosettimo e le maggiori e minori testate nazionali seguivano, senza saperlo, giorno dopo giorno, il suo medesimo schema: dal lockdown al recovery found, mutatis mutandis, ogni passaggio era già lì, nero su bianco; bastava cercarlo. Ho avviato così alcuni seminari e convegni di confronto tra l’antico e il moderno e ho potuto constatare che l’argomento suscitava un certo interesse tanto tra gli studenti quanto in ambiti più strettamente accademici.
A quel punto mi sono chiesta – al netto anche di un centocinquantesimo anniversario della morte di Manzoni in arrivo – cosa fosse effettivamente rimasto delle lunghe ore scolastiche passate ad analizzare I promessi sposi nel lettore medio, quello non specializzato che aveva ormai lasciato i banchi di scuola da qualche tempo (giornalisti, medici, avvocati … il lettore di secondo livello, per dirla con Umberto Eco) e ho avuto l’idea di cercare una risposta nel mondo del web, stante anche il fatto che una ricerca di questo tipo, di fatto, mancava nel panorama manzoniano. Anche in quel caso, ho avviato un primo tentativo sperimentale, proprio in questa rivista, con un piccolo testo dedicato al mondo del calcio: l’ultimo posto in cui qualcuno si aspetterebbe di trovare Manzoni … e invece c’era!
Avuta l’idea di farne qualcosa di più grande e organico, però, dovevo innanzitutto testarne la validità: il timore che un volume di questo tipo potesse apparire in un certo qual modo “naïf”, poco credibile scientificamente, almeno in ambito accademico, era forte. Così ho immediatamente chiamato Rino Caputo e gli ho sottoposto l’idea di base e le mie iniziali perplessità in merito. Non smetterò mai di ringraziarlo: ha approvato immediatamente il progetto quando era ancora una bozza provvisoria nella mia mente; ne ha da subito riconosciuto le potenzialità … e devo ammettere che aveva ragione!
E ha avuto ragione poi anche Florinda Nardi, direttrice della collana LEA (Armando editore), cui va il mio secondo e immenso “grazie”, che ha da subito accolto favorevolmente il primo indice e la prima sinossi del volume, giudicandoli un valido contributo alla collana.
Insomma, senza il loro pieno appoggio incondizionato, probabilmente oggi mi starei ancora chiedendo se affrontare o meno la stesura di un volume sui rapporti tra Manzoni, il web e il lettore medio …
Nel corso della sua analisi sulla trasposizione di Manzoni su internet, ha notato differenze significative nella percezione dell’autore e della sua opera tra i lettori di diverse fasce di età, inclusi quelli in età scolare e coloro che hanno già completato il percorso di studi?
La principale differenza che ho potuto constatare un po’ in tutte le fasce di età analizzate, devo dire, risiede nell’apprezzamento del romanzo in età scolare: tutti coloro che a scuola lo hanno odiato ne hanno fermamente attribuito la colpa a un insegnante poco esperto o comunque scarsamente interessato a Manzoni. Per contro chi lo ha amato lo ha anche in un certo qual modo capito ma, lungi dall’elargire lodi ai propri docenti per questo, ha dichiarato di apprezzarne lingua, temi, personaggi, attualità della trama e del problema del Male… . Non credo ciò dipenda in via esclusiva dall’ingratitudine dello studente medio (che pure magari gioca un qualche ruolo, forse minore, in questa percezione); penso invece che questo tipo di risposta sia la prova definitiva che quando un testo viene ben proposto ai giovani, il docente scompare completamente dietro l’autore e tutto l’interesse del discente si concentra esclusivamente sull’opera. Mi sembra un risultato meraviglioso!
Come ha affrontato la sfida di distinguere tra la fruizione di base del testo manzoniano e quella più approfondita e accademica, considerando il contesto della sua ricerca?
Ho seguito l’esempio di Manzoni. Lui ha scritto un romanzo fruibile e godibile ad ogni livello di lettura, che non manca però di continui richiami e rimandi ai “suoi” venticinque lettori, a quella cerchia di intellettuali che poteva – e doveva – afferrarne il sottotesto, la morale, le problematiche religiose, sociali e politiche; il tutto realizzato in una lingua che fosse quanto più comprensibile possibile, anche al “ventiseiesimo lettore” della storia: Renzo. Non dico di esserci riuscita, ma sicuramente ci ho provato; dati di base i moduli manzoniani che il web offriva, ho cercato di analizzare tutto in un contesto linguistico didattico-divulgativo ma sempre alla luce della sterminata bibliografia manzoniana di tipo accademico, che si trova principalmente riportata in nota, lì dove solo gli accademici vanno effettivamente a guardare …
Nella sua analisi, ha individuato cambiamenti nelle interpretazioni accademiche di Manzoni e dei Promessi sposi negli ultimi vent’anni, soprattutto considerando l’impatto del digitale sulla semiotica discorsiva?
Ho notato una grande apertura a temi e rimandi alla più stretta contemporaneità; non solo il web ma anche il fumetto, l’audiovisivo, le digital humanities… tanto lavoro di questo genere ruota intorno ai Promessi sposi e non solo, specialmente oggi, nel centocinquantesimo anniversario della scomparsa. Da molto tempo, ormai, l’accademia italiana ha smantellato quell’idea anacronistica (e sbagliata) di “bigotto fuori tempo” che mazziniani e marxisti avevano dato di Alessandro Manzoni. Semmai, la vera sfida oggi è riuscire a trasmettere questa lettura agli studenti universitari, specie a quelli che diventeranno insegnanti e andranno a loro volta a spiegare Manzoni alle nuove generazioni. In questo senso mi sembra ci si stia muovendo molto velocemente; c’è da vedere, ora che i programmi scolastici non sono più obbligati ma solo consigliati a livello ministeriale, cosa accadrà tra altri vent’anni … insomma “Ai posteri …” (ma questo lo aveva già detto Lui!).
Potrebbe condividere alcune delle scoperte più rilevanti o tendenze che hai identificato durante la sua ricchissima ricerca sulla ricezione di Manzoni sul web, con particolare attenzione alla partecipazione attiva dei lettori e alla loro interazione con l’autore attraverso i social network?
Oltre a molta satira e parodia e a una smisurata divulgazione di passi del romanzo in periodo di Covid-19 – ciò che, tendenzialmente, ci si aspettava, due tweet (il lavoro è stato realizzato prima del passaggio di Twitter a X) mi hanno colpita in maniera particolare. Il primo è una falsa citazione dai Promessi sposi che vorrebbe (sic!) dimostrarne l’attualità in tempo di pandemia. Il tweet riportava una frase dedicata alla fuga dei nobili nelle campagne (il che al manzonista viene già in sospetto poiché né Rodrigo, né l’innominato, né Gertrude si spostano mai dai loro palazzi o conventi) in una lingua che, tra l’altro, tutto appare fuorché manzoniana. Il dato sconcertante è che questo post ha visto una tale condivisione da parte degli internauti da aver richiesto finanche l’intervento del sito BUTAC (Bufale Un Tanto Al Chilo) per tentare di frenare l’ondata di re-tweet del popolo del web. È un fatto molto comico, se si pensa che sarebbe bastato rileggere proprio i capitoli XXXI e XXXII per non aver bisogno di alcuna falsificazione del romanzo!
L’altro è un tweet in difesa della senatrice Segre, attaccata dagli hater all’alba del vaccino contro il Covid-19. In difesa della donna, un internauta augura agli odiatori la stessa sorte di don Rodrigo. Trovo questo tweet utilissimo alla didattica poiché da un lato tocca temi attualissimi come hate speech, cyber bullismo, violenza verbale nei social; dall’altro aiuta i più giovani a una comprensione a tutto tondo di Manzoni e del suo romanzo: augurare a qualcuno di finire come don Rodrigo implica una lettura parziale e fuorviante della storia del signorotto. Don Rodrigo, morente in lazzaretto, non solo viene perdonato da Renzo prima che egli possa effettivamente vederlo (e, quindi, sapere che non è più in grado di nuocergli) ma è al centro delle preghiere che il giovane e il padre Cristoforo gli dedicano, nella speranza che la sua anima, nonostante tutto, possa ancora salvarsi dall’eterna dannazione. “L’uomo manzoniano non soccombe”, ebbe a dire a giusta ragione Carlo Bo, “nemmeno quando si chiama Rodrigo. È un atto di sublime rispetto”.
Data l’importanza sempre crescente del digitale nella comunicazione contemporanea, in che modo pensa che la ricezione di Manzoni su internet abbia influenzato o possa influenzare la percezione collettiva dei Promessi sposi e della letteratura italiana in generale?
Leggere il romanzo. È questa la sola e unica chiave di volta per una vera comprensione di Manzoni oggi. Che vuol dire una comprensione a tutto tondo dell’interiorità dell’animo umano, della società in cui viviamo, del problema del Male, tutto contemporaneo e non solo. Non parlo di antologie o di letture scolasticamente forzate (piacciano o meno ai discenti) o comunque imposte dall’alto. I promessi sposi vanno riletti o, meglio, vanno letti davvero, dal principio alla fine (fine che, per inciso, è condensata nella Storia della colonna infame). In ciò il web può invogliare certamente il lettore medio: ben vengano satira, vignette, post social, tweet, blog, ironia, parodie se poi conducono chi ha ormai lasciato la scuola a una rilettura integrale del romanzo, di quel romanzo che, come giustamente afferma Roberto Bizzocchi in un recente (e meraviglioso) saggio, ha fatto l’Italia.
Nel suo libro, ha individuato esempi specifici di come il pubblico interagisce con l’opera di Manzoni attraverso i social media e altre piattaforme online? Ci sono casi particolarmente intriganti di riadattamento o reinterpretazione da parte dei lettori come quelli sul calcio che vuole condividere con noi?
In questo campo certamente la satira e la parodia sono gli ambiti più ricchi di spunti. Il mondo del calcio, con buona pace degli interisti, al grido di “Manzoni era juventino” ormai da vent’anni, ogni cinque maggio riporta in luce la celebre ode dedicata alla morte di Napoleone per rivendicare uno scudetto strappato dalla Juventus alla squadra meneghina nel 2002. Ovviamente in questi casi non si va oltre il titolo della poesia o poco più, al massimo qualche verso sparso, a mo’ di sfottò tra tifoserie. Eppure anche questo, in fondo, è Manzoni nella coscienza nazionale: uno che se dici “cinque maggio” non puoi non nominare.
Anche in relazione al tema del matrimonio, ad esempio, la satira si è divertita moltissimo e continua a divertirsi; penso su tutte alla pagina del Grande Flagello che, all’alba della proposta della Lega – immediatamente rigettata in Senato – di offrire ventimila euro a coloro che si fossero sposati in chiesa, posta la copertina dei Promessi sposi nella nota edizione Oscar Classici Mondadori, con il ritratto dell’autore firmato da Hayez e esposto alla Pinacoteca di Brera, titolandola I promessi ventimila euro, giocando così tanto sul titolo del romanzo (“promessi” e mai elargiti), quanto sulla macrotrama matrimoniale della storia. Insomma, non solo “cinque maggio”; anche se dici “matrimonio” in Italia, il riferimento satirico finisce sempre per colpire lì…
Quali sono le sue prospettive per il futuro? Potremo leggere ancora qualcosa su Manzoni?
Ho conosciuto Manzoni quando avevo 12 anni, in un’antologia delle scuole medie che riportava il celebre passo del tradimento del Griso del capitolo XXXIII; da allora, di fatto, non lo ho mai lasciato, né ho intenzione di farlo e, anzi, mi stupisce scoprire quanto ancora non so e quanto sto imparando, anno dopo anno, ascoltando lezioni e seminari di chi davvero lo conosce a fondo, come i professori che incontro alla Summer School Internazionale in Studi Manzoniani o quelli impegnati nei Pomeriggi manzoniani a Milano, dove fuggo ogni volta che posso. Quando Mauro Rossetto mi ha invitata a Lecco per il Festival Manzoniano di quest’anno stentavo a crederci … (ma veramente vuole me?!).
Penso, comunque, che chi nasce manzonista, muore manzonista. Ad oggi, per esempio, ho in cantiere un volume su Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo, che uscirà intorno al prossimo gennaio e che contiene un capitolo dedicato proprio ai rapporti con il Manzoni della Colonna infame.
Alessandro Manzoni, in fondo, è così: non lo si può in alcun modo ignorare; lo si odia o lo si ama e in questo secondo caso è un amore che dura per la vita.
In futuro, chi lo sa, magari appena mi verrà un’altra idea folle telefonerò di nuovo a Rino … l’ultima volta mi ha portato bene!
L'autore
- Anna Raimo è nata a Pisa il 25 dicembre 1995. Laureata magistrale con il massimo dei voti in Linguistica e didattica dell’italiano nel contesto internazionale presso l’Università degli Studi di Salerno e l’Universität des Saarlandes di Saarbrücken, ha in seguito conseguito un Master di II Livello in Didattica dell’Italiano L2 presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. I suoi interessi di ricerca spaziano dalla linguistica e didattica della lingua italiana alla storia, letteratura e poesia contemporanea. Si è infatti occupata dell’italiano dei semicolti nella sua tesi di Laurea Magistrale e ha recentemente pubblicato un articolo su una particolare varietà della lingua italiana: "L’e-taliano: uno scritto digitato semifuturista?", in (a cura di S. Lubello), Homo scribens 2.0: scritture ibride della modernità, Franco Cesati Editore, Firenze 2019, pp. 159-164. Tra i suoi autori preferiti vi sono Mario Vargas Llosa, Jung Chang, Philip Roth, Azar Nafisi, Orhan Pamuk, Anna Achmatova, Rainer Maria Rilke, Federico García Lorca, Alda Merini, Bertolt Brecht e Wisława Szymborska. Le sue passioni sono la lettura, la scrittura di poesie e i viaggi, soprattutto in Germania, paese di cui adora la storia, la cultura, l’arte e i magnifici castelli.
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