Abstract
Il patriota del Risorgimento Antonio Panizzi (Brescello [Reggio Emilia] 1797 – Londra 1879; la foto è di repertorio) è noto nella cultura anglo-sassone per essere stato il Principal Librarian della Biblioteca del British Museum, nel quartiere di Bloomsbury, distretto di Camden. Oggi nella sede storica di Great Russell Street resta il British Museum, mentre dal 1997 la British Library è ubicata nella vicina St Pancras, distante venti minuti a piedi. In Italia la Biblioteca comunale di Reggio Emilia è intitolata Biblioteca Panizzi per ovvi motivi di natura anagrafica.
L’esule Panizzi, dopo un breve soggiorno in Svizzera, riparò in Inghilterra nel maggio 1823 per sfuggire alla condanna “in effigie” comminata dal Duca di Modena e Reggio Francesco IV per attività cospirative, in seguito soprattutto all’uscita “alla macchia” del pamphlet, «pubblico e insolente atto di accusa contro il suo sovrano e governo», Dei processi e delle sentenze contra gli imputati di lesa maestà e di aderenza alle sette proscritte negli Stati di Modena, con falso luogo di stampa (Madrid, recte Lugano 1822), ma con il nome di Panizzi sul frontespizio. Il libello, dopo aver suscitato una vasta eco internazionale, fu ripubblicato quasi vent’anni dopo la morte di Panizzi, a Roma nel 1897 in una celebre riedizione curata per la Società Dante Alighieri da Giosue Carducci con il titolo: Le prime vittime di Francesco IV Duca di Modena.
All’inizio del soggiorno inglese, con prima residenza a Liverpool, per mantenersi Panizzi insegnò l’italiano agli inglesi amanti della civiltà del Rinascimento. In seguito, una volta stabilitosi nella capitale, quell’esperienza gli sarebbe stata utile per ricoprire la cattedra di Lingua e letteratura italiana della neonata University College of London (l’odierna UCL). Per l’insegnamento egli curò nel 1828 la redazione di una grammatica e di due antologie di prosa di letteratura italiana con prefazioni in inglese; di una è disponibile la digitalizzazione: Extracts from Italian Prose Writers for the use of students in the London University.
«Panizzi era uomo d’una mole fisica poderosa, che per ciò appunto pareva poco italiana in Inghilterra» (Carlo Dionisotti, Panizzi esule, 1980), e fu anche questo aspetto che contribuì all’innesco di una brillante carriera, a differenza della condizione «di addolorati e di infelici» – l’espressione è di Giuseppe Pecchio, biografo di Foscolo cioè del più illustre degli espatriati italiani presenti in Inghilterra – che caratterizzava perlopiù i molti esuli italiani sparsi per l’Europa. Infatti l’autore dei Sepolcri «non intendeva parimenti che la libertà delle opinioni, e l’emulazione delle sètte che le professano, siano la vita delle nazioni libere. […] L’esilio pareva a Foscolo sventura senza compenso. […] Ma le speranze a cui Foscolo sembrò farsi cieco, si rivelarono ad altri, che si erano nutriti di quelle eloquenti pagine ch’ei scriveva gemendo» (Carlo Cattaneo, Ugo Foscolo e l’Italia).
Tra gli ‘altri’ esponenti della nuova generazione di esuli, Panizzi ebbe una integrazione nella società inglese sorprendentemente rapida, grazie anche a delle amicizie importanti strette tra gli Italianisants della buona società londinese, sia di parte Whig che Tory. Ci fu poi la rivalità con un altro espatriato famoso, Gabriele Rossetti da Vasto, dapprima per il ruolo nella cattedra universitaria di Lingua e letteratura italiana, poi nel campo degli studi danteschi, dove lo spirito pragmatico di Panizzi venne ai ferri corti, attraverso delle recensioni severe, con le «strange fancies» del “Comento analitico” alla Divina Commedia pubblicato in 2 voll. nel 1826-27 da Rossetti.
Il battesimo di Panizzi nella dantistica era avvenuto con la collaborazione all’ambizioso piano dell’opera in cinque volumi sulla Divina Commedia progettata da Ugo Foscolo. Era uscito solo il primo volume: Discorso sul testo e su le opinioni diverse prevalenti intorno alla storia e alla emendazione critica della Commedia di Dante (London: Pickering, 1825). Lavoro che fu apprezzato da Panizzi in una recensione uscita sulla «Westminster Review» del gennaio 1827. Il quale poi volendo contribuire fattivamente al prosieguo del lavoro si offrì di condurre al servizio di Foscolo degli spogli dei codici della Commedia (usando come testo di collazione il poema «giusta la lezione del codice Bartoliniano», stampato a Udine negli anni 1823-28, ma solo per la prima cantica) presenti nell’antica università di Oxford, presso la Bodleian Library, e a Holkham Hall, nel Norfolk, vicino Norwich, sulla costa est dell’isola. Manoscritti preziosi che in parte Panizzi si ritroverà a gestire da bibliotecario alla British Museum Library dopo che saranno incamerati con acquisti o per lascito testamentario dei loro proprietari.
Panizzi entrò nell’organico della Biblioteca del Museo Britannico nel corso degli anni ’30 in pianta stabile; e percorrerà i gradi della carriera fino a diventare uno straordinario direttore, etichettato come Promethean per la durezza eccezionale della sua tempra e per le doti organizzative. In tarda età Panizzi entrò nella galleria di ritratti del selfhelpismo ottocentesco, compilata da Michele Lessona nel suo fortunatissimo libro Volere è potere (1869), quale precursore di un’Italia unita pacificamente laboriosa e industriosa.
A Panizzi furono intestate, per il ruolo di coordinamento che aveva avuto nella stesura, le 91 Rules per la compilazione del catalogo nominale o alfabetico delle raccolte di una biblioteca, una pietra miliare della storia della bibliografia. Sotto la sua direzione l’istituto bibliotecario della Montagu House attraversò un periodo cruciale dal punto di vista dell’incremento delle collezioni. Inoltre con la biblioteconomia che andava ponendo le prime basi scientifiche moderne, molte iniziative e ricadute positive per quella disciplina si ebbero proprio all’interno della Biblioteca del Museo Britannico; per esempio i criteri di accesso e di servizio di pubblica lettura per la cittadinanza modernamente democratici, simboleggiati dalla Reading Room a pianta circolare e costruita tra il 1854 e il ’57 con materiali moderni quali il cemento, il vetro, il rame e la ghisa.
Per la sua professione di bibliotecario di successo è comprensibile che nel tempo sia passata in secondo piano l’attività del Panizzi professore di italianistica, soprattutto da noi in Italia, nonostante le puntuali e ripetute memorie di un altro italiano trapiantato in Inghilterra: Carlo Dionisotti (il contributo con il titolo appena citato in corsivo risale al 1979-80), o di William Spaggiari, Panizzi e l’Orlando innamorato (1987); sfogliando gli Atti di un convegno di studi del 1982 si trova il contributo su Panizzi dantologo di Enzo Esposito. Partendo da quei fondamentali scritti il saggio che si presenta rimette in ordine le tappe degli studi e delle acquisizioni di Panizzi per la conoscenza e l’edizione di due autori classici delle nostre lettere in due secoli distinti: l’aureo Trecento e l’argenteo Quattrocento.
L’approccio da filologo autodidatta di Panizzi portò infatti alla pubblicazione in Inghilterra delle poco note e ricordate, almeno in Italia, edizioni dell’Orlando innamorato (1830-31), in dittico con il Furioso di Ariosto nel 1834, per complessivi nove volume; e dei Sonetti e canzone (1835), titolo che raccoglie le rime di Boiardo. Tali edizioni sono ritenute dagli specialisti contemporanei – Antonia Tissoni Benvenuti e Cristina Montagnani curatrici dell’Inamoramento de Orlando per Ricciardi nel 1999; Andrea Canova editore della stessa opera nel 2011 per Einaudi; Tiziano Zanato curatore degli Amorum libri tres nel 2002 per le Edizioni di Storia e Letteratura – ancora utili per l’acuta attenzione riservata da Panizzi, in anticipo sui tempi, verso il colorito padano degli originali perduti delle stesure di Boiardo (secondo la prospettiva di una storia della lingua articolata in koinè macroregionali).
Il metodo filologico di Panizzi, per forza di cose pre-scientifico, si reggeva in parte su un approccio sentimentale e intuitivo; quasi “d’istinto” (così ha scritto Pier Vincenzo Mengaldo a proposito dell’opera lirica di Boiardo scritta in una lingua che rifiuta l’«adesione intera ad una norma»), con l’orecchio teso al «dialect of my province» e l’occhio del bibliofilo rivolto agli aspetti materiali delle prime edizioni a stampa, piuttosto che su questioni di ecdotica a stretta base stemmatica.
Un ultimo contributo Panizzi diede agli studi danteschi firmando la prefazione all’edizione sinottica dei primi quattro incunaboli stampati della Divina Commedia. La pubblicazione ideata un decennio innanzi ricevette il finanziamento di Lord Vernon, un dantofilo di lungo corso, e fu stampata nel 1858 in tiratura di cento esemplari.
Il paper che si presenta è frutto dei materiali raccolti e discussi in forma di diapositive e di relazione ad ALMA Dante 2019, l’appuntamento a cadenza biennale che riunisce nella splendida città che fu l’“ultimo rifugio di Dante” tutta la comunità internazionale degli studiosi e amanti di Dante Alighieri. Dopo l’edizione del centenario 2021, gli studiosi si ritroveranno al prossimo appuntamento del 2023 per confrontarsi e scambiare le ultime prospettive e acquisizioni nel ricco e sempre irriguo campo degli studi danteschi.
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L'autore
- Lavora presso la Biblioteca Umanistica dell'Università degli studi di Firenze. Svolge attività di ricercatore indipendente, dopo aver conseguito la laurea in Lettere moderne, con una tesi di laurea di Storia dell'editoria. Dottore di ricerca in Scienze bibliografiche alla Università di Udine (XVII ciclo), con un progetto sulla figura di Guido Biagi e la biblioteconomia in Italia tra XIX e XX secolo, volume uscito per l'Associazione Italiana Biblioteche, Roma 2017. Dottore di ricerca in Filologia e Critica delle letterature antiche e moderne alla Università di Siena 1240 (XXVIII ciclo) con l'edizione del carteggio tra Ernesto G. Parodi e Pio Rajna (in corso di pubblicazione). La sua produzione scientifica è disponibile su https://unifi.academia.edu/RossanoDeLaurentiis .
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