Nuno Júdice è nato a Mexilhoeira Grande, Algarve, nel 1949. Si è laureato in Filologia romanza presso la Facoltà di Lettere di Lisbona e ha conseguito il dottorato di ricerca in Letterature romanze comparate presso la Facoltà di Scienze Sociali e Umane dell’Universidade Nova de Lisboa, dove è stato professore dal 1976 fino al suo pensionamento nel 2015. Dal 2009 è direttore della rivista “Colóquio-Letras” della Calouste Gulbenkian Funação. Ha pubblicato libri di poesia, narrativa, saggistica e teatro, mentre il suo primo libro, Una nozione di poesia, è del 1972. La sua poesia è stata raccolta due volte: nel 1991 l’Obra poética (1972-1985) presso Quetzal, e nel 2001 Poesia reunida. 1967- 2000 per Dom Quixote. È tradotto in molte lingue, tra cui spagnolo, francese, italiano e inglese. Lavora regolarmente anche come traduttore di poesie, tra le quali un’antologia di 100 anni di poesia colombiana, antologie di Alvaro Mutis, Pablo Neruda, Emily Dickinson e diverse opere teatrali. Coordina i Seminari collettivi di traduzione della Fundação Casa de Mateus. Ha ricoperto alcuni incarichi nella diffusione della cultura e della letteratura portoghese, come il coordinamento per l’area linguistica del Padiglione portoghese all’Esposizione Internazionale di Siviglia, nel 1992, il ruolo di Commissario per la Letteratura con il Portogallo come paese ospite al Libro Fiera di Francoforte, nel 1997; ha svolto le funzioni di Consigliere Culturale dell’Ambasciata del Portogallo in Francia, tra il 1997 e il 2004, dirigendo anche il Centro dell’Instituto Camões di Parigi. Il suo lavoro poetico è stato ampiamente premiato in Portogallo e all’estero, con il XXII Premio Reina Sofía per la poesia Iberoamericana che si è distinto nel 2013 per tutto il suo lavoro. In Messico, ha ricevuto nel 2014 il Latin World Poets Award e nel 2017 il Juan Crisóstomo Doria Humanities Award, assegnato dall’Università Autonoma di Hidalgo. Sempre nel 2017 gli è stato conferito il Premio Camaiore, uno dei più prestigiosi premi di poesia in Italia.
Nuno Júdice parteciperà all’EcoReading del Festival europeo di poesia ambientale, che avrà luogo venerdì 5 novembre alle 21 (ora italiana). A lui, come agli altri ospiti dell’evento, ho rivolto le medesime domande.
«Siamo tutti fatti di ciò che ci donano gli altri: in primo luogo i nostri genitori e poi quelli che ci stanno accanto; la letteratura apre all’infinito questa possibilità d’interazione con gli altri e ci arricchisce, perciò, infinitamente. […] Al di là dall’essere un semplice piacere, una distrazione riservata alle persone colte, la letteratura permette a ciascuno di rispondere meglio alla propria vocazione di essere umano» scriveva pochi anni fa Cvetan Todorov (La letteratura in pericolo, Garzanti, 2008). Nella sua esperienza, in che modo ritiene che la letteratura abbia contribuito alla sua formazione da un punto di vista umano?
Ho imparato a leggere con la poesia. Erano poesie semplici, prese da poeti che usavano forme popolari, con la quartina, ma trasmettevano un uso delle parole che ci diceva che c’è un ritmo e un vocabolario che va oltre l’espressione quotidiana e utilitaristica di ciò che diciamo. Questo mi ha portato a iniziare a scrivere poesie in tenera età, e a continuare a farlo finché non ho trovato il mio linguaggio e i miei temi. Sul piano umano, quello che ho imparato dalla poesia è stato quello di avere una forma di comunicazione diversa, che non è rivolta solo a coloro che sono più vicini a tutti coloro che, leggendo queste poesie, ne sono toccati.
Che cosa significa per lei, in veste di poeta, l’ambiente e quanto quest’ultimo ha inciso e incide attualmente nella sua produzione poetica?
Il mondo concreto, non il mondo astratto e ideale, è quello che sta alla base di molte delle mie poesie; e questo mondo è quello che conosco fin dall’infanzia, dove sono presenti la natura e i costumi dell’uomo nel suo rapporto con la terra. Quando leggo le poesie che ho scritto decenni fa, e guardo allo spazio che le ha influenzate in quel momento, vedo molte trasformazioni, non sempre in meglio, soprattutto quando un’urbanizzazione che, fino a poco tempo fa, era incontrollata, ha eliminato molti paesaggi naturali. Anche la consapevolezza della vita naturale si è allontanata dalla nostra quotidianità, e solo le catastrofi hanno aiutato a ricordarci che se le civiltà sono mortali, la responsabilità è spesso nostra.
Ritiene che la poesia ambientale possa avere un ruolo sociale?
La sua funzione è quella di darci il confronto tra ciò che sogniamo e ciò che accade nella realtà. L’ambiente è qualcosa che nasce dall’inizio della poesia, in greco antico, quando l’egloga e i poemi pastorali creavano un modello di vita che, anche quando viviamo in uno spazio urbano, ci regala questo orizzonte di utopia di un mondo perfetto. Forse è questa poesia che ci permette di vedere cosa perdiamo quando, per ragioni economiche a breve termine, accettiamo la distruzione della natura.
Un’ultima domanda. La questione dell’ambiente pone, di riflesso, un dilemma esistenziale: il binomio cura-comprensione si scontra con l’idea dell’annientamento, con il dramma dell’estinzione. Può il linguaggio poetico focalizzare tutto questo?
Qui siamo di fronte a grandi questioni che forse non si adattano a ciò che la poesia rappresenta, nella sua connessione con l’essere individuale, con il soggetto poetico e il suo mondo riservato. Credo che tocchi alla scienza di attirare l’attenzione su questo rischio di distruzione ambientale; ma può esserci una conciliazione tra scienza e poesia, ed è in questa armonia che il poeta può aiutare a vedere la realtà nella sua dimensione tragica in molte parti del globo.
In collaborazione con Sapereambiente
L'autore
- Carlo Pulsoni è il coordinatore di Insula europea (http://www.insulaeuropea.eu/carlo-pulsoni/).
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