Luca Ferretti è co-direttore artistico e coordinatore del PerSo – Perugia Social Film Festival, festival internazionale di cinema documentario.
Uno sguardo prismatico sul mondo del sociale, l’idea del cinema come porta d’accesso al reale. Come nasce il PerSo Film Festival?
Nasce nel 2014 come rassegna focalizzata sulla psichiatria, guardando al cinema e al mondo da quel punto di vista. Dall’anno successivo è diventato un Festival vero e proprio, con categorie di concorso riservate alle più recenti produzioni di cinema del reale provenienti da tutto il mondo.
Il cinema documentario, che preferiamo chiamare Cinema del Reale, ha una straordinaria vitalità artistica e produttiva e la capacità di raccontare i grandi temi contemporanei con libertà espressiva e approcci fuori dai canoni usati dai vecchi e nuovi media. Una ricchezza da ricercare scoprire, valorizzare.
Non solo proiezioni, ma incontri, esposizioni. È il confronto, la condivisione, la cifra identitaria del Festival. Ti va di ripercorrerne i tracciati? Come è andato configurandosi questo aspetto?
Sin dalla prima edizione, un po’ pazza e anarchica come accade ai debuttanti, è risultato chiaro che il “fare comunità” era una delle nostre cifre, una comunità orizzontale in cui confronto e condivisione tra artisti, pubblico, appassionati e professionisti (in particolare del terzo settore) trovassero un contesto fertile.
Le pratiche del (buon) cinema del reale sono basate su valori, secondo una sorta di codice etico, come la condivisione, la fiducia e il rispetto reciproci, il mettersi in ascolto, tra i cineasti e i personaggi che diventano protagonisti delle loro opere.
Principi in un certo senso opposti a quelli del mondo della comunicazione (e non solo) mainstream. Un cinema “in direzione ostinata e contraria” è il caso di dire, e così il PerSo Film Festival. Senza tappeti rossi e sensazionalismi.
Partendo da queste cifre identitarie è venuto naturale estendere l’offerta culturale oltre le proiezioni cinematografiche: fondamentali sono per noi gli incontri di formazione e le attività dedicate allo sviluppo di nuovi film. Inoltre, gli incontri con gli autori e il cast a seguito delle proiezioni. Tante volte al PerSo i dibattiti al termine dei film (i Q&A) sono lunghi e partecipati, una caratteristica un po’ d’altri tempi del Festival e del nostro pubblico.
Dal 2020 abbiamo aperto sostanzialmente (e, credo, in modo irreversibile) all’arte contemporanea, con una mostra itinerante negli spazi d’affissione comunali, un progetto artistico pubblico in cui abbiamo coinvolto 11 artisti su un tema comune, mescolando filmmaker, videoartisti, scultori, etc. Quest’anno portiamo una selezione di opere di video artisti che hanno lavorato sull’emergenza della violenza domestica in pandemia, un progetto di grande valore artistico e sociale, in cui la convergenza tra linguaggi del cinema del reale e della video arte è sorprendente.
Trovo quella delle giurie speciali una scelta significativa. Sin dalla sua prima edizione il PerSo si è caratterizzato per questa non-convenzionalità, ponendo al centro detenuti, persone migranti, studenti. Anche qui, un continuo confronto. Che tipo di esperienza è?
In queste attività il lavoro di incontro e scambio raggiunge la sua massima valenza. Li chiamiamo progetti di ingegneria sociale, un motivo d’orgoglio per il nostro Festival. Le proiezioni in carcere e gli incontri tra il pubblico carcerario e gli autori dei film sono momenti di straordinaria intensità. E ogni anno il vincitore del premio della giuria dei detenuti (il PerSo short jail) accoglie il premio con emozione, a testimonianza del grande valore simbolico di questo incontro.
Altrettanto ricche sono state le attività con le persone migranti, che purtroppo abbiamo sospeso da 2 anni, per le difficoltà dovute al Covid e per lo sforzo organizzativo che richiedono.
La giuria degli studenti universitari è un laboratorio, ancora in fase embrionale, che vogliamo sviluppare negli anni avvenire. A dispetto dell’offerta quasi illimitata di audiovisivi a cui i giovani possono accedere, confrontarsi con la nostra selezione di film e con noi programmatori ha un valore peculiare.
In generale, ciò che conta è il percorso che viene fatto insieme a questi gruppi di “non professionisti”: un impegno continuativo che dura quasi tutto l’anno, grazie ad alcune persone dell’organizzazione che credono profondamente nella bontà di queste attività e interpreta il ruolo di mediatore culturale nel senso più alto.
I due fari della rassegna, il documentario e il corto, sono generi ancora sconosciuti, schiacciati – se vogliamo – dalla linea di demarcazione tra opere di intrattenimento e film d’autore. Il Festival si pone, in questo senso come un importante osservatorio…
É vero, sono due “generi” marginali e fino a poco tempo fa esclusi dai canali della distribuzione cinematografica e televisiva. Sono generi festivalieri. Il Cinema del reale, come ho già detto, ha grandissima vitalità in tutto il mondo. Il cortometraggio, in particolar modo quello documentario, regala opere di grande valore che esplorano mondi e linguaggi in modo sintetico. Sono una risorsa fondamentale per il lavoro con le scuole, la brevità è una caratteristica centrale della comunicazione a cui sono abituati i giovani.
E la selezione, come avviene?
La selezione dei film è croce e delizia dell’organizzazione del nostro Festival. Ogni anno vediamo tutte le centinaia di opere iscritte al bando di concorso, che promuoviamo anche frequentando i festival internazionali a noi affini. Un comitato di preselezione composta da circa 10 persone vede tutti i film, che vengono poi rivisti e discussi dal gruppo di programmazione. La selezione finale è il risultato del confronto e il dialogo (talvolta animato, puoi immaginare) tra diverse sensibilità.
Inoltre, è fondamentale mediare tra il proprio gusto e la propria ideologia (cinematografica e politica) e la funzione di mediazione con il pubblico che appartiene al ruolo del programmatore. Il risultato è un grande patchwork in cui ogni opera è proposta per delle motivazioni sentite.
L’edizione 2021 del PerSo sarà la seconda di questo tempo ‘straordinario’. Che sfida è?
Nel 2020 abbiamo avuto la fortuna di fare il Festival in presenza, nelle sale cinematografiche seppur con un forte contingentamento dei posti, ma abbiamo dovuto rivedere tutto il format del Festival per far fronte alle incertezze dovute dall’emergenza sanitaria. La risposta del pubblico è stata molto positiva, ha dimostrato un legame al festival non scontato.
Quest’anno proponiamo oltre 40 appuntamenti in 6 giorni e altrettante location, oltre alle proiezioni online. Incrociamo le dita, la vita sociale e gli eventi culturali sono fortemente limitati dalla situazione emergenziale. Speriamo che il pubblico e le tante persone che danno un contributo al PerSo, e anche chi ci segue a distanza, ci confermino che stiamo facendo qualcosa di bello e sensato, speriamo di uscire da questa edizione con nuova linfa per proseguire e migliorare.
Questo tempo ‘straordinario’ è un cataclisma per la società con conseguenze profonde e a lungo termine, la sfida per noi operatori culturali è affrontarne i nodi problematici con lucidità e operosità.
L'autore
- Ginevra Amadio si è laureata con lode in Scienze Umanistiche presso l’Università Lumsa di Roma con tesi in letteratura italiana contemporanea dal titolo Raccontare il terrorismo: “Il mannello di Natascia” di Vasco Pratolini. Interessata al rapporto tra letteratura, movimenti sociali e violenza politica degli anni Settanta, ha proseguito i suoi studi laureandosi con lode in Filologia Moderna presso l’Università di Roma La Sapienza con tesi magistrale dal titolo Da piazza Fontana al caso Moro: gli intellettuali e gli “anni di piombo”. È giornalista pubblicista e collabora con webzine e riviste culturali occupandosi prevalentemente di cinema e letteratura otto-novecentesca. Sue recensioni sono apparse in O.B.L.I.O. – Osservatorio Bibliografico della Letteratura Italiana Otto-novecentesca. Collabora stabilmente con Treccani.it, con il blog del Premio Letterario Giovanni Comisso e con le riviste Frammenti, Npc Magazine, Sapereambiente, Cronache Letterarie. Nel luglio 2021 ha fatto parte della giuria di Cinelido – Festival del Cinema Italiano dedicato al cortometraggio.
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