Tenterò di tessere un pensiero per Carmela Gardini Pellegrini (1953-2020), che risulterà non molto documentato rispetto ad altri ricordi, a causa dei pochi anni di frequentazione assidua fra me e la ideatrice della Festa della pastasciutta antifascista che si celebra il 25 luglio da undici anni anche a Colle Ameno, borgo del Comune di Sasso Marconi. Organizzata anche dall’ANPI di Sasso Marconi, che per molto tempo ebbe come segretaria Carmela, la ricorrenza si ispira a quella dei fratelli Cervi che, unitamente ai loro genitori, credettero, il 25 luglio del 1943, alla fine del fascismo e lo salutarono con una festa, ammannendo a tutto il loro paese, una pastasciutta, distribuita agli abitanti di Campegine. Come è noto, tutti e sette fratelli Cervi furono torturati e poi fucilati dai fascisti il 28 dicembre 1943. La Festa della pastasciutta antifascista continua a essere rievocata in loro memoria non solo dal Museo Cervi di Gattatico, il primo istituto a dar vita alla manifestazione, ma è riproposta da numerose città e paesi.
Non è un caso che il Comune e l’ANPI di Sasso Marconi, abbiano dedicato a Carmela, vera anima della ricorrenza, la Festa della pastasciutta antifascista di questo anno a Colle Ameno.
Molte sono le persone e le personalità che erano presenti il 25 luglio 2021 a Colle Ameno, le quali tutte hanno saputo onorare Carmela ricordando le sue innumerevoli gesta, sempre rivolte e improntate alla pace, alla concordia e alla tolleranza. Sono state intense testimonianze, soprattutto di chi ha avuto la fortuna di esserle stato per molto tempo vicino.
Sebbene la nostra frequentazione non fosse assidua come con altri suoi amici, c’è tuttavia un motivo che mi unisce agli ammiratori più cari di Carmela, un denominatore comune, che può riassumersi nella grandissima ammirazione per la donna, moglie, madre, nonna esemplare, che ha saputo altresì coltivare la vena politica, donandosi con il proprio credo a istituzioni e a chiunque fosse in grado di capire e condividere il suo essere “partigiana nella quotidianità”, cogliendo la bella espressione dal comunicato ANPI di Sasso Marconi del primo luglio 2021.
Ho “reincontrato” Carmela non prima del 2012, di questo sono certa, perché non ho ricordi precedenti, mentre è vivo ciò che le confidai all’inizio dell’anno successivo, prima che ad altra amica, avendo già colto le sue rare capacità “taumaturgiche”.
Ci conoscevamo da una vita, come si è soliti dire, ovvero fin dal tempo in cui Gianni Pellegrini, suo marito, era assessore alla cultura del Comune di Sasso Marconi e coadiuvò mio padre, Efrem Tavoni, nel promuovere e allestire mostre di grafica, ospitate nel Palazzo Comunale. Fu quella la scintilla da cui prese avvio la galleria La Casa dell’Arte che mio padre, unitamente a Iliana Guidi, aprì a Sasso Marconi nel 1977, anno in cui Gianni, divenuto Sindaco, carica che detenne fino al 1987, poté stringersi maggiormente agli amici.
Carmela era la deliziosa giovane che sapeva molto bene sostenere il suo amato Sindaco e, nel contempo, aprirsi propri spazi di militanza sociale e politica, contribuendo pure al ménage familiare con il suo lavoro nella scuola dell’infanzia.
Allora la vidi poco a causa della mia lontananza da Bologna, dapprima a Faenza, poi a Pisa e i troppi impegni. Ma dal 2013 fino agli ultimi suoi giorni, fummo molto unite, amiche “sorelle”, come anche Carmela considerava fossimo diventate.
Un messaggio Whatsapp, datato 15 ottobre 2020, il penultimo che mi ha inviato, prima del suo addio, merita di essere condiviso per la lucidità, la forza e il profondo sentimento che lo animano. Così mi scriveva Carmela:
Ogni mattina che mi sveglio e con Gianni ci abbracciamo e ci diamo un bacino è una grande gioia. In questo momento sono stabile. Sono debole ma me la cavo. L’Ant mi segue sia dal punto di vista medico che psicologico. Cerco di vivere il momento presente con serenità. Oltre ai miei amori, Gianni, Francesca, Anna Caterina,…ho vicine nel pensiero tante sorelle amorevoli, come te, che mi sostengono anche se non le vedo o non le sento. L’energia interiore che si riceve supera qualsiasi cosa. Se hai voglia di chiamarmi fallo pure. Ti voglio bene
Fui anch’io catechizzata da Carmela nella sua indomita missione: divulgare il passato per continuare a essere vigili conoscendo il peso che hanno le testimonianze. Il primissimo breve giro che feci con lei alla guida della sua utilitaria, contemplò la cima del calanco di Sabbiuno, dove il mio Virgilio fu prodigo di molte e particolareggiate notizie, alcune a me sconosciute, su quel turpe eccidio nazifascista in cui furono trucidati 100 partigiani.
E poi ci furono i racconti sulla sua famiglia, in particolare i ricordi della madre, scampata per miracolo all’eccidio di Marzabotto, nei confronti della quale Carmela nutriva ammirazione e profondissimo amore. L’ultimo percorso in auto con Carmela che mi accompagnava a Bologna, dopo un graditissimo pranzo con tutta la sua famiglia in un ristorante vicino alla loro casa, ebbe una sosta nella corte del Palazzo de’ Rossi di Pontecchio, dove mi disse che lei era nata in uno dei caseggiati di servizio, e vi aveva vissuto per pochi anni ma molto significativi. Scendemmo dall’auto e, nonostante i miei problemi di deambulazione, riuscii a seguire l’amica nel suo un po’ affrettato cammino volto a illuminarmi sui luoghi dell’infanzia, quasi a volere condividere le profonde radici della propria storia.
Il suo ruolo di educatrice ai valori della Resistenza, lo percepii soprattutto quando Carmela mi pilotò all’interno dell’Aula della Memoria di Colle Ameno, da lei ideata, e mi spiegò, documento per documento, il compito che quell’Aula aveva per accendere, soprattutto nei giovani, il fuoco della Memoria e risvegliarlo nelle coscienze degli italiani. L’aula mi apparve subito come una testimonianza che deve continuare a essere implementata, senza la quale molti concittadini e, genericamente molti italiani, oggi non saprebbero come un luogo, nato per sostenere anche le arti “fabrili”, come recentemente ha ricordato Luca Polidoro, sia divenuto uno spazio per la deportazione nei campi di sterminio, una funzione intessuta di atrocità, che molti hanno cercato di dimenticare.
L’escalation dell’orrore perpetrato a Colle Ameno nel periodo nero della sua storia si poteva cogliere dalla viva voce di Carmela, incessante divulgatrice dei momenti salienti della Resistenza. A lei si attaglia felicemente il monito di Calamandrei: «Ora e sempre Resistenza!».
Fu già da quel primo contatto con l’Aula della Memoria di Colle Ameno, che mi sovvenne di studi apparsi nella rivista “il Mulino”, di un caro collega amico, Mario Saccenti, (1926-2013), uno studioso tuttora bisognoso di essere maggiormente ricordato. Nel numero 3 della rivista «il Mulino» del 1962, Saccenti ha affrontato, nel saggio, Testimonianze sui campi della morte, il tema delle atrocità che si vennero a perpetrare nei Lager, «delitto di proporzioni ecumeniche […] che sarebbe grave colpa dimenticare». È sulla sistematica distruzione di esseri umani, «sulla gelida industrializzazione del terrore» che verterà infatti una delle importanti ricerche di Saccenti, il quale scovò testimonianze e riportò anche il pensiero di altri autori non solo italiani, suoi contemporanei, che hanno affrontato l’argomento, proponendosi il medesimo fine, ovvero lasciare: «una traccia attiva nella coscienza degli uomini». Una corposa bibliografia chiude le pagine di Saccenti che riprenderà il tema, sempre con occhio particolarmente vigile sulla memorialistica delle donne, che di Resistenza hanno parlato o sofferto, nei suoi interventi in Letteratura della Resistenza, Dizionario critico della letteratura italiana (Vol. 3, UTET, Torino 1973).
Dopo aver spiegato per sommi capi a Carmela i contenuti del saggio di Saccenti, glielo inviai in formato PDF e lei lo considerò utile per l’Aula della Memoria. Aver contribuito con il piccolo tassello a incrementare una ‘sua creatura’, permise alla nostra amicizia di cementarsi ancora di più.
Ci unì moltissimo la passione per Colle Ameno, che io, nonostante sia bolognese di nascita, non avevo mai visto fino al fatidico nostro nuovo incontro. Ne conoscevo tuttavia l’esistenza grazie alle pionieristiche pagine di Saverio Ferrari, uscite nel libro miscellaneo del 1987, Produzione e circolazione libraria a Bologna nel Settecento, molto tempo prima della monografia di Piero Paci, dedicata, con nuovi documenti, sempre alla tipografia del marchese Filippo Carlo Ghisilieri, al quale si deve nel Settecento, gran parte del progetto del borgo autonomo anche economicamente, piccola città ideale. Spetta a Paolo Guidotti l’attenta ricostruzione storica sulla nascita e le finalità del borgo, lettura che arricchì le mie conoscenze insieme con la bella tesi di laurea di Francesca, la figlia di Carmela, volta a cogliere gli aspetti artistici disseminati in Colle Ameno. Fu così che mi fu permesso non solo di penetrare di più e meglio nelle dinamiche del borgo per il ruolo ricoperto dalla stamperia al suo interno, ma grazie soprattutto alla famiglia Pellegrini, potei apprezzare tutto il complesso e le meraviglie artistiche e architettoniche di Colle Ameno.
L’avventura del “Gruppo 25 aprile” fu alla base di una forte condivisione di intenti: condividemmo, infatti, le aspirazioni dei giovani protagonisti che maturavano la speranza di far rinascere il borgo con un progetto che aveva salde le radici nel passato, e sapeva proiettarsi con competenza nel futuro. Ma è solo da quando il nuovo Sindaco di Sasso Marconi, Roberto Parmeggiani, ha abbracciato il compito di restituire prestigio e storia a Colle Ameno, con l’appoggio di Matteo Lepore, candidato Sindaco di Bologna, città metropolitana, che si sono riaffacciate anche le istanze dei laboratori, in adesione a questo nuovo corso, rendendo Carmela felice, nonostante il suo ineluttabile declino.
Mai mi è mancato il fraterno aiuto di Carmela, la sua comprensione per alcuni periodi difficili del mio cammino che, grazie al suo aiuto, restavano ostacoli che divenivano tuttavia superabili. Quello che potrò fare per continuare a manifestare il mio forte affetto e la gratitudine per ciò che Carmela mi ha donato, spero di avere ancora il tempo per dimostrarlo.
L'autore
- M. G. Tavoni, già professore ordinario di Bibliografia e Storia del libro, è studiosa con molti titoli al suo attivo. Oltre a studi che hanno privilegiato il Settecento ha intrapreso nuove ricerche su incunaboli e loro paratesto per poi approdare al Novecento, di cui analizza in particolare il libro d’artista nella sua dimensione storico-critica. Diverse sono le sue monografie e oltre 300 i suoi scritti come si evince dal suo sito www.mariagioiatavoni.it
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