Maija Berndtson è stata Direttrice della Biblioteca Comunale di Helsinki, Biblioteca Centrale per le Biblioteche Pubbliche; qualificata come bibliotecaria, ha conseguito un master a Helsinki nel 1974. Ha ricoperto incarichi come bibliotecario a Helsinki e Espoo prima di diventare direttore nel 1987. Membro del progetto per il progetto Lasipalatsi film e media center supportato dall’UE nell’ambito del programma pilota Fase II, 1997-2000. Membro del consiglio di amministrazione del progetto finanziato dall’UE PubliCA (Public Libraries Concerted Action) dal 1997 al 1999. Membro della Rete internazionale di biblioteche pubbliche, gestita dalla Fondazione Bertelsmann, dal 1998. Ha scritto numerosi articoli su riviste di biblioteche finlandesi ed è autrice di libri; ha tenuto conferenze e seminari nazionali e internazionali. In IFLA è stata Presidente della Section of Library Buildings and Equipment nel 1996-1998. È stata membro di giurie in concorsi internazionali organizzati presso il Centro Culturale di Torino, la Biblioteca Pubblica di Stoccolma, la Biblioteca Deichman della Biblioteca Pubblica di Oslo e la Biblioteca Centrale di Helsinki. Nel 1989-1990 è stato vicepresidente dell’Associazione delle Biblioteche Finlandesi.
Iniziamo dalla situazione attuale che si è creata in occasione della pandemia del COVID-19: sia gli strumenti digitali sia le biblioteche digitali hanno conosciuto un incremento notevole in seguito alla chiusura fisica delle biblioteche. Può essere l’occasione giusta per consolidare la “rivoluzione digitale” ormai in atto da tempo?
Negli ultimi tempi le biblioteche hanno lavorato duramente per essere accettate come “terzi luoghi”, luoghi della comunità o salotti della società. È abbastanza paradossale e triste che a causa del COVID-19 chiudano molte biblioteche e questo accade, purtroppo, in molti paesi europei. Durante la pandemia le biblioteche sono state costrette a spostare l’attenzione sui servizi digitali e on-line. Naturalmente molte biblioteche erano già attrezzate e dotate di servizi digitali, ma è stato sorprendente vedere quanto innovativi siano stati i bibliotecari nello scoprire e talvolta a riscoprire nuovi modi per offrire i servizi bibliotecari ai loro utenti. D’altra parte è stato sorprendente quanto sempre gli utenti siano stati desiderosi di utilizzare diversi materiali elettronici esistenti come la lettura di riviste digitali, il servizio di prestito di e-book e lo streaming di musica e film. In molti paesi l’uso dell’e-media è generalmente cresciuto in maniera esponenziale. In questi casi le biblioteche devono però assicurarsi di poter garantire questi nuovi servizi attraverso i nuovi strumenti digitali, cosa che purtroppo, non è sempre ovvia. Forse la nuova situazione contribuirà alla crescita e alla nascita di nuove biblioteche digitali nazionali.
Non mi limito semplicemente a conteggiare il numero di biblioteche che si sono adeguate a queste nuove tecnologie ma mi riferisco al rapporto di EBLIDA e all’Agenda delle Biblioteche Europee che, per l’era post-Covid 19, riporta molti esempi interessanti di nuove forme di servizio. Non sono tutti digitali, ma il rapporto indica quanto sia versatile la gamma di servizi bibliotecari.
Ma per rispondere brevemente alla tua domanda: sì, questo è il momento giusto per consolidare la rivoluzione digitale nelle biblioteche.
In una conferenza del 2015 alla quale hai partecipato come relatrice, si parlava di progettazione e innovazione delle biblioteche e venivano poste delle domande molto interessanti circa l’adeguamento degli spazi in biblioteca rispetto alle nuove tecnologie ma anche ciò che veniva richiesto al personale per completare questo adeguamento. Dopo sei anni, cos’è cambiato? Sono stati fatti progressi in tal senso? Cosa c’è ancora da fare?
Ci sono sempre nuove sfide, anche quando si tratta di premesse a nuove sfide! In realtà la situazione non è così chiara e definita come si potrebbe pensare. Il grande cambio di paradigma è stato quello di passare ad una nuova distribuzione degli spazi che oggi vede il 70% di questo spazio appunto riservato agli utenti e il 30% alle raccolte e collezioni mentre prima questo rapporto era inverso. Questa idea è collegata al ruolo della biblioteca come “terzo luogo”, un luogo dove trascorrere del tempo e fare ogni genere di cose. Oggi le biblioteche hanno aree e spazi con destinazioni diverse e variegate, così come diversi aree tematiche e persino cucine!
La pandemia ha dimostrato che bisogna ripensare dunque anche all’uso dei locali. Ad esempio, aumentare i locali all’aperto e spazi interni che siano attrezzati tali da poter avere la distanza tra gli utenti, e un sistema di “viabilità” interna differente. Per non parlare delle possibilità che la nuova tecnologia offre di creare delle stanze immersive e virtuali dove sperimentare laboratori e progetti. È uno spazio autonomo personalizzato con tecnologia incorporata o portatile che offre o migliora un’esperienza multimediale altamente coinvolgente. Una volta all’interno, gli individui possono muoversi con libertà, replicando fedelmente il mondo reale. Presento questo esempio solo per indicare che non c’è fine al modo in cui i locali della biblioteca potrebbero essere “sfruttati”.
Oggi si parla di “biblioteche nuove” o di “biblioteche 2.0”: qual’è la differenza tra la visione di una “biblioteca nuova” rispetto alla visione della “biblioteca tradizionale”?
Per me la “biblioteca tradizionale” è un’istituzione che vuole preservare “lo status quo” e non è desiderosa di approvare o accogliere nuovi servizi o nuove forme di lavoro. Non userei però le espressioni “nuova biblioteca” o “biblioteca 2.0” quando parlo di una biblioteca che sviluppa e aggiorna costantemente i propri servizi. Mi piace la frase che usano alcuni colleghi come David Lankes: “Biblioteca come movimento”. Questa espressione dice che le biblioteche e i loro servizi non sono mai “finiti”. Devono riflettere i cambiamenti nel mondo circostante e nella società. Allo stesso tempo dobbiamo mantenere la nostra posizione e ricordare che le biblioteche pubbliche sono la base per la democrazia e per la parità di accesso all’informazione!
Quanto contano le competenze digitali, oltre che quelle chiaramente biblioteconomiche, nel portfolio di un bibliotecario oggi?
I bibliotecari dovrebbero essere esperti nel fornire informazioni e conoscenze con l’aiuto dei migliori strumenti e media disponibili. I bibliotecari non devono essere specialisti in competenze digitali, ma dovrebbero essere consapevoli degli ultimi sviluppi nel mondo digitale. È difficile essere competenti, ad esempio in ambito di Intelligenza Artificiale (AI) o di Realtà Virtuale (VR), ma è importante realizzare e riconoscere questo tipo di nuovi fenomeni e trovare partner con cui lavorare. I bibliotecari dovrebbero porsi da una parte nel ruolo di cittadini e pensare a cosa sarebbe importante e utile per loro tenendo conto di queste novità. E, d’altra parte, dovrebbero pensare come questi fenomeni influenzino il lavoro delle biblioteche e dei loro servizi.
L’informazione corre in internet e soprattutto attraverso i social con tutti i rischi che ben conosciamo come ad esempio quello delle fake news. In questa danza vortiginosa e copiosa di informazioni come può una biblioteca filtrare e garantire la veridicità delle stesse? La biblioteca e i social, possono convivere?
Le biblioteche non possono avere una funzione di filtro totale quando forniscono supporti e informazioni. Le collezioni librarie includono sempre materiale controverso che può anche dipendere e assumere significati diversi in base al soggettivo punto di vista dell’utente. Non esiste una sola verità e le biblioteche dovrebbero essere luoghi dove trovare ogni tipo di informazione. Ecco perché i cittadini e gli utenti delle biblioteche dovrebbero sempre usare anche le proprie capacità critiche rispetto alle fonti che consultano. Le biblioteche potrebbero supportare gli utenti in questo processo di valutazione accurata delle informazioni, organizzando corsi e formazione sull’alfabetizzazione mediatica (Digital Literacy) e includere in tali programmi critiche sulle fonti. Grazie ai miei studi questo lavoro di critica delle fonti è per me naturale e spontaneo.
La biblioteca e i social media possono coesistere e dovrebbero farlo davvero. Le biblioteche devono essere attive nei social media e allo stesso tempo seguire ciò che sta accadendo e inoltre, produrre materiale proprio da utilizzare poi su Facebook, Instagram e Twitter. Di recente ho letto un interessante blog della biblioteca Princh[1] di Robin Jeanne intitolato “4 motivi per cui le biblioteche dovrebbero avere una pagina dedicata sui social media” in cui viene spiegato molto semplicemente perché è importante che le biblioteche siano attive nei social media. Per me il problema tra notizie false e informazioni verificate è una delle sfide più grandi che le biblioteche devono affrontare oggi e una delle più difficili da gestire e a cui rispondere!
Anche in Italia si guarda al modello di “Idea Store” per le biblioteche. In che cosa consiste e quali sono i requisiti affinché possa essere realmente efficace rispetto ai servizi erogati?
La cosa più interessante del modello “Idea Store” è che hanno iniziato con le indagini sul fabbisogno degli utenti! Nel mio caso locale, in Danimarca, i bibliotecari hanno chiesto ai cittadini del distretto di Tower Hamlets che tipo di bisogni avevano e dove avrebbero preferito avere i vari punti di servizio delle biblioteche. A mio avviso, rileggendo le risposte a questa indagine, è stato un peccato che il concetto di biblioteche pubbliche non fosse abbastanza conosciuto tra gli abitanti. Ecco perchè dal modello di Idea Stores c’è da imparare: inoltre, parte fondamentale della progettazione dei servizi bibliotecari, dovrebbe sempre includere l’ascolto dei nostri utenti e dei nostri cittadini ai quali, in fondo, sono rivolti tutti i nostri servizi!
[1] Princh è una società di software danese fondata nel 2014 che sviluppa soluzioni di stampa cloud. La società ha sede nella città di Aarhus, in Danimarca. Di seguito il link all’articolo: https://princh.com/4-reasons-libraries-should-have-a-dedicated-social-media-page/
L'autore
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Mario Coffa archivista e bibliotecario, laureato in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Perugia (2005) e diplomato in Archivistica e Paleografia presso la Scuola di Archivistica dell’Archivio Segreto Vaticano (2010). Dal 2010 Lavora per CAeB (Cooperativa Archivistica e Bibliotecaria) presso le biblioteche dell’Università di Perugia come bibliotecario e come archivista presso l'Archivio Storico del Comune di Gubbio. Si occupa di Biblioteche Digitali e formazione in ambito di biblioteconomia digitale. Nel 2014 membro del Comitato Esecutivo Regionale dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) sezione Umbria, membro del gruppo AIB sul portfolio professionale e nel triennio 2017-2020 Presidente eletto di AIB Umbria. Dal 2020 membro dell'Osservatorio Formazione dell'Associazione Italiana Biblioteche. Autore di diversi articoli e interviste per Insula Europea sul tema degli archivi, delle biblioteche e del digital lending.
Link:
https://mariocoffa.wixsite.com/e-portfolio
http://vegajournal.academia.edu/MarioCoffa
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