«Venite a vedere il mio volto due o tre ore dopo la mia morte – annota Gabriele D’Annunzio nel Libro segreto – allora soltanto avrò il viso che mi era destinato, immune dagli affanni, dalle fatiche, dai patimenti, dagli innumerevoli eventi che forzò e forzerà pur in estremo il mio disperato coraggio». É in questi versi l’esigenza di una riconquista di autenticità che il poeta in vita non aveva mai potuto avere pienamente, complice forse l’essenza di un vivere inimitabile che aveva sempre portato il D’Annunzio a farsi emblema di se stesso, ad impersonare dei ruoli, ad indossare una maschera: quella del Vate, del rinnovatore della letteratura italiana, del seduttore, animatore delle piazze, quella dell’esteta amante della bellezza e del vivere inimitabile, del Comandante di Fiume, dello scrittore prolifico e dell’artista, del poeta e del personaggio D’Annunzio, figura unica capace di improntare attorno a sé un universo di modi e forme, in linea con il celebre assunto sperelliano «fare la vita come si fa un’opera d’arte».
L’esigenza di restituire al poeta pescarese il volto originario, non traslato dai giudizi della tradizione o da quei pregiudizi che in passato hanno alimentato un vero e proprio antidannunzianesimo (senza peraltro una adeguata contestualizzazione critica e una reale conoscenza della vita e dell’opera dell’artifex D’Annunzio), approda in questi giorni, sul grande schermo, con il film Il cattivo poeta, per la regia di Gianluca Jodice e l’attore protagonista Sergio Castellitto, candidato a ben cinque Nastri d’argento.
Una coerente ricostruzione storica fa da sfondo, nella pellicola, agli ultimi due anni di vita del poeta, reduce ormai dalla delusione dell’impresa di Fiume, e recluso nelle confortanti e spaventose pareti del Vittoriale, «libro di pietre vive», la casa-museo, presa in affitto per 600 lire e poi subito acquistata nel 1921, restaurata come un poema di cimeli e mattoni.
L’omaggio cinematografico alla figura del poeta pescarese nell’ultima stagione di vita, coincide con l’affresco di un’Italia crepuscolare, e richiama un altro anniversario, il centenario del Vittoriale: la residenza, che recentemente ha visto completato il restauro del Parlaggio, con il rivestimento in marmo rosso di Verona, così come lo voleva D’Annunzio, fa da sfondo nel film alla situazione politica di un’Italia sospesa tra fascismo e complotti, all’alba della Seconda guerra mondiale.
Da un lato D’Annunzio, il cattivo poeta (citazione filologica da una lettera del Vate, espressione volutamente ironica) tra l’affievolirsi della vena poetica e la salute indebolita da eccessi e tensioni, dall’altro l’ufficiale Comini (interpretato da Francesco Patanè), inviato dal Regime a Gardone per tenere sotto controllo il Vate, in una fase politica delicata per il Duce, per l’imminente alleanza con Hitler. È l’incontro di due punti di vista: quello del poeta, Padre della Carta del Carnaro, che mai avrebbe potuto tollerare il regime, e quello di Comini, la spia mandata al Vittoriale da Starace, un incontro che porterà il giovane federale bresciano ad elaborare un proprio personale senso critico.
E poi le donne del Vate. Luisa Baccara, Amélie, Amy, l’avversione in realtà per il fascismo mal celata, la consapevolezza di una solitudine politica, lirica, umana, il senso del disfacimento e la malinconia, la grande compagna dell’ultima stagione di vita del D’Annunzio: «Tutta la vita è senza mutamento. / Ha un solo volto la malinconia. / Il pensiero ha per cima la follia. / E l’amore è legato al tradimento».
A dimostrazione dell’uomo che prende il sopravvento sul mito, della vita che irrompe sull’ideale, o forse solo in quella malinconia dell’uomo di fronte al tempo, davanti al decadimento fisico e al mistero dell’esistenza, al tradimento del corpo, al logoramento dei sensi, dell’uomo di fronte a se stesso: «questo ferale taedium vitae mi viene dalla necessità di sottrarmi al fastidio — che oggi è quasi l’orrore — d’essere stato e di essere Gabriele d’Annunzio, legato all’esistenza dell’uomo e dell’artista e dell’eroe Gabriele d’Annunzio, avvinto al passato e costretto al futuro». Un personaggio che ha saputo reinventare la letteratura italiana, che ha saputo interpretare modi e tempi in un’eccezionalità di cui solo i geni sono capaci, l’uomo di fronte al mito e alla storia.
L'autore
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Laura D’Angelo è scrittrice e poetessa. Dopo la laurea con lode in Lettere classiche e Filologia classica, consegue un Dottorato di ricerca in Studi Umanistici. Docente di materie letterarie, pubblica articoli accademici su riviste scientifiche e saggi in volumi collettanei, approfondendo lo studio della letteratura e della poesia contemporanea. Giurata in diversi Premi nazionali di poesia e narrativa, partecipa a convegni internazionali e svolge attività di critica letteraria, curando presentazioni di libri e interviste. Ha scritto per diverse testate giornalistiche ed è autrice di riviste culturali e letterarie. Tra i suoi testi scientifici: Dante o dell’umana fragilità, in «Sinestesieonline», a. X, n. 32, 2020; L’Isottèo di Gabriele D’Annunzio e la poetica della modernità, in Un’operosa stagione. Studi offerti a Gianni Oliva, Carabba, Lanciano, 2018; Gabriele D’Annunzio e le case della memoria, in Memories &Reminiscences; Ricordi, lettere, diari e memorialistica dai Rossetti al Decadentismo europeo, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Chieti-Vasto, 20-21 novembre, 2019, in «Studi medievali e moderni», a. XXIV – n. 1/2020; Music and Soul: Gabriele D’Annunzio and his Abruzzo Homeland, in Bridges Across Cultures, Proceedings, Vasto, 2017; Dante tra web e social network, in «Studi medievali e moderni», a. XXV – n. 1-2/2021; L’etica dell’acqua, in «Gradiva», International Journal of Italian Poetry, n.62/2022, ed. Olschki, Firenze; La “Prima antologia di poeti dialettali molisani” di Emilio Ambrogio Paterno, in «Letteratura e dialetti», vol. 16, 2023; Da “Cuore” a “L’appello” per una scuola dell’inclusione, in «Nuova Secondaria Ricerca», n.8, aprile 2023. Ha pubblicato inoltre il volume di prose poetiche Sua maestà di un amore (Scatole Parlanti, 2021), semifinalista al Concorso di Poesia “Paolo Prestigiacomo” e il volume Poesia dell’assenza (Il Convivio editore, 2023). Sta recentemente approfondendo lo studio della poesia e della letteratura molisana.
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