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“Bibliotecas por um mundo melhor”. Mario Coffa intervista Jorge Moisés Kroll do Prado

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Jorge Moisés Kroll do Prado è l’attuale Presidente di FEBAB (Federazione Brasiliana delle Associazioni dei Bibliotecari). Ha un dottorato in Scienze dell’Informazione presso l’Università Federale di Santa Catarina, un master in Gestione dell’Informazione e un corso di laurea in Biblioteconomia (entrambi presso l’Università Statale di Santa Catarina, UDESC). Lavora come ricercatore presso SENAC SC e come professore presso la UDESC.

Jorge, come prima domanda e in veste di Presidente di FEBAB, mi piacerebbe conoscere lo stato attuale delle biblioteche in Brasile. Biblioteche, il tema del digitale e il ruolo dei bibliotecari come professione. Ce ne puoi parlare brevemente?

La FEBAB lavora da 62 anni in favore della tutela e della formazione continua dei professionisti e delle biblioteche, visto che la dinamica di questi spazi soffre continui cambiamenti permeati da innumerevoli sfide. Molto brevemente, il panorama delle nostre biblioteche ha bisogno di essere scandito per tipologie: a) quello delle universitarie è il meglio organizzato, grazie al fatto che sono sempre in sistema di gestione e godono dell’infrastruttura d’appoggio delle università; b) quello delle scolastiche, nonostante con progressi molto timidi a causa del fatto che una legge federale che obblighi la presenza delle biblioteche nelle scuole è ancora molto debole (da ciò che si intende con biblioteca, che spesso è una mera sala di lettura, fino all’assenza di professionisti in questi spazi); c) quello delle biblioteche pubbliche è un panorama delicato, poiché il nostro Sistema Nazionale delle Biblioteche Pubbliche ha sofferto grandi involuzioni e non si sono percepiti progressi con il governo degli ultimi anni: d) quello delle biblioteche comunitarie conta su una Rete di Biblioteche, sebbene vi siano soltanto 115 partecipanti, che non rappresentano una parcella significativa e) quello delle biblioteche carcerarie, che ha ricevuto una certa attenzione nazionale e recentemente ha potuto contare su progressi legislativi sul riscatto della pena per lettura.
Di fronte a questi panorami, alcuni punti sono comuni a tutte: la pandemia ha portato nuove percezioni di azione delle nostre biblioteche, nuove sfide sono stata implementate e sarà fondamentale avere professionisti attenti ogni volta di più alle richieste sociali. I mezzi finanziari sono sempre più scarsi, sin da prima della pandemia, anche per le biblioteche universitarie. Abbiamo un grande problema anche per quel che riguarda i dati su tutte le tipologie di biblioteche, che sono disorganizzati, obsoleti eppure necessari a un’azione pianificata.
L’agenda digitale è stato uno dei percorsi utilizzati affinché le biblioteche arrivassero alle comunità, ma non ha rappresentato neanche lontanamente la soluzione, visto che la maggior parte della popolazione non dispone di una buona connessione o di un dispositivo. Il nostro Paese è tornato al rapporto sulla fame, la circolazione di informazioni è ormai altamente influenzata dalle fake news e dalla disinformazione, la disuguaglianza sociale si è ampliata. Urgono biblioteche con prodotti e servizi che minimizzino questa realtà, con professionisti critici, abili e che agiscano in maniera strategica.

Quanto ha inciso in Brasile il COVID 19 nel settore della cultura e dunque delle biblioteche? Facendo una panoramica più generale si è riscontrato un notevole incremento dell’uso delle piattaforme digitali, innanzitutto per motivi di esigenze professionali e didattici e non solo. Secondo te potrebbe essere l’occasione giusta, questo seppur triste momento storico, per consolidare la “rivoluzione digitale” ormai in atto da parecchi anni?

Anche prima della pandemia il settore della cultura e delle biblioteche nel nostro paese era già debilitato. Le politiche pubbliche che le vedono coinvolte, così come quelle per la promozione della lettura e del libro, sono sempre più indebolite e passano per ardue battaglie perché siano realmente messe in pratica. Durante la pandemia, questi spazi ovviamente sono stati chiusi, con un ritorno lento alle attività e, per questo, hanno dovuto intervenire digitalmente, migrando la maggior parte delle attività. Ciò ha portato un incremento considerevole della presenza digitale delle biblioteche, molte hanno anche rimodellato la maggior parte dei prodotti e dei servizi offerti alle proprie comunità.
Abbiamo una profonda disuguaglianza nell’accesso a tali tecnologie e per questo credo che questa “rivoluzione digitale” sia ancora lungi dal consolidarsi, ma è innegabile che la pandemia abbia diminuito un po’ questa distanza. Ci sono punti nuovi su cui lavorare affinché una rivoluzione di fatto riesca, come le questioni relazionate ai diritti di autore riguardo ai contenuti digitali, le nuove relazioni di lavoro e comunicazione, la liquidità del tempo e dello spazio, l’effetto (anche discriminatorio) degli algoritmi e altri che sono più antichi, come l’investimento in infrastrutture tecnologiche nelle biblioteche, le abilità digitali dei professionisti e la qualità stessa dell’accesso a internet.

Sono ormai molti anni che, come membro interno, offri il tuo contributo con il tuo lavoro a IFLA. Quali sono secondo te le prospettive per le biblioteche nel prossimo futuro, seppur considerando le molteplici sfumature e differenze di carattere geografico?

Dal 2015 sono membro del Comitato dell’IFLA per l’America Latina e i Caraibi. Quando era possibile viaggiare per le riunioni presenziali annuali, conversando con i professionisti dei diversi Paesi, vedevamo che in alcuni punti il Brasile era avanti, mentre in altri molto indietro. Sulla regione come un tutto, le biblioteche di un futuro prossimo (anche nello stesso presente) avranno bisogno di rinforzare le loro comunità, essere più vicine alle loro richieste. Siamo la zona più disuguale del pianeta e le biblioteche possono esercitare attività fondamentali per minimizzare questo contesto, fornendo un’informazione di qualità a una società meglio informata, che possa esigere i suoi diritti in spazi democratici. Affinché ciò avvenga, dobbiamo ripensare il modo in cui agiamo nei nostri spazi e anche la formazione dei futuri professionisti.

Ho notato che sei un ottimo utente dei social media. Qual è la tua opinione circa il loro utilizzo per le biblioteche? Possono davvero essere nuovi ed efficaci strumenti per veicolare l’informazione insieme con i tradizionali strumenti che già conosciamo?

I social network sono stati l’oggetto dei miei studi durante la carriera universitaria. Da 10 anni molte delle mie ricerche hanno a che fare con loro, poiché credo che dobbiamo rinforzare la nostra presenza in questi spazi, in maniera strategica, dato che è lì che la maggior parte delle persone passa il proprio tempo (studiando, informandosi, lavorando, comunicando). Il Brasile ha posizioni importanti nei ranking sul tempo di accesso ai social media, per cui è un eccellente spazio in cui anche le biblioteche possano farsi attive. La pandemia ha fatto sì che molte di loro creassero le proprie pagine Instagram, Facebook, Twitter, Youtube e altre, basta garantire la continuità di questa presenza, che non è facile. Al di là di questo, a partire dalle loro pagine, le biblioteche possono esercitare l’importante ruolo di disseminare informazioni vere, senza manipolazione.

Nella copertina di una delle tue pagina social hai presentato una copertina che recita, a proposito di Agenda 2030, “Bibliotecas por um mundo melhor”. Cosa vuol dire per te?

“Bibliotecas por um mundo melhor” è il motto di gestione dell’attuale Direzione Esecutiva della FEBAB e quella copertina è stata pubblicata non appena abbiamo assunto l’incarico, nell’agosto del 2020. Fino al 2023, questo motto mira a lavorare realmente per biblioteche per un mondo che necessita di essere migliore, accompagnando gli sforzi dell’Agenda 2030 con la quale stiamo lavorando dal 2017. La pandemia ha creato nuove sfide e ne ha ingrandite altre già esistenti, ciò ha giustificato la scelta di questo motto così significativo. Speriamo che alla fine della gestione avremo minimizzato alcuni di questi disagi e avanzato con gli schemi che ci siamo prefissati.

(traduzione di Maristella Petti)

L'autore

Mario Coffa
Mario Coffa
Mario Coffa archivista e bibliotecario, laureato in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Perugia (2005) e diplomato in Archivistica e Paleografia presso la Scuola di Archivistica dell’Archivio Segreto Vaticano (2010). Dal 2010 Lavora per CAeB (Cooperativa Archivistica e Bibliotecaria) presso le biblioteche dell’Università di Perugia come bibliotecario e come archivista presso l'Archivio Storico del Comune di Gubbio. Si occupa di Biblioteche Digitali e formazione in ambito di biblioteconomia digitale. Nel 2014 membro del Comitato Esecutivo Regionale dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) sezione Umbria, membro del gruppo AIB sul portfolio professionale e nel triennio 2017-2020 Presidente eletto di AIB Umbria. Dal 2020 membro dell'Osservatorio Formazione dell'Associazione Italiana Biblioteche. Autore di diversi articoli e interviste per Insula Europea sul tema degli archivi, delle biblioteche e del digital lending.

Link:

https://mariocoffa.wixsite.com/e-portfolio

http://vegajournal.academia.edu/MarioCoffa

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