Maria Carlotta Missaglia si è addottorata presso l’Università IULM in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Ha lavorato con l’Università di Oslo grazie al suo progetto di ricerca legato alla SM analysis e di recente ha pubblicato per Franco Cesati Editore La politica in un tweet (2020). Attualmente è Content Manager per Different Global, agenzia pubblicitaria con sede a Milano e Padova.
Innanzitutto, cara Carlotta la ringrazio di essersi fatta intervistare sul suo nuovo libro La politica in un tweet, e per cominciare le chiederei: com’è nata l’idea di scrivere questa “pillola”?
Grazie a te Anna per questa opportunità di parlare ancora un po’ del mio libro e della mia ricerca. L’idea è nata dal fatto che, anche a distanza di qualche anno dal mio Dottorato, il tema rimaneva molto caldo e dibattuto. Mi sembra, poi, estremamente interessante poter confrontare i dati di una ricerca del 2013/2014 (quando i social in politica – in Italia – avevano appena preso piede) con una nuova parte di analisi, calata in un periodo storico digitale completamente diverso e (almeno teoricamente) più evoluto.
Perché ritiene importante parlare della politica ai tempi di Twitter?
Penso sia importante parlare della politica ai tempi dei social, più che ai tempi di Twitter. Personalmente, ritengo fondamentale comprendere le dinamiche di questo nuovo modo di fare comunicazione politica poiché può aiutarci a capire al meglio le nuove modalità di propaganda e a vedere oltre la forma dei messaggi, per andare più in profondità su temi che vengono dibattuti quotidianamente.
Quali eventi secondo lei hanno influenzato la storia della comunicazione politica in Italia? Come descriverebbe brevemente, per i nostri lettori, l’utilizzo dei social media per comunicazioni ufficiali degli esponenti politici?
Credo che ancora oggi uno degli eventi che più ha influenzato la comunicazione politica attuale sia stata la discesa in campo di Berlusconi. Dal 1994, la politica si è sviluppata in una direzione sempre più pop, personalizzata e focalizzata sul leader di partito piuttosto che sui valori, sul gruppo politico di appartenenza, sul partito. Questo ha portato a un interesse maggiore per la vita privata dei politici che si sono sempre più avvicinati alla figura delle star. In un certo qual modo, col senno di poi, penso sia possibile dire che questo avvicinamento del politico al popolo, grazie ai mezzi di comunicazione di massa, sia stato, in realtà un allontanamento, che si è trascinato, poi, all’interno dei social. Non più comizi di piazza e dibattiti pubblici ma polarizzazione e discorsi all’interno dei quali le voci sembrano rincorrersi come eco, ripetendoci all’infinito che abbiamo ragione, che quello che pensiamo è corretto, facendoci fossilizzare sulle nostre idee. Il 1994, come il 2010 (data in cui possiamo dire che i social abbiano approdato in modo preponderante in Italia), sono stati anni di grande cambiamento a livello di modo di comunicare e si assomigliano nella sostanza: la politica-pop è ancora gettonata e con l’arrivo dei nuovi populismi quest’onda comunicativa sembra aver preso ancora più forza.
Nel primo capitolo fa un piccolo excursus sulla comunicazione, riservando un particolare spazio al modello mediatico della comunicazione politica presentato da Mazzoleni (2004), in cui la comunicazione politica è formata dalla triade: sistema politico (voi), cittadini (noi) e il sistema dei media (loro). A parer suo, in qual modo questi elementi, che hanno portato a una democratizzazione del discorso politico avvicinando le classi politiche ai cittadini, hanno influenzato il nostro modo di vedere la politica?
Questi tre elementi sono sicuramente, ancora ad oggi, i tre protagonisti della comunicazione politica. All’interno di un’idea di politica mediatizzata e all’interno dei social media, è innegabile come media e politici continuino ad essere gli elementi che più si influenzano e si coinvolgono a vicenda. Difficilmente i social media divengono uno spazio all’interno del quale i cittadini aprono un dialogo diretto e approfondito con i politici ma sono, invece, molto spesso, casse di risonanza per le notizie che si propagano sui media mainstream e viceversa. I politici sfruttano i social per aumentare la propria visibilità, sia in modo diretto che indiretto e, non a caso, i politici con più visibilità mediatica sono anche quelli con numeri maggiori negli spazi social.
In qual modo i social network hanno accresciuto la partecipazione della gente in termini di engagement digitale?
Questa è una domanda molto complessa. Dall’analisi condotta e da molti altri studi, è stato spesso dimostrato che i social non sono, in realtà, i luoghi migliori per aprire un dialogo diretto o un dibattito con i politici. I social, insomma, non sono luoghi di confronto costruttivo. Spesso, a livello di engagement, vince la scaramuccia, il bisticcio, la critica e meno l’informazione pacata o la voglia di trattare in modo approfondito un tema. Se pensiamo che alcuni politici pubblicano decine di post al giorno, è facile comprendere come un politico non possa avere il tempo per partecipare attivamente a un dibattito non-stop in continua evoluzione. Inoltre, i social ci hanno portato ad allontanarci dalle dinamiche dell’approfondimento: siamo consumatori di notizie distratti, desiderosi del “cosa viene dopo”, della next story di Instagram, del prossimo tweet, del prossimo post e spesso usufruiamo di questi contenuti mentre utilizziamo un altro schermo (a volte altri due). I social non sono il luogo, per il momento, di una partecipazione politica e di un confronto reale con i politici. Diverso è se parliamo della partecipazione dei cittadini. I post dei politici (di alcuni in particolare, ad esempio Matteo Salvini) riscontrano un alto engagement, i cittadini interagiscono e dialogano fra loro ma anche qui ci accorgiamo che il dibattito è spesso polarizzato, che gli utenti si pongono più come tifoserie che elettori e che non è facile, per un politico, riuscire a spostarne l’opinione. Altro discorso, invece, se parliamo di mantenere il proprio elettorato convinto e sicuro delle sue posizioni: in questo caso intervengono i fenomeni di echo-chambers e filter bubbles (e gli algoritmi dei social) a tenerci nella nostra comfort zone, dove le persone la pensano come noi e i media e i politici che seguiamo… pure!
Si potrebbe mettere a paragone con la rivoluzione dei social Network quella realizzata da Silvio Berlusconi con la televisione privata?
Io non amo il termine rivoluzione nel caso dei social media. Quello che abbiamo visto in questi anni è, piuttosto, un’evoluzione del modo di fare politica sui vari mezzi di comunicazione.
Mass media e social si influenzano a vicenda e il ruolo dei primi è ancora molto forte a livello di costruzione della notizia. I social hanno, in qualche modo, dato ancor più evidenza ai processi di personalizzazione della politica iniziato con la televisione privata e reso alcuni politici persone a cui ci si interessa non solo per l’operato ma anche per le vicende personali. Dall’altro lato i social hanno certamente riavvicinato i cittadini alla politica e scaldato la comunicazione dando, se non altro, l’illusione della vicinanza con i protagonisti di questo mondo. La realtà dei social, comunque, è in continua evoluzione e si dovrà certamente attendere ancora per capire in quale direzione si svilupperà la comunicazione politica al loro interno. Anche gli elettori, inoltre, lentamente cambieranno e si avvicinerà a questo mondo una generazione di utenti più capaci di utilizzare questi mezzi in modo naturale e abituati a dinamiche completamente diverse. I social non vivono senza i loro utenti e questi li influenzano moltissimo in tutte le loro evoluzioni, credo che la partita sia ancora molto da giocare e che in questa continua e naturale evoluzione dei social media stia una fondamentale differenza con la rivoluzione apportata nell’ambito dall’avvento della televisione privata.
Tra i politici che ha analizzato nelle pagine del suo libro, compaiono i nomi di Grillo, Berlusconi, Salvini e Di Maio. Secondo lei anche durante la pandemia hanno avuto un comportamento simile nell’utilizzare i social?
Durante la pandemia l’uso dei social non è cambiato nella sostanza ma ci sono state delle diminuzioni a livello di quantità di post scritti. Anche dal punto di vista della partecipazione dei cittadini in alcuni casi si è notato un calo di partecipazione mentre in altri, mi riferisco soprattutto al caso dell’ex Premier Giuseppe Conte, un picco di follower e una nuova attenzione dal punto di vista social. Il calo delle pubblicazioni può essere interpretato in vario modo ma, certamente, è significativo di un periodo in cui è soprattutto la pandemia ad aver polarizzato i discorsi di politici e media.
A suo parere, in che modo gli studiosi del futuro utilizzeranno questa grande massa di dati? Quale soluzione potrebbe essere adoperata per l’analisi di queste fonti così particolari?
Il lato più interessante dei dati che si possono estrarre dai social è che sono innumerevoli e costituiscono agglomerati veramente imponenti. Credo che i social possano essere una fonte inesauribile per ricercatori curiosi di tutte le discipline. Nel caso della politica ritengo che rimanga sempre interessante il tema della partecipazione, dell’apertura a un dialogo diretto, dello storytelling costruito dai politici. Queste tematiche si possono certamente affrontare da un punto di vista quantitativo ma, anche, e forse è quello che manca di più nell’analisi dei social contemporanea, qualitativo. Dall’altro punto di vista, simili masse di dati si prestano bene all’analisi statistica, alla ricerca di correlazione fra la spesa pubblicitaria online e lo spostamento del voto, allo studio di nodi e bolle all’interno degli ambienti web, alla definizione di nuovi fenomeni sociologici e mediali.
Come pensa che evolverà la politica con i social media? Quali riscontri futuri ci potremmo aspettare?
Questo è molto difficile da prevedere. Sono troppi gli elementi in gioco e non amo le posizioni deterministe per cui un nuovo mezzo di comunicazione implica un cambiamento della comunicazione stessa. Credo che i mezzi tecnologici influenzino la società e la comunicazione tanto quanto queste ultime influenzano tante pratiche mediali. Se devo esprimere un’opinione sul futuro, mi esprimo più che altro a livello di speranza personale: spero che la comunicazione sui social media si volga sempre più verso l’approfondimento e che si torni a dedicare del tempo a temi importanti come quelli politici e a considerarli, seppur mediatizzati / personalizzati, dei fenomeni di importanza fondamentale per il miglioramento della società. Si dice che la speranza sia l’ultima a morire.
Scriverà ancora altri articoli o libri su quest’argomento così dibattuto? È ancora in contatto con dei gruppi di ricerca?
Spero di scrivere ancora su questo argomento ma per il momento mi sto concentrando su nuove tematiche. Fortunatamente ho ancora contatti con ottimi ricercatori e riesco a ricavare del tempo da dedicare alla ricerca pur avendo un lavoro full time. Credo che ricercatore per un po’ sia ricercatore tutta la vita. Spero parleremo presto di qualche nuova pubblicazione.
L'autore
- Anna Raimo è nata a Pisa il 25 dicembre 1995. Laureata magistrale con il massimo dei voti in Linguistica e didattica dell’italiano nel contesto internazionale presso l’Università degli Studi di Salerno e l’Universität des Saarlandes di Saarbrücken, ha in seguito conseguito un Master di II Livello in Didattica dell’Italiano L2 presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. I suoi interessi di ricerca spaziano dalla linguistica e didattica della lingua italiana alla storia, letteratura e poesia contemporanea. Si è infatti occupata dell’italiano dei semicolti nella sua tesi di Laurea Magistrale e ha recentemente pubblicato un articolo su una particolare varietà della lingua italiana: "L’e-taliano: uno scritto digitato semifuturista?", in (a cura di S. Lubello), Homo scribens 2.0: scritture ibride della modernità, Franco Cesati Editore, Firenze 2019, pp. 159-164. Tra i suoi autori preferiti vi sono Mario Vargas Llosa, Jung Chang, Philip Roth, Azar Nafisi, Orhan Pamuk, Anna Achmatova, Rainer Maria Rilke, Federico García Lorca, Alda Merini, Bertolt Brecht e Wisława Szymborska. Le sue passioni sono la lettura, la scrittura di poesie e i viaggi, soprattutto in Germania, paese di cui adora la storia, la cultura, l’arte e i magnifici castelli.
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