Il 2021 è un anno ricco di anniversari celebri. È l’anno dantesco per eccellenza, in quanto numerose sono le celebrazioni per il settecentenario della morte del poeta Dante Alighieri, in un calendario ricco di iniziative che si esplicano sotto una pluralità di aspetti diversi. È, in misura minore (per eventi e popolarità) anno napoleonico, in quanto ricorre il bicentenario della morte di Napoleone Bonaparte, il condottiero ottocentesco che ha saputo assommare attorno alla sua figura il destino politico di imperi e passioni umane, creando un’aura di mitizzazione che ancora oggi esercita fascino ed interesse. Ma il 2021 è anche anno ricco di celebrazioni in casa Disney.
Spengono infatti le candeline film di animazione come Dumbo (1941), Alice nel paese delle meraviglie (1951), La carica dei 101 (1961), La Bella e la Bestia (1991).
Classici di animazione e storie senza tempo, protagoniste di un immaginario collettivo di sogni e visioni, su cui fantasticano ancora i bambini di oggi e di ieri: storie uniche, nate dalla tenacia e dal potere visionario di papà Disney, a partire dal lontano 1928, quando Walt in Plane Crazy diede vita per la prima volta al personaggio di Mickey Mouse e, a seguito della delusione forse mai sopita per Oswald the Lucky Rabbit (1927), inaugurò con impegno e passione una stagione di capolavori immortali. Storie sempre verdi, forse un po’ vittime oggi di una società che ha anteposto l’immediatezza alla concentrazione, che preferisce l’eccezionalità veloce all’attenzione, un’evasività istantanea che non rubi troppo tempo e non richieda troppe accortezze, da scorrere via con un dito sullo schermo di uno smartphone. Eppure i film Disney sono capolavori indimenticabili, attraverso cui siamo cresciuti e abbiamo imparato a sognare, tra fantasia e illusioni, tra castelli misteriosi e graziose principesse, tra un incantesimo e un giro di danza, tra un bacio del principe e un volo più in alto, un volo dell’immaginazione e della magia: come solo possono avere le ali i sogni giovani dei bambini, e quelli un po’più maturi degli adulti, che, tra una lacrima, un sorriso e una nuova ruga, non per questo smettono di sentirsi bambini. Lo aveva ben compreso Walt Disney, quando, artefice forse inconsapevole di una rivoluzione straordinaria, affermava: «You’re dead if you aim only for kids. Adults are only kids grown up, anyway!», o quando, inizialmente attraverso lo schermo di un cinema, per poi arrivare alle pellicole a colori di TV e VHS, fino al digitale di ultima generazione, concretizzava in un regno immortale la sua affermazione: «If you can dream it you can do it». Se puoi sognarlo, puoi farlo.
E così, il 2021 è dunque un anno ricco di sogni a colori, e di anniversari.
Primo fra tutti a compiere gli anni, ben 80, è il film d’animazione Dumbo (1941), che narra la storia del simpatico elefantino dalle grandi orecchie, considerata la più commovente dell’intera epopea disneyana. Dumbo approda nei cinema il 23 ottobre del 1941, in un momento determinante per la storia mondiale: il 7 dicembre c’era stato l’attacco giapponese alla base militare di Pearl Harbour, e l’ombra della guerra aveva distolto da tempo l’attenzione dalla produzione cinematografica. Pinocchio e Fantasia, infatti, realizzati durante la guerra, non avevano portato alla Disney il successo sperato, quindi da Dumbo dipendeva la sorte degli studi e degli incassi. La storia dell’elefantino preso in giro per le sue grandi orecchie è un successo mondiale: Walt accantona costosi effetti speciali per investire in acquerelli e disegni contrassegnati da intensa profondità espressiva. Il risultato? Il mondo si commuove per l’elefantino emarginato e ridicolizzato a causa delle sue grandi orecchie, sperimenta assieme ai personaggi la solitudine e il dolore, si lascia cullare nell’abbraccio materno di una proboscide tra le sbarre di una gabbia, impara che quello che è apparentemente un difetto, può trasformarsi in una ricchezza: per Dumbo che ha paura di volare, arriva il riscatto finale, e così i veri limiti esistono solo per chi non è capace di credere in se stesso, solo per chi non è in grado di riconoscere la diversità o le tante sfumature della realtà.
Nato dai registi Ben Sharpsteen, Norman Ferguson, Wilfred Jackson, Bill Roberts, Jack Kinney, Samuel Armstrong, per la regia di Walt Disney, Dumbo compare per la prima volta in un libro per bambini di Helen Aberson, come uno dei primi prototipi dei libri “Roll-a-book”, con i disegni di Harold Pearl e poche frasi. Il film vinse l’Oscar nel 1942 per la migliore colonna sonora e vinse il premio come miglior disegno animato al festival di Cannes del 1947. La critica ha accolto il film in modo molto positivo, tanto che la copertina di dicembre del 1941 del Time avrebbe dovuto raffigurare Dumbo, ma l’attenzione fu rapita ancora una volta dalla guerra, a causa dell’attacco di Pearl Harbor. Recentissimo è il remake in live action del film per la regia di Tim Burton (2019).
Compie invece 70 anni Alice nel paese delle meraviglie (1951), il classico intramontabile nato dalla trasposizione cinematografica dei due romanzi di Lewis Carroll Alice’s adventures in wonderland (1865) e Through the Looking-Glass, and What Alice Found There (1871). Come già nelle opere di Carroll, permane nella versione Disney il tema del viaggio in una terra di fantasia: l’immaginazione può dischiudere realtà straordinarie, mai limitarsi alle apparenze. Così è possibile, grazie ai sogni ad occhi aperti, incontrare il Bianconiglio, festeggiare un non- compleanno, prendere un tè con il Cappellaio matto e cantare con i fiori, fino ad perdersi nel labirinto della Regina di Cuori tra guardie dalle fattezze di carte da gioco, o mangiare un fungo che fa diventare giganti. In un mondo di non- senso, tutto da scoprire, dove lo Stregatto è il simbolo dell’incomprensibile, e Pincopanco e Pancopinco sono l’enigma del doppio e della dualità, sia che ci si rimpicciolisca o si diventi giganti per magia, è Alice che dice la verità sottesa al romanzo: «Intendo dire– disse Alice- che uno non può fare a meno di crescere». Il film della Disney, è la versione più nota e conosciuta, grazie anche ai graziosi disegni. Per la figura di Alice, infatti, fu Kathryn Beaumont, all’epoca tredicenne, a prestare voce e fattezze alla giovane protagonista, facendo da modella per i disegnatori del tempo vestita e pettinata come Alice. Numerose sono state le trasposizioni cinematografiche, a partire dal cortometraggio muto del 1903 per la regia di Cecil M. Hepworth e Percy Stow, ai film Alice in wonderland (1933) con Cary Grant e Gary Cooper, e Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie (1972) diretto da William Sterling, fino all’ultimo Alice in wonderland per la regia di Tim Burton (2010).
Arriviamo così al 1961, anno de La carica dei 101, capolavoro Disney che spegne ben 60 candeline. Tratto dal romanzo di Dodie Smith del 1956, è ad oggi un vero concentrato di simpatia a macchie bianche e nere: chi di noi non ricorda la prorompente cucciolata dalmata di Pongo e Peggy, l’appassionante simpatia di Rudy e Anita, in un inno alla comune condivisione di sentimenti e all’integrazione? La convivenza pacifica e affettiva tra esseri umani e animali amplifica l’umanità di fondo sottesa all’opera in un’ottica inclusiva: sentimentalismo e tenerezza non sono solo la chiave di lettura di una comunità che sceglie il rispetto reciproco e la bontà come sfera valoriale di riferimento, ma diventano per la prima volta la tessitura di un vero e proprio messaggio ecologista: vi è infatti una vera e propria presa di posizione contro le pellicce e il tormento inflitto agli animali, per realizzarle. Iconica, per crudeltà e stile, è la cattivissima della storia, la donna che ama le pellicce e ne vorrebbe di pelo di dalmata, l’indimenticabile Crudelia De Mon, accompagnata dai versi (ancor più iconici) della canzone a lei dedicata: «Crudelia De Mon, farebbe paura perfino a un leon», ad evidenziare la ferinità dell’umano quando l’agire è condizionato solo da egoismo e vanità. È del 1996 il remake live-action La carica dei 101 – Questa volta la magia è vera, con Glenn Close nel ruolo di Crudelia, e del 2002 il sequel, La carica dei 102 – Un nuovo colpo di coda, per la regia di Kevin Lima.
Il tono magico e fiabesco de La Bella e la Bestia (1991) invece, ci accompagna ormai da ben 30 anni. Primo film di animazione della storia a ricevere una nomination agli Oscar come miglior film, anche se non incassò quel premio si aggiudicò ben due statuette, per la colonna sonora e per la migliore canzone. Fiaba europea per eccellenza, diffusasi in moltissime varianti e stratificazioni, a partire dalla versione di Amore e Psiche contenuta ne Le metamorfosi di Apuleio (II sec. d.C), fino a quella di Bellinda e il Mostro presente nella raccolta Fiabe italiane di Italo Calvino (1956), è ad oggi una delle storie più amate dal pubblico Disney e non solo. Numerosi i remake, a partire dal film francese La Belle et la Bête (2014) con Vincent Cassel e Léa Seydoux, e la versione live action Beauty and the Beast (2017), con Emma Watson. Nel film Disney, Belle è la ragazza colta e gentile che impara ad amare un uomo che tutti credono un mostro. Una storia intensa, profonda, che insegna a guardare oltre le apparenze, perché l’amore può tutto, quando ci sono gentilezza e forza d’animo. Tra scenari da sogno e biblioteche piene di libri, saloni enormi e sale da pranzo e camini dove fermarsi a leggere, sono gli oggetti parlanti che fanno da contraccolpo alla vita intensa e coloristica del villaggio, alla solitudine del palazzo: sono gli aiutanti del castello, vittime anch’essi dello stesso incantesimo che ha trasformato il principe egoista in una bestia, ma sono anche la voce corale della narrazione e la voce morale della vicenda: il candelabro Lumière, l’orologio Tockins, la tazzina Chicco, la teiera Mrs. Bride. Il tema della trasformazione è strettamente legato al suo valore simbolico. C’è sempre una possibilità di cambiamento, se si ascoltano la voce del cuore e dell’anima. La colonna sonora conferma l’alto valore artistico della pellicola. Tra coreografie di piatti e cucchiai come in Stia con noi, tra inseguimenti e salvataggi, tra balli e incroci di sguardi (chi di noi non ricorda il celebre motivo del ballo, cantato da Gino Paoli e Amanda Sandrelli), tra sacrifici e gesti estremi in nome del vero amore, complice una rosa incantata, che appassisce quando non c’è sentimento, La Bella e la Bestia rappresenta il capolavoro in cui davvero l’amore vince su tutto.
L'autore
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Laura D’Angelo è scrittrice e poetessa. Dopo la laurea con lode in Lettere classiche e Filologia classica, consegue un Dottorato di ricerca in Studi Umanistici. Docente di materie letterarie, pubblica articoli accademici su riviste scientifiche e saggi in volumi collettanei, approfondendo lo studio della letteratura e della poesia contemporanea. Giurata in diversi Premi nazionali di poesia e narrativa, partecipa a convegni internazionali e svolge attività di critica letteraria, curando presentazioni di libri e interviste. Ha scritto per diverse testate giornalistiche ed è autrice di riviste culturali e letterarie. Tra i suoi testi scientifici: Dante o dell’umana fragilità, in «Sinestesieonline», a. X, n. 32, 2020; L’Isottèo di Gabriele D’Annunzio e la poetica della modernità, in Un’operosa stagione. Studi offerti a Gianni Oliva, Carabba, Lanciano, 2018; Gabriele D’Annunzio e le case della memoria, in Memories &Reminiscences; Ricordi, lettere, diari e memorialistica dai Rossetti al Decadentismo europeo, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Chieti-Vasto, 20-21 novembre, 2019, in «Studi medievali e moderni», a. XXIV – n. 1/2020; Music and Soul: Gabriele D’Annunzio and his Abruzzo Homeland, in Bridges Across Cultures, Proceedings, Vasto, 2017; Dante tra web e social network, in «Studi medievali e moderni», a. XXV – n. 1-2/2021; L’etica dell’acqua, in «Gradiva», International Journal of Italian Poetry, n.62/2022, ed. Olschki, Firenze; La “Prima antologia di poeti dialettali molisani” di Emilio Ambrogio Paterno, in «Letteratura e dialetti», vol. 16, 2023; Da “Cuore” a “L’appello” per una scuola dell’inclusione, in «Nuova Secondaria Ricerca», n.8, aprile 2023. Ha pubblicato inoltre il volume di prose poetiche Sua maestà di un amore (Scatole Parlanti, 2021), semifinalista al Concorso di Poesia “Paolo Prestigiacomo” e il volume Poesia dell’assenza (Il Convivio editore, 2023). Sta recentemente approfondendo lo studio della poesia e della letteratura molisana.
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