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“Scrivere d’amore”- Sul Museo della Lettera d’amore. Laura D’Angelo  intervista Massimo Pamio

Si dice che ci siano emozioni che durano per sempre. Storie senza tempo, portatrici di emozioni uniche, che richiedono di essere impresse sulla carta, affidate a quel processo intimo e confidenziale che è un po’ l’atto della scrittura quando si vuole dare voce ad un sentimento, quando si vuole parlare d’amore. Luoghi di incantesimo, per chi le scrive e per chi le riceve, le lettere d’amore hanno alle spalle una lunga tradizione di modi e forme, e rientrano nell’immaginario romantico di chi affida alla pagina bianca i propri moti del cuore. Con una varietà di accenti e modi espressivi, anche grandi artisti e letterati hanno affidato alla forma epistolare sentimenti e passioni. La storia della lettera è lunga e strettamente legata ai tempi e alle epoche che l’hanno prodotta, per stile, materiali, scrittori, modi espressivi; è strettamente connessa all’io dell’autore, in quanto veicolo di un particolare modo di sentire, confidenziale, intimo. «Se vieni da me, salti nell’abisso», scrive Kafka a Milena il 13 giugno 1920. «Se alle cinque non arrivasse la lettera? Se io rimanessi tutto il giorno senza sapere nulla di te?» annota un appassionato Gabriele D’Annunzio all’amata Barbara Leoni. La lettera che dilata ritmi e attese, che scandisce dal cassetto di uno scrittoio pause e nuove geografie, umane, storiche e sociali. La lettera come fenomeno antropologico, oggetto di studio e di indagine letteraria, come specchio della società, interprete di ritmi e mode. Con un passato antichissimo e una tradizione che rimanda alla storia del cuore dell’uomo.
Lo studio dei carteggi privati si è da tempo imposto all’attenzione della critica come elemento di indagine da affiancare alla documentazione ufficiale, sebbene gli studiosi più attenti abbiano evidenziato la necessità di procedere con cautela nell’analisi del materiale specificamente amoroso, per considerare allo stesso tempo «le strategie compositive o i complessi giochi di dialogo degli scriventi con se stessi» (Roberto Bizzocchi, Decodificare le emozioni, in Aa. Vv., Scrivere D’Amore. Lettere di uomini e donne tra Cinque e Novecento, a cura di M. I. Venzo, Viella, Roma, 2015, pp.19-20). Sia che si tratti di spontaneità o meno, sia che si esplichino rimandi biografici e specifiche esigenze artistiche, le lettere d’amore costituiscono nel tempo una forma di espressione privilegiata e un vero serbatoio di sentimenti e forme d’arte.
Abbiamo chiesto a Massimo Pamio, poeta e saggista, direttore del Museo della Lettera d’Amore di Torrevecchia Teatina, cosa rappresenta oggi questa modalità espressiva e come nasce un museo dedicato in toto alle lettere d’amore. Massimo Pamio è poeta e saggista, direttore editoriale di Edizioni Mondo Nuovo, Cavaliere dell’Ordine Al Merito della Repubblica Italiana per meriti culturali. Ha pubblicato Sensibili alle forme. Che cos’è l’arte (Edizioni Mondo Nuovo, 2019), Sentirsi sentire. Che cos’è il pensare (Edizioni Mondo Nuovo, 2020), Amormorio (Edizioni Noubs, 2010), Luceversa (Edizioni Noubs, 2009), Bucanotte (Edizioni Noubs, 2006), Nell’appartamento confuso dei giorni (Edizioni Noubs, 1999), In nome della rosa (Edizioni del Leone, 1987).

Come nasce l’idea di un Museo della lettera d’amore? Quale obiettivo si pone?

Più che di un’idea, parlerei di un sogno, di un sogno che si è realizzato, come accade per le storie d’amore andate a buon fine. Impegnati nel settore della letteratura (mia moglie ed io dirigevamo una piccola casa editrice) abbiamo pensato di promuovere, nel 1999, un concorso che fosse unico, originale: memori delle nostre che ci eravamo scambiate da giovani innamorati, abbiamo ideato il Concorso “Lettera d’amore”.

Se le lettere d’amore si scrivono ancora in Italia, è grazie a noi! Nel corso delle edizioni del Premio, abbiamo ricevuto migliaia di componimenti provenienti dall’Italia come dall’estero. Asfissiati da quell’ingombro amoroso, ma non volendocene liberare per una questione affettiva (molte lettere serbavano il profumo da dove erano state spedite, fragranza di pane appena sfornato, efflorescenze di bagnoschiuma, oppure esibivano macchie di cioccolata, di caffè, le buste recavano piccoli oggetti come biglie, penne, matite, appunti, che gli autori distratti avevano dimenticato nella busta, insomma ogni lettera si trascinava un piccolo intimo pezzetto di vita appresso) le conservavamo tutte dentro casa. Quando si è verificato il sisma che ha colpito l’Abruzzo e la Città dell’Aquila, nel corso della lunghissima scossa abbiamo pensato di rifugiarci sotto il letto, che però era occupato da buste e lettere. A quel punto ci siamo decisi a disfarci del nostro patrimonio. Come? Abbiamo pensato di custodirle in un museo apposito. Abbiamo rivolto la proposta alla Giunta Comunale di Torrevecchia Teatina retta dalla giovane e lungimirante Sindaco Katja Baboro. Detto, fatto! Il Museo della Lettera d’Amore, inaugurato nel 2011, vuole essere un luogo dove i sogni degli uomini si incontrano, alla luce dell’amore e dei segni delle incisioni dei grafemi che li rendono immortali, affinché noi tutti si possa essere l’infinito corrispondere di slanci appassionati, vibratili in uno, nell’Unità che ci ricompone e ci redime, se è vero che il nostro corpo e la nostra anima sono mutilazione, come scrive David Grossman.

La nostra è una società dominata sempre più dall’immediatezza dell’espressione: una immediatezza facilitata dall’uso dei social, dalle e-mail e dalle app di messaggistica, che velocizzano e vivacizzano la comunicazione, offrendo all’utente la possibilità di usufruire di un vasto repertorio (seppur stereotipato) di immagini, emoticons, gif, stickers, emoji. Quale valore ha oggi secondo Lei una lettera scritta a mano? Quale influenza possono avere queste nuove forme espressive nell’impoverimento lessicale ed emotivo di cui spesso molti giovani sono vittime? 

Civiltà si spengono, da un giorno all’altro specie viventi si estinguono, tutto è transeunte. La lingua è una invenzione recente della specie umana, da poco apparsa sul pianeta e già sul punto di estinguersi. Non poteva essere altrimenti per la lettera d’amore, sottogenere letterario ormai in via di estinzione, per il fatto che le comunicazioni tra gli uomini sono velocissime e che gli innamorati, se vivono a enormi distanze, possono contattarsi immediatamente tramite i mezzi informatici o gli smartphone. Noi possiamo vantarci di aver contribuito a rallentare l’estinzione della lettera d’amore, sollecitando col nostro concorso tanti a scrivere, e abbiamo ricevuto la conferma che, finché l’uomo vivrà e continuerà a provare emozioni e passioni, non si sopirà mai il desiderio di esprimerle e ci sarà sempre qualcuno che scriverà una lettera d’amore. Può darsi che userà il mouse invece che la penna, una e-mail composta come una lettera d’amore, che però contiene le stesse parole di quella scritta a mano. Attualmente assistiamo a un impoverimento linguistico che comporta anche un impoverimento intellettuale: il nostro mondo sarà più angusto se concepiremo meno parole. Se il nostro bagaglio linguistico si ridurrà, sarà più ristretto anche il nostro spazio emotivo e conseguentemente quello vitale. 

Le sale espositive rappresentano una full-immersion nell’arte della scrittura intimistica, con un vero e proprio viaggio nelle parole di carta.

Il Museo della Lettera d’Amore non è un archivio triste e mortifero di anticaglie arrugginite, sfoggia un aspetto giovanile, con l’espressione vivace del sentimento espressa in tutte le sale espositive. In una di quelle, le lettere sono sospese e volteggiano, ad altezza dello sguardo, in un’altra si possono ammirare le lettere scritte a mano da illustri personalità dell’arte, della letteratura, della scienza; in un’altra le lettere dedicate a Giovanni Paolo II dai fedeli di tutto il mondo che parteciparono alle esequie di San Karol. 

All’interno del Museo uno spazio significativo è dedicato agli epistolari donati, come importanti testimonianze e storie di un tempo lontano, custodite all’interno di Palazzo Valignani.

Il Palazzo Valignani fu fatto erigere da Federico, marchese di Cepagatti, intorno al 1743, per radunare uomini di cultura dell’epoca attorno al progetto della colonia Tegea, dell’Arcadia Romana. Nello spirito del movimento arcadico del tempo Federico chiamò a raccolta un gruppo di aristocratici e di intellettuali della città di Chieti, creando un’attività culturale molto intensa nella comunità teatina dell’epoca.
A 250 anni di distanza, il palazzo torna a essere un centro culturale irraggiante. Nel Museo sono custoditi infatti testimonianze culturali prestigiose, lettere d’amore di scrittori, come Ugo Riccarelli, Barbara Alberti, Maurizio De Giovanni, Arnaldo Colasanti, Giulia Alberico, Renato Minore, Rita El Khayat, Giampaolo Morelli, Maria Grazia Calandrone, Ernesto Livorni, Rolando D’Alonzo, Anna Ventura, ecc., di attori, come Ascanio Celestini, di direttori d’orchestra, come Donato Renzetti, epistolari di famiglie celebri, come la famiglia Fabbri, epistolari storici, risalenti alla prima e alla seconda guerra mondiale, una curiosa lettera d’amore zulù e una lettera d’amore del 1830 in cui si accenna all’epidemia che imperversava in quell’anno. Il Museo promuove numerose iniziative culturali di ogni genere e il concorso internazionale della lettera d’amore, bandito il giorno di San Valentino di ogni anno, che si può leggere sul sito www.museoletteradamore.it, dove ci sono sezioni molto invitanti per chi ama leggere e ascoltare le scrittura d’amore, con lezioni di docenti gratuite.

Tra le tante lettere conservate ce n’è una cui è particolarmente affezionato?

È la lettera d’amore molto commovente che un affiliato di una cosca mafiosa dedica a Giovanni Paolo II per averlo riportato sulla retta via, un vero miracolo.

Crede che il Museo possa costituire una fucina per i giovani?

Il Museo è un patrimonio di incalcolabile ricchezza per le giovani generazioni di Torrevecchia Teatina, essendo un Museo unico al mondo. Il Museo è loro. Proprio per questo abbiamo creato un laboratorio di scrittura riservato ai bambini della scuola elementare che dovranno essere le guide e gli angeli custodi del Museo nel futuro.

 

 

 

 

 

L'autore

Laura D'Angelo

Laura D’Angelo è scrittrice e poetessa. Dopo la laurea con lode in Lettere classiche e Filologia classica, consegue un Dottorato di ricerca in Studi Umanistici. Docente di materie letterarie, pubblica articoli accademici su riviste scientifiche e saggi in volumi collettanei, approfondendo lo studio della letteratura e della poesia contemporanea. Giurata in diversi Premi nazionali di poesia e narrativa, partecipa a convegni internazionali e svolge attività di critica letteraria, curando presentazioni di libri e interviste. Ha scritto per diverse testate giornalistiche ed è autrice di riviste culturali e letterarie. Tra i suoi testi scientifici: Dante o dell’umana fragilità, in «Sinestesieonline», a. X, n. 32, 2020; L’Isottèo di Gabriele D’Annunzio e la poetica della modernità, in Un’operosa stagione. Studi offerti a Gianni Oliva, Carabba, Lanciano, 2018; Gabriele D’Annunzio e le case della memoria, in Memories &Reminiscences; Ricordi, lettere, diari e memorialistica dai Rossetti al Decadentismo europeo, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Chieti-Vasto, 20-21 novembre, 2019, in «Studi medievali e moderni», a. XXIV – n. 1/2020; Music and Soul: Gabriele D’Annunzio and his Abruzzo Homeland, in Bridges Across Cultures, Proceedings, Vasto, 2017; Dante tra web e social network, in «Studi medievali e moderni», a. XXV – n. 1-2/2021; L’etica dell’acqua, in «Gradiva», International Journal of Italian Poetry, n.62/2022,  ed. Olschki, Firenze; La “Prima antologia di poeti dialettali molisani” di Emilio Ambrogio Paterno, in «Letteratura e dialetti», vol. 16, 2023; Da “Cuore” a L’appello” per una scuola dell’inclusione, in «Nuova Secondaria Ricerca», n.8, aprile 2023. Ha pubblicato inoltre il volume di prose poetiche Sua maestà di un amore (Scatole Parlanti, 2021), semifinalista al Concorso di Poesia “Paolo Prestigiacomo” e il volume Poesia dell’assenza (Il Convivio editore, 2023). Sta recentemente approfondendo lo studio della poesia e della letteratura molisana.