Il 29 marzo, il Primo Ministro dell’Albania Edi Rama, invia una squadra di 30 medici a supporto del sistema sanitario italiano nella battaglia contro il COVID-19. Il suo gesto, accompagnato da un discorso, è stato riportato da tutte le testate giornalistiche e ha ricevuto grandi apprezzamenti da parte dei cittadini italiani. Lo stesso Premier Giuseppe Conte ha pubblicato, ringraziando, il video contenente le parole che hanno fatto il giro d’Italia e che probabilmente si sono ritagliate il loro spazio, seppur piccolo, in quest’epoca di pandemia: “Non siamo ricchi, ma neanche privi di memoria”. L’Albania, nonostante i suoi pochi mezzi, decide di ricambiare chi negli anni è spesso stato d’aiuto al suo popolo.
La dialettica di Rama nel discorso lascia ben trasparire il suo passato da artista e uomo di cultura. Sin dagli anni della gioventù convivono in lui arte e politica. Da ragazzo, inizia a dare opera a disegni astratti che sono il prodotto di conflitti interiori e di un tripudio di colori. Un tipo d’arte che non è in nessun modo tollerato ed accettato dal Regime Comunista, dove l’unico metodo artistico possibile è quello del realismo socialista, dove l’arte si ferma a Courbet e cessa di avere un senso dall’impressionismo in poi. Pur non volendo inizialmente fare politica, si vede assimilato tra gli “artisti – attivisti” per essersi rifiutato di rispettare i canoni e di seguire le regole accademiche imposte dal Regime, un destino comune tra artisti, scrittori e registi dell’ex impero sovietico. La sua arte, oltre che con lo stato, entra in conflitto anche con quella di suo padre, comunista e artista ufficiale, il quale, però, lascia che il figlio cresca seguendo i propri ideali. Rama diventa insegnante di pittura presso l’Accademia delle Arti di Tirana. In seguito, sfugge alla difficile situazione del Paese, dove mancano, per l’appunto, soggettività e libertà di pensiero e di espressione artistica. Si stabilisce a Parigi in una residenza artistica alla “Cité Internationale des Arts” e partecipa a mostre e Biennali. Alla morte del padre, avvenuta nel 1998, torna in Albania e dopo il funerale riceve la chiamata dell’allora Primo Ministro Fatos Nano che gli propone la carica di Ministro della Cultura. Rama decide di accettare e di restare nel suo paese natìo. Muove i primi passi in politica, a 34 anni, conservando la sua stravagante identità, presentandosi tra uomini vestiti di tutto punto indossando giacche rosse e pantaloni gialli. Si guadagna il consenso dei giovani ed è a sostegno di quest’ultimi che organizza eventi e competizioni artistiche, musicali, cinematografiche e letterarie. Organizza Biennali con fondi esigui e riapre i cinema, dove i film d’avanguardia erano stati proibiti.
Con il suo anti-tradizionalismo acquista popolarità ed è anche e soprattutto grazie ai voti dei giovani che vince le elezioni due anni dopo e diventa sindaco di Tirana, una carica che ricoprirà per 11 anni, con 3 mandati consecutivi. La stessa capitale albanese ha subito il tocco d’artista di Edi Rama, il quale ha fatto ridipingere le facciate del blocco di edifici comunisti con colori accesi e vivaci, coinvolgendo artisti come Olafur Eliasson e Anri Sala. Anri Sala illustra la trasformazione urbana in un cortometraggio di 16 minuti intitolato “Dammi i colori”, oggi conservato al Tate, in cui la voce di Rama si sposta insieme alle immagini raccontandole con un tono che ricorda quello del cinema poetico russo di Andrej Tarkovskij.
Oltre ai lavori legati al senso estetico in merito all’urbanistica della città, egli porta avanti azioni politiche contro l’abusivismo edilizio e a favore dell’ambiente. Il progetto Green ha dato vita a 96.700 metri quadrati di terreno verde, alla piantagione di circa 1.800 alberi e iniziato un’opera di pulizia delle sponde e di purificazione delle acque del fiume Lana.
Tra il 2000 e il 2012 realizza la serie Doodles, un ampio insieme di disegni, sculture e wallpaper. L’agitazione interiore di un uomo politico si rigetta in alcuni disegni a pennarello fatti sui fogli dell’agenda in cui Rama annota i suoi impegni e i suoi appuntamenti. Così, inizia a scarabocchiare durante i meeting e gli incontri politici, fino a che gli scarabocchi non diventano disegni definiti da curve e colori che rimandano all’automatismo surrealista di Hans Arp, André Masson e gli altri. L’artista sopprime il controllo della coscienza nel processo di creazione lasciando che l’inconscio prevalga e dia vita all’opera.
Più tardi Rama trasporterà in tridimensionalità i suoi disegni, realizzando sculture in ceramica per il progetto Work/Puna, esposte per la prima volta in una mostra personale a Berlino, dal 26 gennaio al 9 marzo 2019, nella Galleria Carlier/Gebauer.
Numerosi sono gli spazi e le mostre che hanno accolto le opere del Premier albanese: Biennale di San Paolo (1994), Haus der Kunst di Monaco (2004), Centro Pompidou di Parigi (2010), Biennale di Marrakesh (2015), Marian Goodman Gallery di New York (2016), Galleria Alfonso Artiaco di Napoli (2016 e 2020), Galleria Eduardo Secci di Firenze (2017), Biennale di Venezia (2017).
Primo Ministro in carica dal 15 settembre del 2013 ha adornato i suoi stessi spazi politici a immagine e somiglianza di una galleria museale; le pareti del suo ufficio sono ricoperti da centinaia di disegni astratti, densi di colore e movimento, la sua scrivania è colma di pennarelli e matite pronti all’uso per i suoi doodles. All’interno del palazzo governativo ha aperto il Center for Openness and Dialogue, uno spazio culturale pubblico che accoglie soprattutto studenti, ricercatori, artisti, attivisti e giornalisti. Edi Rama concede, così, all’Albania ciò di cui lui, giovane artista e libero pensatore, era stato privato in passato.
L'autore
- Laureanda in Lingue e letterature comparate e Collaboratrice nei musei.
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