Il mito di Roma è uno dei pilastri della cultura occidentale, e i monumenti romani hanno acquisito nell’immaginario collettivo un’aura di eternità che viene riproposta in ogni rappresentazione della città. Non è un caso che proprio con le guide di Roma, a partire dai medievali Mirabilia urbis Romae, abbia avuto inizio la tradizione delle guide cittadine. Se, però, a partire dal Rinascimento le guide o i trattati di antichità romane erano corredati di stampe raffiguranti i monumenti, non è che nel XVII secolo, parallelamente allo svilupparsi del Grand Tour, che nasce in pittura la veduta urbana come la conosciamo oggi, e quindi la rappresentazione dei monumenti romani secondo una concezione visuale moderna.
È su queste premesse che i curatori del Museo di Arte Occidentale di Tokyo (The National Museum of Western Art – NMWA) hanno organizzato, nella piccola sezione del museo dedicata ai disegni e alle stampe, la mostra “Views of Rome. Transition in Images and Media” (in giapponese “ローマの景観―そのイメージとメディアの変遷”), dedicata all’elaborazione e alla definizione del mito visuale di Roma e dei monumenti romani. In questo senso fu fondamentale la diffusione della stampa, e in particolare si rivelarono importantissime le vedute di Roma che Giovan Battista Piranesi iniziò a realizzare dal 1747, e che ben più di quadri a soggetto analogo poterono circolare in tutta Europa e influenzare artisti che non avevano ancora visitato la Città Eterna. I 35 pezzi esposti dimostrano come il mito, o meglio il topos visivo, una volta definito e diffuso dalle acqueforti di Piranesi, sia divenuto patrimonio diffuso e sia stato fino a oggi riproposto attraverso tutte le tecnologie.
Sono in mostra tre diverse tipologie di opere: 1) quelle più tradizionali, come dipinti, disegni, e stampe; 2) fotografie di artisti/fotografi europei dell’Ottocento, realizzate e stampate nelle tecnologie più antiche della tecnica fotografica; 3) fotografie di maestri giapponesi del Novecento. Appartengono al primo gruppo, oltre alle 15 stampe all’acquaforte di Piranesi attorno alle quali ruotano le altre opere in mostra, tre dipinti a olio (ovvero Herman van Swanevelt, Veduta di Roma con rovine del tempio di Venere, 1634, cat. 1; Hubert Robert, Vista immaginaria di Roma con la statua equestre di Marco Aurelio, la Colonna di Traiano e un tempio, 1786, cat. 10; Maurice Denis, Villa Medici, Rome, 1921, cat. 1921), un’acquaforte di Giovanni Antonio Dosio (dalle Antichità di Roma, 1569, cat. 2), e una di Claude Lorrain (Il foro romano, 1636, cat. 3), e due micromosaici incastonati in oro (1830, catt. 18-19). Appartengono al secondo gruppo di opere un dagherrotipo di Noël-Marie-Paymal Lerebours (1841, cat. 8), quattro calotipi di Calvert Richard Jones (1846, catt. 6, 12, 14, 25), un calotipo di Frédéric Flachéron (1851, cat. 9), e una stampa all’albume di Robert Turnbull Macpherson (1860, cat. 20). Infine i fotografi giapponesi, appartenenti a generazioni e tendenze diverse, sono Ikei Kimura (1901-1974, catt. 15, 24), Yoshio Watanabe (1907-2000, catt. 22, 27), Yoshikazu Shirakawa (n. 1935, cat. 16), Tokihiro Sato (n. 1957, catt. 23, 28, 30, 33, 34, 35).
Le opere non sono disposte in ordine cronologico, bensì per tema: ad esempio la Facciata di San Giovanni in Laterano di Piranesi (cat. 5) è affiancata al calotipo della Basilica of St John Lateran, Rome di Calvert Richard Jones (cat. 6). Il Tempio di Ercole (un tempo identificato con il Tempio di Vesta o di Cibele) di Piranesi (cat. 7-1), è affiancato al dagherrotipo del Tempio di Vesta di Lerebours, e al calotipo stampato su carta salata di Flachéron. Altri esempi: la Piazza Navona di Piranesi (cat. 29), è affiancata alle foto polaroid di Piazza Navona di Tokihiro Sato (cat. 30), così come il Pantheon, veduta dell’interno (cat. 26) di Piranesi è affiancato alla più moderna stampa in gelatina d’argento del Pantheon, Rome di Watanabe Yoshio (cat. 27), e alla foto polaroid Pantheon (Roma) di Tokihiro Sato (cat. 28).
Emergono così le differenze fra le diverse tecnologie di rappresentazione: dipinti e stampe antiche risultano infatti assai più dettagliati degli equivalenti fotografici ottocenteschi. I dagherrotipi e i calotipi, a confronto con le stampe di Piranesi o con gli oli dell’Hubert, offrono infatti un’atmosfera assai più vaga e, direi, romantica, che ai nostri occhi moderni acquista un fascino che va ben al di là della testimonianza storica.
Allo stesso tempo, malgrado le diverse tecnologie imponessero procedure e tempi di creazione dell’immagine completamente diversi, è riscontrabile una forte continuità nella scelta di inquadrature, sfondi, illuminazione, ecc. Ovvero, come è più volte messo in rilievo nei pannelli esplicativi, le rappresentazioni antiche, e soprattutto quelle di Piranesi, esercitano una forte influenza sulle opere successive, incluse le fotografie dei maestri del Novecento. Si tratta, a volte, di citazioni, per cui ad esempio una tecnologia ‘povera’ come quella della polaroid acquista senso artistico nel momento in cui fissa momenti nel tempo che richiamano le visioni del Piranesi. Basterà osservare come viene riprodotto il fascio di luce che proviene dall’oculus del Pantheon, oppure il cosiddetto tempio di Vesta, per rendersi conto di come le intuizioni di Piranesi riaffiorino nelle stampe su carta salata o in gelatina d’argento degli artisti moderni.
Non è peraltro privo di interesse, per il pubblico italiano, soffermarsi un po’ di più sul Novecento fotografico giapponese. Lo sfondo culturale nipponico non potrebbe essere più lontano da quello italiano: sul piano storico-geografico, certo, ma anche sul piano della concezione e della pianificazione degli spazi urbani. Lo stesso sentimento tipicamente italiano di una sacralità dell’antico, connesso all’idea che esista o dovrebbe esistere un dovere civico e morale di conservarlo inalterato, è inapplicabile in un paese che fonda la mistica della propria lunga durata sul rituale smantellamento e ricostruzione dei luoghi più sacri.
In questo senso i monumenti romani interessano i fotografi giapponesi non solo come testimonianza storica in sé o come ricerca artistica individuale, ma anche come parte di un percorso conoscitivo della cultura europea che è anche, necessariamente, un confronto. Se la storia del Giappone successiva all’epoca Meiji è anche una storia di appropriazione e rielaborazione della cultura europea, l’itinerario visivo di Roma si sposa così con una sorta di peculiare reinterpretazione del Grand Tour. Non a caso le serie delle quali le fotografie in mostra fanno parte si connotano come quaderni di viaggio, e si intitolano Italia (イタリア, Yoshio Watanabe), Impressioni d’Europa (外遊写真集, Ihei Kimura), La Terra del Nuovo Testamento (新約聖書の世界, Yoshikazu Shirakawa), e Polaroid Works (Tokihiro Sato).
Questa dialettica fra tradizioni diverse, che è anche una dialettica fra continuità e discontinuità storiche, interagisce con la visione dei fotografi e con il loro rapporto con la tradizione classica derivata da Piranesi. Significativa, ad esempio, la ricostruzione delle soluzioni visive di Piranesi mediante foto polaroid, considerando quanto le macchine e le foto polaroid siano da sempre connesse a un’idea di fotografia estemporanea. Il che a sua volta ricorda che è la fotografia in sé che, fissando su un piano bidimensionale una frazione del continuo spazio-temporale, nasce come cristallizzazione di momenti altrimenti effimeri. La dialettica con una tradizione come quella romana, per antonomasia eterna nei suoi monumenti e visivamente autorevolissima, implica la collocazione dei singoli scatti catturati durante il ‘Grand Tour italiano’ in una sintassi di riferimenti culturali che li trascende, valorizzandone proprio gli aspetti più effimeri e circostanziali. È proprio grazie ai riferimenti alla rappresentazione classica che le fotografie dei maestri giapponesi acquistano il loro più profondo senso artistico e umano.
Esiste infine una riflessione più generale, in realtà a malapena accennata in mostra, che riguarda il potere delle immagini e la continuità di tale potere, anche a livelli, diciamo così, subliminali. È vero, infatti, che le guide, le immagini e le fotografie che i viaggiatori antichi e moderni vedono di una città finiscono per influenzare in modo decisivo la loro esperienza di quella città. Questo non vale solo per gli artisti: quanto più distrattamente il viaggiatore-turista avrà fruito di vedute o immagini ‘classiche’ di città o panorami, tanto più finirà per ricercare durante il suo viaggio quelle stesse visuali, magari solo per scattare un selfie da postare su un qualche social-network. Valutare l’influenza degli artisti antichi sui moderni può quindi essere un punto di partenza interessante per analizzare quanto le loro soluzioni visive abbiano ancora oggi un’influenza decisiva su come percepiamo il mondo che ci circonda.
In conclusione la mostra è piccola, ma molto stimolante. Certo, dati i pochi spazi a disposizione e lo scarso numero di pezzi esposti, le ambizioni legate all’idea di affrontare i vari temi connessi alle tecniche della rappresentazione dell’immagine urbana è ridimensionata almeno in parte dalla mancanza di confronti più estesi. Difficile infatti verificare l’effettiva influenza sulla fotografia otto-novecentesca di Piranesi o in alternativa di altri stampatori o delle vedute a olio sei-settecentesche, in assenza di un numero congruo di esempi alternativi. Ma certo l’intenzione dei curatori non era quella dell’esaustività, anche perché le stanze del Museo di Arte Occidentale dedicate a disegni e stampe sono concepite come punto di partenza o spunto di riflessione per ricerche ulteriori. E in questo senso la mostra vale sicuramente una visita, essendo peraltro inclusa nel percorso e quindi nel biglietto della collezione permanente (o in alternativa nel biglietto della mostra speciale dedicata a Rubens, “Rubens and the Birth of the Baroque”).
Non è stato allestito un catalogo, ma un depliant gratuito contenente i dati di tutti i pezzi esposti e, in giapponese e in inglese, le biografie degli artisti, scaricabile dal sito della biblioteca (link: http://www.nmwa.go.jp/jp/exhibitions/pdf/2018roma_list.pdf ).
[Prints and Drawings Exhibition] Views of Rome—Transition in Images and Media / [新館 版画素描展示室]ローマの景観―そのイメージとメディアの変遷
The National Museum of Western Art – Prints and Drawings Gallery, New Wing
Martedì, 16 October 2018 – Domenica, 20 January 2019
Link al sito della mostra: http://www.nmwa.go.jp/en/exhibitions/2018roma.html
L'autore
- Lorenzo Amato è professore di Letteratura italiana presso l'Università di Tokyo
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