Ancora un romanzo sulla Guerra Civile spagnola, ma con numerosi aspetti che lo rendono senza dubbio originale. Prima di tutto, l’essere narrato dal punto di vista di una delle cosiddette culture periferiche dello Stato Spagnolo. Il che apporta una prospettiva diversa sulla repressione da parte di un regime che fin dal primo giorno si è scagliato contro la cultura galega, o espressa in galego, fiorita durante la Seconda Repubblica. Poi, nonostante il narratore in prima persona sia un uomo, attraverso il suo discorso si può osservare la fondamentale importanza delle donne nella costruzione di questa cultura repubblicana. Per queste, la dittatura ha significato non solo la privazione delle loro libertà e la condanna all’esilio, ma anche la cancellazione dalla memoria collettiva del ruolo da esse avuto e della dignità conquistata. L’opera è intrisa di simbolismo, risalta l’immagine del bambino morto come metafora della violenza. La storia comincia con il protagonista, unico superstite della strage di cui è vittima sua famiglia, che viene riscattato da Lucía, donna liberale e liberata, tramite intellettuale ed economico dell’intellighenzia galeghista, ma allo stesso tempo amante di Ánxel Casal, editore e sindaco repubblicano di Santiago de Compostela, in seguito assassinato dai falangisti. In piena Guerra Civile, Lucía e il figlio adottivo fuggono a Parigi, dove assistono all’arrivo dei nazisti. Lì entrano in contatto con gli intellettuali del tempo mentre affrontano la ricerca della loro identità, che li porta a fare costantemente i conti con il passato. A tal proposito, esemplificative le continue allusioni agli spazi che percorrono; la relazione tra le città, presumibilmente illuminate, in cui i personaggi aspirano solo a rimanere ciechi, come A Coruña e Santiago in ambito galego, Parigi, New York o Buenos Aires come allegorie dell’esilio. I riferimenti alla cultura dell’epoca aggiungono fascino alla narrazione, così vediamo passeggiare Camus, Sartre o Simone de Beauvoir accanto ad alcuni dei personaggi principali, come Lucía o María Casares, la grande attrice francese figlia del galego Santiago Casares Quiroga, presidente del Consiglio dei ministri spagnolo all’epoca dell’esplosione della Guerra Civile. Oltre alla lettura sociale, gli alter ego vitali del narratore, non esenti dalla tragedia, riescono a catturare visceralmente il lettore nella loro esistenza familiare, sessuale e lavorativa, mediata da una personalità tormentata. Intertestualità -specie con il Cortázar di Rayuela- sensualità, immagini simboliche e un bel ritmo narrativo per affrontare una tappa della storia cruda come poche altre.
Lingua originale:Galego
Sito casa editrice: http://www.editorialgalaxia.es
Inma Otero Varela: oterovarela@gmail.com
L'autore
- Inma Otero Varela (Carral, 1976) è attualmente professoressa di Lingua e letteratura galega nelle scuole superiori. È stata lettrice di galego nell’Università “La Sapienza” di Roma dal 2003 al 2008. Collabora come critico letterario in “Grial” e “Novas do Eixo Atlántico*. Ha pubblicato studi sulla narrativa galega in svariati volumi e riviste scientifiche (“Critica del Testo”, “Anuario de Estudos Literarios Galegos”, “Boletín Galego de Literatura).
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