Eva Moreda ha vinto nel 2010 il premio Terra di Melide con questa narrazione che ha come sfondo l’emigrazione galega in Inghilterra durante gli anni 60 e 70. L’ambientazione offre il destro per evocare la vita quotidiana dei galeghi a Londra e allo stesso tempo serve per valutare l’impatto ideologico e sociale che certi discorsi rivendicativi, caratteristici dell’Europa urbana, provocarono sugli emigranti di una Galizia che viveva ancora sotto il regime di Franco. Anche se il narratore è un uomo, Gelo, la protagonista cui è destinato il romanzo è Lidia, conterranea di Gelo, che ha avuto il coraggio di non rassegnarsi al ruolo riservato agli immigranti, decidendo di lottare per i propri diritti lavorativi attraverso il sindacalismo femminile.
La contrapposizione tra maschile e femminile rinuncia ai luoghi comuni, ma non alla profondità psicologica dei personaggi e neppure alla comprensione. Di fatto, l’interazione delle due prospettive (se pure vogliamo vederla in questo modo) si poggia su un altro dei temi fondamentali del romanzo, trattato con originalità e verosimiglianza: la costruzione della donna contemporanea come uno degli assunti fondamentali perché la democrazia possa poggiare le sue basi, sia dal punto di vista degli agenti attivi, le stesse donne; sia da quello degli uomini che progressivamente assimilarono il cambiamento.
Seppur breve, l’opera non rinuncia a trattare numerosi altri temi trasversali come l’amore, l’amicizia, il peso dei legami familiari, le diverse sfumature della nostalgia o la presenza dei fantasmi del passato. L’autrice si avvale di una narrazione pregna di riferimenti e evocazioni, ma fluida nella lettura, che mantiene intatta la tensione fino alla fine, quando vengono rivelati alcuni dati sorprendenti che giustificano, agli occhi del lettore, il contenuto e la forma di questa lunga epistola a modo di testamento emozionale e innamorato.
Lingua originale: galego
Casa editrice: Xerais (www.xerais.es)
Inma Otero Varela: oterovarela@gmail.com
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