Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate.
Dante, Inferno, Canto III
Si parla molto di libri, cartacei ed elettronici. Ci s’interroga su quello che sta accadendo nel mondo librario e in quello dei lettori italiani, la cui percentuale sembra attestarsi sul gradino più basso in Europa: gli italiani non leggono, basta fare una ricerca su Google per trovare articoli e riflessioni su questa nostra caratteristica nazionale. Ma siamo anche in testa alle classifiche come “analfabeti funzionali” (l’analfabetismo funzionale è descritto dalla Treccani come “l’incapacità a usare in modo efficace le competenze di base – lettura, scrittura e calcolo – per muoversi autonomamente nella società contemporanea”), almeno secondo i dati stilati dall’OCSE un paio di anni fa (di nuovo, basta una ricerca online per leggere articoli pubblicati da quotidiani come Repubblica o il Corriere della Sera).
Ci si chiede spesso cosa accadrà domani e intanto si fanno i conti dell’oste (Repubblica ha appena pubblicato un articolo in merito), ma allo stesso tempo dovremmo continuare ad interrogarci su quello che sta accadendo alle biblioteche pubbliche, memoria storica di ogni paese, dove il passato s’incontra con il presente negoziando un passaggio per il futuro. In Italia, la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (BNCF), una delle due centrali assieme a Roma, non versa in brillanti condizioni, purtroppo è risaputo, tanto che gli utenti della stessa si sono uniti compatti per denunciare il caso. E da utente, posso parlare di come l’ho vissuta io nell’estate del 2015, partendo però proprio dal passato recente.
La prima volta che ho varcato il maestoso portone della Nazionale fiorentina ero una studentessa universitaria. Allora mi fu rilasciata una tesserina gialla, che per il momento è catalogata come smarrita dopo molteplici traslochi. Non avendone una, se volevo varcare di nuovo quella soglia da Inferno dantesco, dovevo farne riemettere un’altra. L’impiegata che l’ha emessa mi ha mostrato la schermata con i miei vecchi dati, quelli collegati alla tesserina gialla: la mia scheda ha funzionato come una macchina del tempo, riportandomi indietro agli anni universitari. Visti i cambiamenti, ho dovuto necessariamente far aggiornare i dati. Una nuova tesserina, adesso bianca, è stata prodotta con lo stesso numero di quella gialla, ma con una specie di declassamento perché, nonostante non sia più studente ma docente, sono comunque residente all’estero e quindi esclusa dal prestito. Che sia mai che fugga oltreoceano con un caro libro! Onde evitare una tale possibilità, con un colpo di tasto si rifiuta il prestito e si costringe l’espatriato al suo calvario. Anche se emigrata, come docente sembra che abbia comunque il vantaggio autorevole di poter salire ai piani alti, dove sono conservati chissà quali documenti preziosi: Sala Musica, Sala Manoscritti… I nomi sembravano suggerire che non ne avrei avuto bisogno, visto l’argomento del saggio che stavo scrivendo (cinema e storia negli anni Cinquanta). Alla fine mi sono dovuta ricredere perché obbligata a salire la grigia scalinata che porta a quelle sale dai nomi roboanti, e questo se volevo avere accesso a delle fonti quanto mai necessarie per il mio saggio.
Ma torniamo all’entrata… Dopo la consegna della tesserina ormai bianca, ho richiesto un qualche supporto bibliotecario e l’impiegata mi ha risposto che avrebbe dovuto essere lei, il mio supporto, ma siccome il personale era ridotto, avrei dovuto rivolgermi a una collega tanto gentile che ho trovato, sola, in fondo a un lungo stanzone pieno di scrivanie e di libri accatastati. Dalla signora sono riuscita ad avere delle informazioni di base e ho scoperto che una serie di riviste e giornali sono tuttora conservati al Forte Belvedere in locali non a norma di legge. Siccome questi locali non sono a norma, i giornali e riviste ivi conservati non possono essere consultati e questo a tempo indeterminato. Sì, a tempo indeterminato, quindi non esistono più. Cercando di essere ottimista e non sapendo ancora se le mie fonti sarebbero state coinvolte in questa limitazione, sul momento non mi sono turbata: dovevano essere proprio le mie, quelle fonti inespugnabili? Domanda retorica… In ogni caso, dopo aver imparato l’ABC del catalogo online e della sua gestione per passare le richieste, mi sono diretta alla Sala Periodici con animo calmo e rassegnato, poiché già sapevo che avrei incontrato numerosi ostacoli e che mi sarei caricata di quelle frustrazioni che un’amica mi ha spinto qui a raccontare.
Oltre alle riviste e ai giornali bloccati nella magnifica cornice di Forte Belvedere è emerso l’altro problema freudianamente rimosso: l’alluvione fiorentina del 4 novembre 1966, che mobilitò il mondo intero, spingendo studenti da ogni dove a cercar di salvare il salvabile custodito alla BNCF. Erano gli angeli del fango, a cui questo pezzo è dedicato, perché, senza di loro, la speranza di salvare il salvabile sarebbe svanita già nel 1966. I salvagenti di allora hanno impedito che molte opere andassero perdute, ma molte di quelle salvate sono rimaste danneggiate per sempre e non consultabili, ovvero sono perse comunque. La domanda sorge spontanea: si è mai pensato di fare, che so, un restauro delle opere? Magari una loro digitalizzazione? Forse l’hanno anche presa in considerazione, forse l’hanno anche fatta, ma essendo un utente, per di più residente all’estero, e non una bibliotecaria specializzata, e soprattutto non possedendo informazioni in merito, per me è difficile commentare ulteriormente. Lascio ai posteri l’ardua sentenza…
Dal punto di vista di un utente, la BNCF è problematica anche solo per prendere le opere in consultazione: ogni volta si deve lasciare in consegna un documento d’identità, così se uno ha bisogno di consultare opere conservate in sale diverse, deve entrare alla BNCF munito di una collezione di documenti che distribuirà opportunamente ove richiesto. Ma pensiamo ora al funzionamento della Sala Periodici, dove si possono inoltrare solo tre richieste per volta (per esempio tre annate di una stessa rivista o di riviste diverse) e dove si devono restituire le opere prima di poter inoltrare altre richieste. I testi sono consegnati alle 10 e alle 11 del mattino dal lunedì al sabato, e anche alle 15:30 il martedì e il giovedì. Le richieste possono essere inoltrate entro la mezz’ora che precede la consegna, ovvero entro le 9:30, le 10:30 e le ore 15 quando possibile. Evidentemente ci si aspetta che uno riesca a consultare tre annate nel giro di un’ora, ovvero tra le 9:30 e le 10:30, per poterne consultare altre tre nelle ore successive. Inutile dire quanto sia poco agevole sfogliare il cartaceo di tre annate di una rivista in un’ora (ovviamente il grado di difficoltà è direttamente proporzionale alla pubblicazione, ovvero se trattasi di un settimanale, un bi-settimanale o un mensile) per essere in grado di passare altre richieste e continuare a lavorare. Nel caso in cui la suddetta rivista abbia avuto la fortuna di essere stata riprodotta in microfilm, la questione è diversa perché possono essere richiesti più microfilm.
Ma ecco alcuni dei problemi contro cui mi sono scontrata: quando danneggiate, le riviste cartacee non sono consultabili; la maggior parte delle riviste che dovevo esaminare erano escluse dalla riproduzione; dal catalogo online non era e non è possibile capire se una rivista è danneggiata, se è in microfilm oppure se non può essere riprodotta. Si gioca sull’effetto sorpresa: solo inoltrando le richieste si vengono a conoscere queste informazioni e io mi sono divertita, in maniera forse un po’ masochista, ad accumulare notifiche di mancata consegna del materiale. Se ci si pensa bene, questo è uno spreco di tempo enorme dal punto di vista dell’utente: siccome si va per tentativi, se delle tre richieste passate solo una o due (o magari nessuna, se uno è particolarmente sfortunato) va a buon fine, i tempi si allungano. In tutto questo e per fortuna, dalla collocazione si capisce se il materiale è a Forte Belvedere e quindi si evita di perdere tempo richiedendo materiale che non sarà mai distribuito. In effetti, ho anche fatto notare queste incongruenze, che se risolte aiuterebbero ad economizzare il tempo degli utenti, che non hanno altro da fare che autoflagellarsi alla Nazionale di Firenze, ma questa nota immagino sia rimasta a fluttuare nell’aere pesante e vacuo degli stanzoni della BNCF.
Il punto più basso, però, è stato raggiunto in un caldissimo pomeriggio di agosto, l’unico in cui ho provato a lavorare in biblioteca fino alla chiusura. La Sala Periodici è aperta dalle 8:15 alle 18:15, come il resto delle sale. Quando, il suddetto pomeriggio, ho atteso per tre ore la distribuzione delle 15:30, mi sono sentita dire che il materiale non c’era perché la collocazione conteneva un 19, che per gli impiegati significava qualcosa, mentre per me non significava niente. Quel cabalistico 19 indicava che la distribuzione sarebbe avvenuta solo la mattina e quindi che la mia attesa era stata vana. Dovevo tornare il giorno dopo. Punto. Quest’ultima frustrazione avvenuta prima di lasciarmi alle spalle il portone della BNCF mi ha solo confermato che la Nazionale fiorentina è ancora solo un grosso contenitore che fa acqua da tutte le parti, mentre dovrebbe contribuire alla memoria storica del nostro Paese. Ci si augura solo che in futuro siano risolti i suoi annosi problemi, affinché continui ad assolvere il ruolo di cui è stata investita.
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L'autore
- Chiara De Santi è Assistant Professor in Lingue Moderne presso Farmingdale State College, SUNY. Precedentemente, come lettrice, ha insegnato una varietà di corsi di lingua, cultura, letteratura e cinema italiani, e discipline cinematografiche presso l’Università Statale di New York a Fredonia. Ha un Ph.D. in italianistica dell’Università del Wisconsin-Madison, e un Ph.D. in storia e un Masters di Ricerca dell’Istituto Universitario Europeo. Si è laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Firenze, specializzandosi in russo, francese e storia. I suoi interessi di ricerca includono il cinema italiano, italo-americano e hollywoodiano; la cultura, la gastronomia e la storia italiane; la letteratura italiana moderna e contemporanea; l’italiano come L2.
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