I testi galeghi degli ultimi anni riflettono una preferenza per le tematiche legate alla realtà. La ben nota crisi e i cambi sociali ed economici condizionano buona parte della produzione letteraria europea e anche quella galega. Queste circostanze influiscono sui fattori extratestuali, ma non per questo meno letterari, come l’edizione, la distribuzione e la diffusione degli apporti della critica: non solo si pubblica di meno, secondo i dati diffusi nel marzo del 2014 dall’Istituto Nazionale di Statistica dei testi pubblicati in Spagna nelle diverse lingue ufficiali durante l’anno precedente (http://www.ine.es/. Scende il numero dei libri pubblicati rispetto al 2012, continuando una tendenza che era già iniziato anni fa. I dati relativi al galego sono devastanti: mentre nel 2008, anno in cui iniziò questa discesa, il numero dei testi pubblicati in galego fu di 2.070, nel 2013 è di 730, così come si constata, a parte il documento citato nel seguente articolo: http://praza.com/.); ma diminuiscono anche gli spazi da cui pubblicizzare e riflettere sui testi. Nel caso galego il problema si aggrava. Alla scusa generalizzata della crisi economica a cui si ricorre per giustificare un minor investimento e un minor sforzo per canalizzare strategie che favoriscano la fluidità delle società legate alla cultura, si somma la considerazione secondaria che alcuni hanno ancora per la letteratura galega. Si chiudono diversi media galeghi che scommettono sulla propria cultura e si potenzia una svolta ideologica verso il centralismo, dallo stato e dalla propria comunità autonoma, che serve sia come parapetto sia come narcotico per frenare l’industria culturale galega, tra cui quella del libro. Con un tale panorama non c’è da stupirsi che alcune opere del 2013 seguano il sentiero iniziato già negli anni precedenti e raccolgano, anche per denunciarli, alcuni degli aspetti più sordidi della società attuale. Ancora non è stata scelta nessuna “etichetta” che accomuni questa linea narrativa ma, in mancanza di essa, potrebbero essere validi i sintagmi “neorealismo postindustriale” o “realismo indignato”, come ho già scritto altrove.
L’obiettivo scelto nei romanzi che più degli altri si inseriscono in questa tematica è il lavoro giornalistico, per la denigrazione della professione, per l’aumento inarrestabile della manipolazione e della censura, per le condizioni lavorative dei lavoratori e, come già si indicava precedentemente, per la chiusura di molti dei mezzi di comunicazione scritta. È il caso di Todos os días di Alberto Ramos (Sotelo Blanco), il cui protagonista è un ragazzo, disoccupato dopo la chiusura del giornale in cui lavorava come precario, che evidenza come il linguaggio economico, pieno di tecnicismi e sigle, trabocca di un linguaggio colloquiale e allo stesso tempo letterario, al tempo che la violenza imprenditoriale spinge i “senza lavoro” a uno stato comatoso. Identico il discorso per il romanzo di Manuel Veiga Os xornalistas utópicos (Xerais), in cui si ripercorre la storia della società galega da quando si inaugura la democrazia dello Stato spagnolo fino al momento dell’inizio della crisi dal punto di vista di un giornalista. Come sipario di fondo, per un lettore galego, figura il percorso di oltre trent’anni di un giornale fondamentale per il galeghismo, A Nosa Terra, chiuso anche questo recentemente.
Questo tipo di realismo si plasma in due maniere: occupando il luogo centrale dei testi, come abbiamo appena visto, o impregnando i discorsi, le ambientazioni, i personaggi o certi motivi diegetici di narrazioni che si inquadrano per convenzione in altri generi. Così accade con i gialli. In parallelo a quanto succede in altri sistemi letterari europei, si constata una proliferazione del poliziesco negli ultimi tempi in quanto a numero di testi e vendite. Per quanto riguarda i riconoscimenti e la canonizzazione, forse perché la qualità dei romanzi è molto disuguale, occupa ancora posizioni piuttosto periferiche, come ben fanno notare gli autori. Quello che spicca di più è Diego Ameixeras. In Todo Ok (Xerais): ci si addentra nel narcotraffico visto dalla prospettiva di alcuni personaggi che non hanno niente da perdere in una società che non offre loro nulla. La radiografia dell’ingiustizia sociale si fa più profonda in Matarte lentamente (Xerais) dello stesso scrittore. Qui l’impudenza e la corruzione non si riflettono solo attraverso i personaggi marginali, che alla fine sono le vittime, ma attraverso la miseria morale del potere, del cosiddetto potere economico, personificato nell’impunità con cui le banche spagnole commercializzavano prodotti altamente tossici. Anche Francisco Castro registra la mancanza di etica della classe più alta in O corazón da Branca de Neve (Galaxia). Medici e poliziotti organizzano una rete per rubare i neonati agli immigranti senza documenti per venderli alle famiglie con sufficiente potere d’acquisto e senza scrupoli, registrandone l’impatto che ha prodotto la scoperta reale di una frode di questo genere. Diversa è l’opera di Pedro Feijoo, A memoria da choiva (Xerais). Così come il genere poliziesco si incrocia con una corrente realista, si hanno altri generi ibridi di molto interesse. Feijoo preferisce integrare elementi storici nelle sue trame, il che spiega certamente parte del suo successo. Mentre il lettore si perde lungo le pagine per risolvere gli intrighi, ricostruisce, con maggiore o minore plausibilità, episodi molto vicini alla sua realtà o ad alcuni dei totem comunitari. Nel romanzo citato, dove muoiono assassinati ricercatori che si occupano dell’opera e della vita di Rosalía de Castro, ci addentriamo nella biografia, in parte certamente sconosciuta, della scrittrice più mitizzata nella letteratura galega. Da qui l’intersezione non si produce soltanto con il realismo e la storia, ma anche con l’identità su cui si tornerà più avanti.
Anche con la storia hanno a che vedere quei racconti che si collocano nell’orbita della Guerra Civile, tema molto meno fruttuoso rispetto agli anni precedenti. Di fatto, i nuovi contributi concentrano l’attenzione sugli aspetti collaterali del conflitto, come succede in alcuni dei racconti che Luis Rei Núñez raccoglie in Días que non foron (Xerais), in A vitoria do perdedor di Carlos G. Reigosa (Xerais), si ha come protagonista la dignità della fuga di un partigiano, o in Winnipeg scritta da Hixinio Puentes (Xerais), si narrano le peripezie di tre galeghi che fuggono dalle forze franchiste a bordo di una nave (Winnipeg), affittata da Pablo Neruda.
Il punto di vista storico, che ha preceduto nel successo la moda del romanzo noir nel contesto europeo, appare in occasioni contate come genere univoco a cui ascrivere i testi del 2013. La stessa opera di Xosé Maía Lema, Costa do solpor (Xerais), che narra le avventure marittime di una goletta che parte dai Caraibi per rifugiarsi nella Costa della Morte nel secolo XVIII, apre il genere di avventure alla pari di quello storico. Qualcosa di simile accade con Cadeas di Xabier López (Xerais). Anche se parte della materia narrativa ha a che fare con fatti storici, alcuni molto curiosi, la natura discorsiva avvicina il romanzo al genere sperimentale o vanguardista, per la struttura interna in scatole cinesi, come suggerisce lo stesso titolo, per il frammentarsi e per il carattere metaletterario che lo inquadra. L’atteggiamento di questo romanzo, molto propria di un autore preoccupato di implicare sempre in maniera ludica un lettore attivo, gli è valso il Premio Xerais.
Continuiamo dunque con quei testi che cercano la sperimentazione, la vocazione metaletteraria e la marocchineria stilistica, tre caratteristiche che figurano nelle narrazioni che vogliono essere arte, non solo raccontare una storia. La letteratura galega, proprio per essere una letteratura minorizzata che difficilmente può ottenere un grosso ritorno economico, fa del difetto una virtù e scommette in molte occasioni su testi di qualità elaborati con la dedizione dell’artigiano o del poeta. Ciò si rispecchia nel complesso nei racconti che Antón Riveiro Coello – uno degli autori più rappresentativi della narrativa attuale – riunisce in Acordes náufragos (Galaxia). Riveiro Coello si avvicina ai naufragi intimi dell’esistenza umana al ritmo del mare e della musica che marcano le parole. Metaletterario è il romanzo di Juan Tallón, Fin de Poema (Sotelo Blanco), vincitore del Premio Loureiro Rey de Novela Curta nel 2012. In esso si ricreano gli ultimi giorni di quattro scrittori suicidi: Cesare Pavese, Anne Sexton, Gabriel Ferrater e Alejandra Pizarnik, dal punto di vista dei propri autori e dalle coordinate dei propri universi immaginari. Come non poteva essere altrimenti, il dolore e la disperazione che anticipano la morte si riflette nel silenzio letterario, nell’impossibilità della comunicazione. E plasmare il silenzio nella letteratura, soprattutto attraverso la ricreazione degli stilemi rappresentativi dei quattro autori eccelsi richiede impegno e sensibilità.
Sulla stessa linea, ma con un discorso molto più depurato in accordo con una trama che riduce l’essere umano alla sua essenza più animalesca, si colloca O bosque é grande de profundo di Manuel Darriba (Xerais). Anche in questo caso si produce un’intersezione con la linea più realista e perfino con la tematica della guerra, non tanto della Guerra Civile ma della guerra come allegoria. E precisamente questa dimensione metaforica dell’essere umano che fugge da una civiltà imbarbarita verso il primitivismo della foresta, unito al lavoro stilistico che va riducendo il peso delle parole per arrivare alla radice semantica, è ciò che allontana il racconto dal realismo o dal romanzo storico.
Anche la vocazione stilistica è molto presente in O derradeiro libro de Emma Olsen di Berta Dávila (Galaxia), autrice rivelazione di quest’anno riconosciuta per la qualità della sua produzione poetica e narrativa, e soprattutto in A lúa da colleita di Anxos Sumai (Galaxia), entrambe premiate: la prima ha ricevuto il Premio della Narrativa Breve Repsol, mentre la seconda ha ottenuto il Premio García Barros. Cominciamo dalla prima. La protagonista, scrittrice, consapevole della sua morte imminente, decide di raccontare la sua adolescenza e prima giovinezza, dove un fatto traumatico ha condizionato la sua personalità futura. In A lúa da colleita, Nuria ricorre allo spazio dell’adolescenza, anch’esso luogo di un trauma, nel tentativo di ritrovarsi con se stessa. La brevità del riassunto non rende conto della complessità delle trame, affascinanti e molto bene legate e della complessità delle risorse al servizio della creazione dell’atmosfera coinvolgente e molto plastiche. Ma si rileva un’altra delle correnti tematiche più feconde del terzo millennio: i discorsi intorno alla costruzione dell’identità. Certo è che la contemporaneità comporta l’individualismo e questo l’egocentrismo, non inteso in senso peggiorativo, ma etimologico: l'”io” al centro. Si alleggerisce il peso della comunità, quello che ci rende più liberi, ma in quella libertà bisogna fissare, a partire dall'”io”, dei paletti lungo cui muoversi e sui quali costruirsi. Quando l'”io” deve confrontarsi con uno specchio truccato, con uno specchio che condiziona socialmente il riflesso, le congetture sull'”io” diventano problematiche ma allo stesso tempo si arricchiscono. Per questo motivo, avvicinarsi dalla prospettiva delle protagoniste femminili che devono costruirsi lottando contro gli stereotipi, molto più dei protagonisti maschili costruiti in maniera non marcata, aggiungono un elemento di fascino maggiore. Fino a poco tempo fa, la costruzione dell’identità nella narrativa galega passava, fondamentalmente, per trovarsi in una cultura e in un paese. Nell’attualità anche se si constata in maggior misura questa inquietudine nella produzione poetica, la questione comunitaria non smette di essere un altro cerchio da aggiungere ad altri discorsi: la globalizzazione, l’ecologia, la posizione in Europa, la società dei media, la situazione socioeconomica…e il femminismo. La ridefinizione sociale dei generi mettono al centro la donna, visto che lei, nel muovere le cornici che configuravano la donna convenzionale, si converte in un elemento più attivo che obbliga a spostare la concezione del maschile. Da qui il fascino delle donne protagoniste, incluso per gli autori maschili. Manuel Portas in Faneca brava (Xerais) incentra la narrazione intorno a Concha, una donna audace che ha dovuto lottare, fin da piccola, contro i pregiudizi e gli abusi sia nella città dove abitava, sia nella sua famiglia. D’altro canto Ignacio Vidal Portabales in Dióxenes en Dolorida, premio Blanco Amor, con il pretesto di seguire i passi di un gruppo di uomini che hanno fallito nelle loro relazioni di coppia e hanno quindi deciso di vivere ai margini dei canoni sociali, rivede ironicamente alcuni dei luoghi comuni più castranti dell'”essere uomo”, nella scia di altri autori che affrontano la mascolinità come costrutto che conviene ridefinire ex novo.
Questa panoramica della narrativa galega del 2013 pretende dar conto delle linee di forza che stanno condizionando buona parte dei testi. Ma non vorrei tralasciare altri fattori importanti. Quest’anno si continua a consolidare lo spazio del web come spazio letterario della critica più che dei testi di finzione, visto che gli autori si mostrano ancora un po’ reticenti a cambiare il sistema di edizione e di distribuzione. Questo dà luogo al dibattito intorno al ruolo che deve giocare Internet e il tipo di ricezione che crea. D’altro canto si affermano nuovi generi, come il saggio, grazie alle nuove case editrici specializzate come 2.0 Editora, Eiseino? o Axóuxere e la letteratura fantasy e horror a cui ci si dedicano le case editrici come Urco. Si stabilizza anche la presenza delle traduzioni, non tanto nelle collane delle case editrici classiche, ma in quelle come Rinoceronte che ormai ha alcuni anni, o Hugin e Munin.
Fin qui uno schizzo di una letteratura che, al di là delle apparenze dovute alla sua condizione minorizzata, per le tematiche testuali a cui ci si riferisce, nel 2013 ha più analogie con le altre letterature europee che differenze. Se analizzassimo altri elementi che compongono il cosiddetto “sistema letterario”, come la ricezione, la distribuzione e la pubblicità, le conclusioni sarebbero altre. Ma questo tema, assai interessante, richiederebbe molte più pagine rispetto alla valutazione di cui ci siamo fin qui occupati.
(Traduzione di Maria Valeria Salinas Soria)
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L'autore
- Inma Otero Varela (Carral, 1976) è attualmente professoressa di Lingua e letteratura galega nelle scuole superiori. È stata lettrice di galego nell’Università “La Sapienza” di Roma dal 2003 al 2008. Collabora come critico letterario in “Grial” e “Novas do Eixo Atlántico*. Ha pubblicato studi sulla narrativa galega in svariati volumi e riviste scientifiche (“Critica del Testo”, “Anuario de Estudos Literarios Galegos”, “Boletín Galego de Literatura).
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