Jonathan Hernandez Perez è ricercatore associato presso il Library and Information Institute dell’Università Nazionale Autonoma del Messico ed è anche presidente del National College of Librarians of Mexico, membro del Free Access to Information and Freedom of Expression Committee (IFLA). È un membro attivo del seminario “Information and Society” dell’UNAM dove vengono approfonditi temi come disinformazione, censura, privacy e digital forgotten. Ha partecipato a numerose conferenze, seminari e workshop sostenendo l’Open Access, le biblioteche nell’ambito dell’Agenda 2030, la governance di Internet e affini. Le sue recenti pubblicazioni si concentrano sulla diversità delle informazioni su Internet, l’oblio digitale e la disinformazione di Internet dal punto di vista delle biblioteche.
Come prima domanda sarei curioso di conoscere lo stato attuale delle biblioteche in Messico. Biblioteche, biblioteche digitali e bibliotecario come professione. Ci puoi illustrare brevemente?
Certo, è un buon punto di partenza. Il Messico ha un numero significativo di biblioteche in tutto il paese, biblioteche pubbliche, universitarie, parlamentari e tutte svolgono un ruolo essenziale nel dare accesso alle informazioni. Voglio soprattutto sottolineare il ruolo che le biblioteche universitarie hanno avuto durante la pandemia. Molte di queste hanno ridisegnato le proprie biblioteche digitali per offrire servizi migliori e nuovi ai propri utenti. Hanno creato nuovi programmi e si sono trasferiti online con un pubblico più ampio creando vere e proprie comunità virtuali. Le biblioteche digitali sono ora in prima linea nell’affrontare le sfide della comunità durante la crisi pandemica.
A partire da un paio di anni fa, abbiamo assistito a una crescita di associazioni e gruppi di lettura organizzati da biblioteche e sono rimasto molto impressionato nel vedere questa crescita durante la quarantena. Molte biblioteche in Messico hanno creato questi gruppi utilizzando le piattaforme social e hanno ottenuto un grande successo. Anche Facebook, nel suo Trend Report 2021, ha affrontato la crescita significativa di questi gruppi di lettura.
Dal punto di vista della professione, le associazioni bibliotecarie sono state molto attive. Hanno lavorato tutte su linee guida ben definite per avere dei feedback migliori. Hanno spostato le loro conferenze annuali nello spazio virtuale la cui modalità, peraltro, ha raggiunto un numero maggiore di persone. È stata una grande esperienza.
Ti occupi anche di Biblioteche Digitali. Dopo l’esperienza del COVID 19 abbiamo (ri)scoperto, forse per esigenza, l’importanza degli strumenti e delle piattaforme digitali in ogni campo della vita e del mondo delle professioni. Che ruolo possono avere le biblioteche in questa nuova fase di “rivoluzione digitale”?
Attualmente viviamo in una società fatta di piattaforme on line e servizi digitali e la nefasta esperienza del COVID19 non ha fatto altro che potenziare questo nuovo ambiente. Usiamo piattaforme digitali e on-line per ogni aspetto della nostra vita, sia personale sia professionale. È ovvio che abbiamo a che fare con sfide inesplorate che la pandemia ha collocato nel mondo dei servizi digitali. Pertanto, credo che stiamo pienamente vivendo le conseguenze della rivoluzione digitale di cui parli.
Le biblioteche si evolvono continuamente e, anche se alcune di esse potrebbero non disporre dell’infrastruttura per realizzare il processo di digitalizzazione dei servizi, trovano nuovi modi per adattarsi a queste nuove forme e modalità. Sono contento di vedere che molte università stanno riscoprendo il valore delle loro biblioteche durante questa crisi.
Stiamo affrontando non solo una crisi sanitaria, ma anche informativa. Abbiamo enormi campagne di disinformazione e un sovraccarico di informazioni che possono confondere e disinformare le persone. Riunendo collezioni, servizi e spazi, le biblioteche potranno ricavarsi un ruolo cruciale in una ripresa resiliente. Inoltre, come professore di biblioteconomia, ho trovato molto interessante il fatto che molti studenti stiano facendo le loro dissertazioni sul miglioramento dell’esperienza utente nelle biblioteche digitali e sui nuovi servizi che li circondano.
Anche nel tuo caso, come me e tanti altri colleghi, sei un utente “consapevole” e assiduo dei social media. Cosa ne pensi circa il loro ruolo come strumento d’informazione per le biblioteche? Possono essere utili? E ancora, quali altre competenze servono ai bibliotecari per adattarsi ad essi?
Penso che questo momento sia quello più adatto come slancio per le biblioteche di essere maggiormente coinvolte nelle piattaforme dei social media. Le biblioteche si sono rese conto che hanno bisogno di trasformare il modo in cui interagiscono con la comunità partendo dalla semplice condivisione di annunci e sulla promozione dei servizi e degli eventi promossi dalla biblioteca per sviluppare ulteriori servizi basati sui social media. Molte biblioteche lo facevano già prima e pertanto, la pandemia non ha fatto altro che favorire questa situazione. Sono felice di vedere il mio personale profilo Facebook pieno di annunci di biblioteche che organizzano eventi, gruppi di lettura, conferenze, ecc.
Le competenze chiave del bibliotecario come la ricerca, la gestione delle collezioni, l’organizzazione, sono già utilizzate in un ambito digitale da alcuni anni. Direi che ci sono altre abilità complementari, come networking, web e social media e coding che andrebbero invece ulteriormente sviluppate e potenziate.
In uno dei tuoi ultimi convegni si parlava di Open Access e di come combattere la disinformazione. In un mondo colpito dalle “fake news”, cosa può fare una biblioteca per garantire l’accesso all’informazione “sana”?
Credo che questo sia un problema urgente data la situazione attuale. Quando arriva una crisi sanitaria come questa che stiamo vivendo, diventa più difficile negare che le informazioni veritiere siano una necessità. La nostra salute non dipende esclusivamente dall’assistenza sanitaria istituzionale ma anche dall’accesso a informazioni e dati affidabili e questo diventa anche un catalizzatore del nostro diritto alla salute.
È giusto ricordare che c’è stato un netto calo della fiducia del pubblico nei media tradizionali, nel governo e in altre entità credibili, lasciando le persone incerte su cosa o di chi fidarsi quando cercano informazioni veritiere. Quindi, questo porta nuove sfide e opportunità per le biblioteche, in particolare per i programmi di alfabetizzazione dei media e dell’informazione.
La disinformazione rappresenta una grave minaccia per la società. È un fenomeno complesso che richiede visioni multidimensionali e sforzi globali per capire come funziona e come combatterlo. Abbiamo bisogno di una maggiore cooperazione tra la biblioteca e le parti interessate (media) per affrontare questo problema complesso.
Sei un membro IFLA e mi ha colpito un articolo che hai postato su uno dei tuoi social che intitolava: “Media Literacy in response to disinformation”? Che ci puoi dire a riguardo?
La disinformazione è emersa come una minaccia critica per la vita pubblica e ci sono state alcune discussioni interessanti sul ruolo delle biblioteche nella lotta a questo fenomeno. Alcuni autori la definiscono una guerra dell’informazione di lunga data tra bibliotecari e il resto dei soggetti coinvolti nel mondo dell’informazione appunto; molti dati di report internazionali sottolineano il ruolo fondamentale che le biblioteche hanno fornito nel corso degli anni con i loro programmi di media-information e il processo di alfabetizzazione informatica. Altri sottolineano che le proposte delle biblioteche per combattere le fake-news dovrebbero essere sviluppate insieme a un programma di ricerca. Esistono inoltre diverse prospettive di disinformazione! Come ho detto prima, è necessario affrontare questo fenomeno da una prospettiva multidisciplinare, lavorando con gli educatori, docenti e le scuole promuovendo corsi di alfabetizzazione mediatica e informatica in ogni fase dell’istruzione.
L'autore
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Mario Coffa archivista e bibliotecario, laureato in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Perugia (2005) e diplomato in Archivistica e Paleografia presso la Scuola di Archivistica dell’Archivio Segreto Vaticano (2010). Dal 2010 Lavora per CAeB (Cooperativa Archivistica e Bibliotecaria) presso le biblioteche dell’Università di Perugia come bibliotecario e come archivista presso l'Archivio Storico del Comune di Gubbio. Si occupa di Biblioteche Digitali e formazione in ambito di biblioteconomia digitale. Nel 2014 membro del Comitato Esecutivo Regionale dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) sezione Umbria, membro del gruppo AIB sul portfolio professionale e nel triennio 2017-2020 Presidente eletto di AIB Umbria. Dal 2020 membro dell'Osservatorio Formazione dell'Associazione Italiana Biblioteche. Autore di diversi articoli e interviste per Insula Europea sul tema degli archivi, delle biblioteche e del digital lending.
Link:
https://mariocoffa.wixsite.com/e-portfolio
http://vegajournal.academia.edu/MarioCoffa
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One thought on “Social, Open Access e Media Literacy come risposta alla disinformazione. Mario Coffa intervista Jonathan Hernàndez”
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