Grieco Brothers, nella vostra variegata produzione l’antichità, greca e romana, occupa un posto di rilievo: penso a Odissea The Musical, il vostro primo lavoro, ma anche a Roma Caput Mundi The Eternal Musical e a Pompei Il Fuoco e L’Anima (in uscita nel 2022). Qual è il vostro rapporto con la cultura classica e che cosa questa può ancora dire – magari con la vostra musica – al mondo contemporaneo?
MARCO: Io non ho avuto un percorso scolastico di tipo classico. Sono fondamentalmente un informatico che ha cominciato a comporre musica quando aveva soltanto dieci anni. A causa della consapevolezza di questa lacuna, ho quindi nutrito il mio interesse per la cultura classica attraverso ogni occasione che mi si rendeva possibile. Ricordo che, quando avevo circa diciott’anni, suonavo in una band progressive dal nome Golden Duke e che i primi brani che scrivemmo li facemmo tradurre in latino per sperimentare la musicalità di questa lingua con la musica che componevamo. Gli stessi gruppi musicali che ascoltavamo da ragazzini, uno per tutti i Genesis, scrivevano canzoni con testi che spesso si rifacevano a temi classici ed epici, galvanizzando la mia fantasia di fanciullo in piena esplosione creativa. Nell’andare avanti con gli anni, quindi, ho sempre più frequentemente alimentato la mia ispirazione rifacendomi a narrazioni classiche. Fino poi ad arrivare alla composizione di Odissea the Musical, per prepararmi alla quale rilessi tre volte l’Odissea nella traduzione del Pindemonte e riempii pile di fogli di note, memo, impressioni e idee. Poi la musica cominciò a fluire come un fiume in piena, seguita dai testi scritti a quattro mani con Massimo e… 14 mesi dopo Odissea the Musical era una realtà. Alla prima, nel 2008, all’interno del Parco Archeologico di Paestum, più di 3000 spettatori furono rapiti per più di due ore e mezza dai contenuti di questo stupefacente classico portato in scena in questa nuova forma. Tutti i messaggi “nascosti” nell’opera classica erano colti dagli spettatori come assolutamente attuali. Ecco: direi che la cultura classica parla alle nostre emozioni e quindi, come la musica, risulta universale e senza tempo. Anni dopo, Odissea the Musical ha accolto anche centinaia di migliaia di studenti. Il risultato non è mai cambiato: assoluta attenzione, massimo coinvolgimento. Emozionato coinvolgimento. Eppure, non si esibiva sul palco un beniamino della loro generazione, ma un antieroe di diversi millenni addietro… Certo, la musica, la danza, il canto, le luci, gli effetti speciali contribuiscono al risultato e diventano essi stessi parte integrante della narrazione. In particolare, in Odissea the Musical decisi di affidare ad ogni personaggio principale una sua melodia, come fosse la propria impronta musicale. Questa poi si modificava, si addolciva o si inaspriva a seconda delle situazioni nelle quali il personaggio era immerso. Interagiva con le melodie degli altri personaggi e creava tensione, festa, disperazione, forza, curiosità, dolore, inganno… E questi meccanismi sono molto presenti, ad esempio, nella scrittura per l’opera, o per il cinema, risultando incredibilmente attuali e contemporanei.
MASSIMO: Voglio entrare, lievemente, in polemica con la domanda. Per quanto mi riguarda non esiste una “cultura classica” e/o altri tipi di cultura. Non esiste la divisione tra la cultura umanistica e scientifica. La cultura classica è in genere intesa come “antica”. Ma una cosa è un pensiero di 2000 anni fa, altro è considerarlo antico. Era moderno il pensiero di Democrito, la concezione educativa di Seneca. Vogliamo esprimere un giudizio su alcuni personaggi che al giorno d’oggi esprimono pensieri inauditi? La cultura “classica”, quella che pone al centro l’Uomo, è al centro dei nostri pensieri e ritengo che oggi più che mai sia l’unico faro capace di dirigere la nostra azione quotidiana.
In particolare, Odissea The Musical è basato sull’Odissea di Omero. In quali forme vi siete rapportati con un testo antico di 3000 anni e in che misura i versi omerici sono stati tenuti in considerazione per la stesura del vostro testo?
MASSIMO: Ad un libro – oserei dire sacro – quale l’Odissea ci si avvicina con un rispetto enorme. Personalmente con una soggezione tale da indurmi seguirlo fedelmente. Non pedissequamente, però. Abbiamo sottolineato quei tratti, e ce ne sono tanti, che rendono la “filosofia” dell’Odissea in anticipo sui tempi.
MARCO: È stato un nostro cruccio fin dal primo momento: costruire dei testi che avessero una struttura da canzone moderna ma potessero conservare la potenza e l’articolazione dell’originale classico. Per avvicinarci a questo scopo, abbiamo adottato una struttura a “catena di montaggio”, con fasi successive di selezione dei contenuti, rielaborazione degli stessi (operazione sapientemente condotta da Massimo) e messa in musica – quest’ultimo momento pure non esente da modifiche testuali. Una volta assemblato il tutto, la prova del nove è sempre stata un ascolto congiunto ed attento, per porre al vaglio ogni singolo elemento.
Il mito di Odisseo non si esaurisce certo nei poemi omerici e ogni epoca ha letto la figura del re di Itaca in consonanza ai propri orizzonti culturali, ha cioè prodotto un suo Ulisse. Com’è il vostro Odisseo, il protagonista di Odissea The Musical?
MASSIMO: Avendo guardato ad altri “Odisseo” mi son persuaso che qualunque lettura personale del personaggio è giocoforza parziale. Non c’è, nell’Odissea, un dettaglio che prevale su altri. Tutte le letture del personaggio avvengono attraverso l’ottica del tempo, delle condizioni particolari create dall’uomo. L’Odissea è il parto dell’uomo moderno, è qui che se ne specificano le caratteristiche genotipiche e fenotipiche, in maniera completa e complessa. Il “nostro” Odisseo tenta, in tal senso, di recuperare questo tipo di caratteristiche dell’Odisseo omerico.
La forma del musical sembra particolarmente adatta a raccontare l’Odissea che, al pari di altre forme poetiche della letteratura greca, era visceralmente legata alla musica nella sua dimensione esecutiva. Quali sono state – da un punto di vista musicale – le fonti d’ispirazione per la stesura delle partiture?
MARCO: Quest’anno, emergenza virus permettendo, sarà il ventottesimo anno che compio il mio solito viaggio annuale nell’arcipelago delle isole Ionie, cullato dagli odori, dai sapori e dalle note che stazionano tra Itaca e Cefalonia, ammaliando i naviganti. C’è molto della cultura musicale ellenica, in Odissea the Musical. A partire dall’uso di strumenti come il bouzouki fino alla scelta compositiva di adottare ritmiche particolari, come il 9/8 che agli “occidentali” – abituati al 4/4 – risultano spesso difficili da seguire all’inizio, per poi diventare assolutamente ipnotiche. Mi sono lasciato ispirare dalle feste greche dove si balla tutti insieme e si beve buon vino. Non a caso, il tema del brano di Telemaco alla corte di Menelao ricalca la melodia di una antica ballata cefalonita. Non ho fatto altro che lasciarmi permeare da tutto questo, ogni volta che sono stato lì, in quei luoghi. E ho cercato di trasferirlo, intatto, nella mia musica – salvo qualche incursione tra i generi più disparati, come il rap in cui i Proci tramano alle spalle di Telemaco, o il rock trascinante dell’incontro tra Ulisse e le sirene.
In Odissea The Musical e negli altri vostri lavori si fa un ampio uso – direi sperimentale – della multimedialità, che rende il pubblico partecipe di uno spettacolo coinvolgente ed evocativo. Qual è l’apporto della tecnologia nei vostri spettacoli?
MARCO: La tecnologia, per risultare davvero efficace, non deve mostrarsi in quanto tale. Siamo sempre stati contrari, nei nostri spettacoli, a elementi in scena come laser, fari motorizzati etc., mentre siamo stati tra i primissimi ad utilizzare scenografie completamente virtuali, proiettate, realizzate frame dopo frame da me medesimo grazie alla mia formazione informatica. Questo ci ha permesso di volare con la fantasia senza pressoché limiti: riducendo le scenografie fisiche a pochissimi elementi, ogni cambio scena pensato durante la scrittura era di fatto possibile senza dover chiudere un sipario. Ma ci siamo spinti anche oltre, creando una interazione stretta tra le scenografie e i cantanti/attori, i ballerini… Ad esempio, il Polifemo alto sei metri che interagisce alla perfezione con Ulisse e i suoi compagni.
Di Odissea The Musical è stata realizzata anche una versione per non vedenti, ribattezzata Blind Odyssey. Quali principi avete seguito e quali difficoltà avete incontrato nel progetto “Blind Theatre”?
MARCO: Quando riscrivemmo il copione della versione Blind di Odissea the Musical avevamo una grande sfida davanti a noi: fare in modo che non poter contare sul senso della vista, in un’esperienza emotiva totalmente immersiva, divenisse addirittura un vantaggio. Così, ricordo che mi chiusi al buio ad ascoltare la mia musica, lasciando libera l’immaginazione di andare dove volesse. Mi resi conto che dopo un po’ iniziavo a “vedere” gli scenari che avevo tante volte immaginato: iniziai a buttar giù le idee guida di questa nostra folle sperimentazione. Fu in questo modo che inventammo la figura del “performer sensoriale”, corrispettivo di quello che è un ballerino in uno spettacolo per vedenti. Decidemmo di adottare “scenografie olfattive”, basate sulle fragranze tipiche dei luoghi nei quali si svolgevano le scene (sì, per la scena di Circe con i maiali è esattamente quello che immaginate). Pensammo di utilizzare ventilatori per produrre il vento, con acqua di mare che piovesse sugli spettatori per riprodurre il mare in tempesta; distribuire vino miscelato con miele durante le feste; far sentire i corpi degli attori che si muovevano tra il pubblico non vedente, opportunamente bendato.
Nel segno di questa attenzione per il potere evocativo che interessa tutti i vostri spettacoli, Odissea The Musical è stato messo in scena in tanti teatri ma anche in suggestivi siti archeologici della Magna Grecia. Nel secondo caso possiamo dire che il musical si trova nel suo contesto ideale?
MASSIMO: Beh, sarebbe come chiedersi quanto una foresta faccia bene ad una sua creatura! I templi greci, o anche semplici pietre evocative di un remoto passato, aggiungono echi e reminiscenze che danno una dimensione di estremo realismo allo spettatore, pur rimanendo nel campo della suggestione e dell’immaginazione più pura.
Odissea The Musical ha debuttato in internet, su Second Life, ed è stato così apprezzato anche fuori dall’Italia. Mi viene in mente l’indimenticabile serie televisiva Odissea. Le avventure di Ulisse, prodotta dalla RAI del 1968: il vostro musical potrebbe prestarsi ad un adattamento televisivo?
MARCO: Da molto tempo pensiamo – e ne siamo sicuri – che il nostro lavoro potrebbe essere davvero un modo assolutamente nuovo e coinvolgente per riportare l’Odissea nuovamente sullo schermo. Sono convinto che avrebbe un grande seguito e renderebbe il contatto con questa meravigliosa opera classica più immediato e coinvolgente per tutte le generazioni.
Dall’Odissea alla Divina Commedia, che a sua volta – nel canto ventiseiesimo dell’Inferno – racconta il proprio Ulisse. Il vostro nuovo musical, Inferno, è in uscita a teatro in questo momento, a pochi mesi dall’anno dantesco 2021. Che Inferno dobbiamo aspettarci?
MARCO: La scrittura di Inferno è stata fortemente caldeggiata dalla dott.ssa Daphne Grieco, mia figlia, che ha acceso una miccia che per la verità attendeva da un po’ di anni di incendiarsi. Inoltre, l’esperienza fatta in questi anni con un altro nostro lavoro, Cave of Spirits, messo in scena all’interno delle grotte di Pertosa-Auletta (SA), ci aveva convinti che queste fossero assolutamente perfette per immaginare uno spettacolo che ripercorresse l’Inferno dantesco, proprio a causa della peculiare conformazione del luogo (vi si accede infatti attraverso un fiume sotterraneo navigabile). All’interno di queste grotte, già per il precedente allestimento, sono installati sistemi avanzatissimi per proiettare, direttamente sulle concrezioni, scenografie virtuali in grado di fornire ad uno spettacolo come Inferno tutto il supporto scenografico e onirico necessario. Da qui la decisione di seguire l’idea di Daphne e costruire uno spettacolo rigoroso, con musiche potenti e coinvolgenti, sforzandoci di mettere in musica le terzine originali del Sommo Poeta. Infatti, lo spettacolo si compone per il 70% di canzoni il cui testo è esattamente quello della Divina Commedia, con il restante 30% supportato da liriche originali che con Massimo abbiamo aggiunto. Il pubblico, dopo essere stato accolto dal primo brano nella selva da Dante e poi da Virgilio, li accompagna sulla barca di Caronte e, addentrandosi poi a piedi nelle profondità della terra (in senso non solo metaforico!), incontra Paolo e Francesca, Ciacco, Farinata, Cavalcanti, Pier delle Vigne, Brunetto, Ulisse, il Conte Ugolino, Lucifero e… Beh, il resto li vedrete dal vivo. È un inferno dove la musica spesso porge una chiave per l’interpretazione dei versi strani, ed è necessario lasciarsi andare completamente per giungere finalmente a riveder le stelle – magari un po’ più consapevoli degli umani fardelli di quanto non si fosse all’inizio.
MASSIMO: Nietzsche diceva che se si guarda per un tempo sufficiente nell’abisso, l’abisso guarderà dentro te. L’inferno è, per me, la migliore rappresentazione dei fantasmi che albergano dentro di noi. È il nostro abisso. Ed in questo senso, esaminare l’inferno è un viaggio di andata e ritorno dentro di sé. Se si è abbastanza equilibrati ed onesti, si accettano i propri abissi e si gestiscono. Solo così possiamo, ogni mattina, riaprire gli occhi, riuscire a riveder le stelle, considerato i giorni che stiamo attualmente vivendo (https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10215010181501633&id=1042517575).
L'autore
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Lorenzo Calafiore (1994). Laureato in Lettere Classiche, sta svolgendo il Dottorato di Ricerca presso l’Università di Perugia. Si occupa prevalentemente di Letteratura greca e del dio Dioniso, ma si interessa anche di arte. Appassionato di tennis e politica.
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